Un continuo confronto con la Spagna ricompare anche in Quaderno giallo (foto 6 e 7), una prosa argomentativa databile agli anni 1945-46, di cui si possiedono la copia manoscritta e quella dattiloscritta.
In questo brano, Bodini riporta alcune considerazioni generali sul tema della «propagazione della specie», e compare ancora, peraltro, la figura del Don Giovanni. Ma andiamo con ordine.
Il testo si apre con una domanda retorica; si chiede Bodini: «che cosa può volere la natura da noi, di diverso, da ciò che vuole da un insetto o da una pianta?». Niente di diverso: anche l’uomo è naturalmente programmato, come «le rose e il basilico», a obbedire alle leggi della prosecuzione di una specie. Ma la Natura non è solo ‘maligna’: è anche furba, perché ha dotato l’uomo del senso estetico, provocandogli la mera illusione di essere libero.
Ecco perché Bodini include tra i momenti focali della storia dell’umanità, accanto alla scoperta del fuoco e della ruota, la scoperta della sterilità: perché significava che uomo e donna «potevano amarsi senza avere figli». E come dalla scoperta del fuoco era scaturito il mito di Prometeo, così da quello della sterilità, molti secoli dopo e per mano di un monaco –Tirso de Molina («circostanza che non pare casuale», aggiunge Bodini)– era nato il «dongiovannismo». Una scoperta che aveva rappresentato «la Rivolta dell’uomo contro la funzionalità» a cui era stato condannato dalla Natura, e dunque una vittoria del libero arbitrio contro le leggi naturali di conservazione del genere umano.
(Foto 6)
(Foto 7)
Foto 6 e 7: ms. della prosa Quaderno giallo .
Il drammaturgo spagnolo del siglo de oro aveva creato nel suo El burlador de Sevilla l’archetipo del moderno mito del Don Giovanni, destinato a diffondersi a macchia d’olio in tutta Europa. Nato in quest’opera con un preciso debito morale da assolvere –col pentimento o col castigo–, fino a colorarsi di tinte da sacra rappresentazione, ciò che in realtà caratterizza più intimamente il Don Juan di Tirso de Molina è la sua duplice natura di libertino e di cavaliere. Da questa complessità, puntualmente rimarcata da Bodini, emerge un personaggio sfumato e irriducibile a schemi precostituiti, peraltro insolito nel teatro barocco, del quale il dramma conserva comunque la maggior parte dei requisiti esteriori.
La seconda sezione della prosa Quaderno giallo consiste in un excursus sull’evoluzione di questo mito in diacronia e diatopia. Vengono analizzate le sue espressioni nel campo della letteratura, della musica e della psicologia.
Il Don Giovanni seicentesco di Tirso de Molina è una figura carica di dinamismo, di gioia vitale –anche un po’ infantile– oltre che un seduttore impenitente e ingannatore, un burlador disposto a tutto pur di conquistare una donna, financo prometterle di sposarla. Ma questo Don Giovanni è destinato alla dannazione eterna, perché –lussurioso, vizioso, immorale– ha osato sfidare la Provvidenza divina. Per Bodini, quello spagnolo è un Don Giovanni che scala le alcove «bestemmiando», come Capaneo, l’eroe greco troppo superbo che aveva scalato le mura di Tebe, osando sfidare Zeus.
Bodini si concentra poi su un’ulteriore declinazione del mito, quella del Don Giovanni ottocentesco di Mozart-Da Ponte. Diversamente dal suo corrispettivo spagnolo, questo Don Giovanni verrà addirittura celebrato. Innanzitutto, poiché agisce in una società «frivola», non viene punito dalla Provvidenza laddove la società fallisce; di più: è elevato a strumento divino per punire l’infedeltà delle donne, tanto che si assiste a una sorta di celebrazione del libertinismo.
Infine, Bodini passa in rassegna un’ultima tesi, quella novecentesca di Gregorio Marañon, endocrinologo e letterato spagnolo, il quale, innestando le proprie conoscenze mediche su quelle letterarie, individua nel Don Giovanni i caratteri dell’androginismo. Ebbene, in questa singolare interpretazione di Marañon, bisognava riconoscere, secondo Bodini, una verità: anche la compresenza, in un solo individuo, di caratteri maschili e femminili rappresentava una «vittoria sulla distruzione di maschio e di femmina».
Queste le parole Bodini:
«La scoperta della sterilità è il primo segno di rivolta, anzi della Rivolta dell’uomo contro la funzionalità per cui lo aveva concepito la natura. Da questo punto ha inizio la lotta dell’arbitrio contro la necessità.
II furto, l’assassinio, lo stupro, la gravidanza sono fatti naturali. Non lo sono il dongiovannismo e lo stato monacale, il gioco degli scacchi e la poesia.»
È evidente che ci troviamo di fronte a note di lettura, ad appunti frammentari; ma attraverso di essi si può cogliere in presa diretta l’innesto di alcuni capisaldi del futuro paradigma letterario di Bodini. In un’ottica intertestuale, dunque, può essere utile evidenziare i rimandi tra la prosa Quaderno giallo e Ritratto di Don Giovanni , risalente al 1951, prima menzionato. Qui l’autore presenta la sua interpretazione della figura del Don Giovanni. L’eroe della tradizione spagnola, secondo Bodini, si era voluto opporre a un inevitabile destino di transitorietà, a una Natura maligna, affermando il proprio istinto vitale attraverso la seduzione, oltre che per mezzo dei «duelli» e delle «beffe». In Don Giovanni, Bodini rintraccia e segnala una caratteristica, comune a tutto il popolo spagnolo: quella di essere avverso ai compromessi, appassionato del gioco e della sfida, orgoglioso e fiero.
L’esame di queste prose attesta che la vocazione ispanofila di Vittorio Bodini ha origini «ancestrali» e che emerge con vigore già nella metà degli anni Quaranta, prima del fatidico viaggio a Madrid. Il periodo romano registra dunque non solo il distacco dalle esperienze precedenti –dalle incursioni giovanili nel futurismo alle collaborazioni leccesi con Vedetta mediterranea –, ma segna l’imprescindibile punto di partenza per il futuro. Ci si potrebbe addirittura chiedere se, senza il filtro romano, sarebbe stato possibile il parallelismo tra Lecce e la Spagna, dato che le radici della fondamentale esperienza spagnola sembrano affondare proprio nello stesso humus degli inediti scritti durante gli anni romani.
Alla pagina del 28 marzo 1945, per esempio, si legge una vera e propria dichiarazione di poetica.
Foto 8: pagina del Diario romano datata 28 marzo [1945].
Il tema trattato è il Sud. E come sappiamo, per Bodini, non si tratta mai di un Sud geografico, bensì di una condizione esistenziale; è un modo di essere che abbraccia le manifestazioni esteriori e i sentimenti più intimi e radicati, insieme a tutte le loro contraddizioni. Bodini tenterà per tutta la vita di risolvere l’eterno dissidio amore-odio che lo legava alla propria terra. Questa ricerca darà i suoi frutti solo dopo il contatto con lo spirito più vero e misterioso della Spagna, una realtà sconcertante ben rappresentata solo dai maestri dell’arte iberica come Goya (si pensi a quello che Bodini ha scritto nel reportage Capo d’anno a Puerta del Sol , composto nel ‘46); 3 e il conflitto sarà davvero appianato dopo la scoperta di un sentire tragico e comune tra il popolo spagnolo e quello salentino.
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