Stanislaw Lem - Cyberiade
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- Название:Cyberiade
- Автор:
- Издательство:Marcos y Marcos
- Жанр:
- Год:2003
- Город:Milano
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Klapaucius, addolorato dallo spiacevole esito del colloquio, si sedette al tavolo di pietra, raccolse il «Testamento» e cominciò a sfogliarlo, anche se presto gli vennero le traveggole per la grande quantità di epiteti rivolti al futuro. Alla seconda pagina era già coperto di sudore, perché l’ormai defunto Cloriano Teoretico dava prova di una capacità di invettiva davvero cosmica. Per tre giorni continuò a leggere, con gli occhi inchiodati al manoscritto, e infine provò soltanto un profondo senso di dubbio; doveva rivelarlo al mondo oppure distruggerlo? E per quanto ne posso sapere io, è ancora seduto laggiù, incapace di decidere…
«Mi pare di scorgere qualche allusione» commentò Re Genius, quando la macchina ebbe terminato e si fu ritirata «alla questione della ricompensa monetaria, che ormai sarebbe ora di affrontare, perché, dopo una notte bravamente trascorsa in racconti, fuori dalla nostra caverna albeggia ormai il nuovo giorno. Allora, mio buon costruttore, come devo remunerarti?»
«Vostra Maestà» rispose Trurl «mi mette un po’ in imbarazzo. Qualunque richiesta io faccia, finirei prima o poi per pentirmene, nel caso venisse soddisfatta, perché penserei che avrei potuto chiedere di più. D’altra parte non vorrei offendere Vostra Maestà chiedendo una cifra esorbitante. Perciò lascio alla generosità di Vostra Maestà la determinazione dell’onorario…»
«Così sia, allora» rispose il Re affabilmente. «Le storie erano eccellenti, le macchine certamente perfette, e perciò non vedo altra possibilità che quella di premiarti con il tesoro più grande di tutti: un tesoro che, ne sono certo, non scambieresti con nessun altro.
«Ti lascio la salute e la vita… e questo, secondo me, è il solo dono adatto. Qualsiasi altro sarebbe un insulto, perché non c’è nessuna somma di denaro che possa comprare Trurl o la Saggezza. Va’ dunque in pace, amico mio, e continua a nascondere le tue verità, troppo amare per questo mondo, sotto forma di favole e di racconti fantastici».
«Vostra Maestà…» disse Trurl, allarmato «all’inizio intendevate, forse togliermi la vita? Era quello il pagamento che volevate darmi?»
«Interpreta le mie parole come preferisci» rispose il Re «ma ecco come la vedo io: se tu mi avessi semplicemente fatto divertire, la mia munificenza non avrebbe conosciuto limiti. Ma tu hai fatto molto di più, e non c’è ricchezza, nell’universo, che possa eguagliarlo. Così, nell’offrirti la possibilità di continuare la tua illustre carriera, non posso darti premio od onore più alto…»
L’ALTRUIZINA
OVVERO
COME BONHOMMIUS, L’EREMITA ERMETICO, CERCO’ DI IMPORRE LA FELICITA’ UNIVERSALE E LE CONSEGUENZE DEL SUO ATTO
Un bel giorno d’estate, mentre Trurl il costruttore era intento a potare le cyber-rose nel cortile dietro casa, vide arrivare lungo la strada un robot mendicante tutto liso e sbrindellato, spettacolo quanto mai triste e doloroso. I suoi arti erano tenuti insieme da pezzi di vecchio tubo da stufa legati con il fil di ferro, la sua testa era una pentola così piena di buchi che si potevano sentir ronzare e sfrigolare i pensieri, all’interno, fra uno sprazzo di scintille e l’altro, il collo era un pezzo di rotaia arrugginita e nella sua pancia aperta si scorgevano tubi a vuoto che fumavano e ballavano così malamente che egli stesso doveva fermarli con la mano libera… l’altra gli serviva per tenere fisse le viti che minacciavano di svitarsi.
Proprio mentre arrancava davanti alla casa di Trurl, gli saltarono quattro fusibili in un colpo solo e cominciò, in mezzo a una nube puzzolente di fumo di isolanti bruciati, a cadere letteralmente a pezzi, sotto gli occhi del costruttore.
Trurl, mosso a compassione, afferrò un cacciavite e un rotolo di nastro isolante e offrì quel po’ di pronto soccorso che poteva al povero viandante, il quale continuava a cadere a terra, con un grande sferragliare di ingranaggi, dovuto a una totale perdita di sincronizzazione.
Alla fine, Trurl riuscì a fargli riprendere i sensi, nei limiti del possibile, poi lo fece entrare in casa, lo fece sedere in una comoda poltrona e gli passò un caricabatterie perché potesse riprendere un po’ di forza elettromotrice, e mentre il poveretto si affrettava a ricaricarsi, gli chiese, incapace di frenare oltre la curiosità, come fosse caduto in una condizione così disgraziata.
O generoso e nobile signore» rispose il robot forestiero, le cui lastre tremavano ancora «mi chiamo Bonhommius e sono, o dovrei dire ero, un eremita ermetico, perché sono vissuto per sessantasette anni in una caverna, dove passavo il tempo in pie meditazioni, finché una mattina capii che passare la vita in solitudine era sbagliato, perché tutti i miei profondi pensieri e i miei sforzi spirituali non avevano mai impedito a un chiodo di cadere ed è stato scritto che il nostro primo dovere è quello di aiutare il nostro vicino e non di pensare solo alla nostra salvezza, imperocché chi pensa solo…»
«Certo, certo» si affrettò a interromperlo Trurl «mi pare di avere capito il tuo stato d’animo, quel giorno. Che cosa è successo, poi?»
«Allora mi recai a Photura, dove per caso incontrai un famoso costruttore, un certo Klapaucius».
«Klapaucius?» esclamò Trurl, sorpreso.
«C’è qualcosa che non va, gentile signore?» chiese l’ex eremita.
«No, no… niente. Continua, ti prego!»
«A tutta prima, confesso di non averlo riconosciuto: era davvero un gran signore e aveva un carro automatico che non solo lo portava in giro, ma faceva anche conversazione con lui, un po’ come io converso con te.
«Ora, quel carro mi insultò con un epiteto irripetibile, perché camminavo in mezzo alla strada, non essendo abituato al traffico cittadino, e, per la sorpresa, gli ruppi con il mio bastone una delle lampade anteriori; questo portò il carro a una tale collera che il suo occupante fece fatica a tenere le redini, ma alla fine riuscì a calmarlo e mi invitò a salire a cassetta con lui.
«lo gli raccontai chi ero e perché avessi abbandonato la mia caverna e gli dissi che in realtà non sapevo che cosa fare; lui approvò la mia decisione e a sua volta si presentò, parlandomi diffusamente del suo lavoro e illustrandomi i suoi successi.
«Da ultimo mi raccontò la commovente storia del grande saggio, maestro di pensiero e filosofo, Cloriano Teoretico il Prof., alla cui triste fine ebbe il doloroso onore di assistere. Di tutto quello che mi raccontò sulle «Opere Complete» del Più Grande dei Robot, la parte che mi interessò di più fu quella sugli M.L.S.P. Tu, buon signore, ne hai forse sentito parlare?»
«Certo. Sono gli unici esseri dell’universo che abbiano raggiunto il Massimo Livello di Sviluppo Possibile».
«Sei davvero bene informato gentilissimo e nobilissimo signore. Ora, mentre sedevo a fianco del degno Klapaucius sul suo carro (che continuava a lanciare terribili insulti a chiunque fosse tanto imprudente da sbarrargli la strada) pensai improvvisamente che quegli esseri, sviluppatisi fino al massimo livello possibile, avrebbero certamente saputo consigliare uno come me, che sentiva il desiderio di aiutare i suoi simili.
«Così, rivolsi molte domande a Klapaucius su quegli esseri, gli chiesi se sapesse dove vivevano gli M.L.S.P., e come trovarli.
«Per tutta risposta mi rivolse un sorriso obliquo e scosse la testa. lo non osai rivolgergli altre domande sull’argomento, ma quando ci fermammo a una locanda (il carro era diventato rauco, nel frattempo, aveva perso completamente la voce; di conseguenza, Klapaucius era costretto a fare sosta fino all’indomani) e ci fummo seduti davanti a una brocca di elettrolito ben caldo e speziato che presto rimise di buon umore il mio compagno, guardando le termocoppie danzare alle note spiritate di una banda ad alta frequenza, Klapaucius mi accolse nelle sue confidenze e cominciò a raccontarmi… ma forse la mia storia ti ha stancato».
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