Stanislaw Lem - Cyberiade
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- Название:Cyberiade
- Автор:
- Издательство:Marcos y Marcos
- Жанр:
- Год:2003
- Город:Milano
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Un lampo, un’esplosione, fumo dappertutto! I cortigiani fissarono attoniti la scena, il Re sgranò gli occhi… non rimaneva traccia della cyberstrega: c’era solo un grosso buco nel pavimento, e da quel foro si vedeva un altro foro, un foro nel sogno stesso, da cui comparivano una gamba e un piede, elegantemente calzato, anche se la calza era rotta e il fermaglio d’argento annerito, come se fosse stato colpito da un potentissimo acido.
Il piede, naturalmente, apparteneva a Subtilio, Grande Taumaturgo e Apotecario di Re Zipperio. Così potente era il veleno che la vecchia strega aveva preparato con l’erbaluce, che non solo aveva dissolto lei e il pavimento, ma aveva anche forato il sogno ed era arrivato alla realtà, dove aveva colpito il piede di Subtilio, procurandogli una brutta scottatura.
Il Re, terrorizzato, cercò di svegliarsi, ma (fortunatamente per Subtilio) il Degenerale Tortoruso gli diede una mazzata in testa; a causa del colpo, quando riprese i sensi, Zipperio non riuscì a ricordare nulla di quel che era successo mentre indossava i panni di Debilitus. Comunque, ancora una volta, aveva mandato in fumo i piani del Cybernista uscendo in tempo dal sogno, salvato, questa volta, dalla propria natura sospettosa.
«Mi è successo qualcosa… ma non saprei dire che cosa» riferì il Re, quando fu di nuovo nel corridoio, davanti agli Armadi che Sognavano. «Ma che ti è preso, Subtilio, per saltellare su un piede e tenerti in mano l’altro?»
«Non è niente, Vostra Altezza… un vecchio roubatismo… si vede che cambia il tempo» balbettò l’astuto Taumaturgo, e passò subito a proporre al Re di assaggiare un altro sogno.
Zipperio ci pensò, lesse tutte le scritte delle cabine, e scelse «La prima notte della Principessa Ineffabella». E sognò di sedere accanto al fuoco e di leggere un antico volume, strano e bizzarro, in cui si narrava, con belle parole scritte in inchiostro rosso su foglia d’oro, della Principessa Ineffabella, che aveva regnato cinquecento anni prima, nella terra di Dentedileone. Nel libro si parlava della sua Foresta di Ghiaccioli, della sua Torre Elicoidale, dell’Uccello Parlante, del Tesoro dai Cento Occhi, ma soprattutto della sua bellezza e delle sue mirabili grazie…
Immediatamente, Zipperio si sentì prendere dal desiderio di rimirare tanta bellezza, e il desiderio che si accese in lui gli infiammò tutto il cuore: con gli occhi che brillavano come fari, corse fuori e frugò in ogni angolo del sogno, per rintracciare Ineffabella, ma non riuscì a trovarla da nessuna parte; anzi, nessuno aveva mai sentito parlare della Principessa, tranne qualcuno dei più vecchi robot.
Stanco delle lunghe peregrinazioni, Zipperio arrivò infine nel deserto reale, dove le dune erano laminate d’oro, e vi trovò un’umile capanna; avvicinandosi, scorse un individuo dall’aspetto del patriarca, che indossava una lunga tunica, bianca come la neve.
L’eremita si alzò e così disse: «Tu cerchi Ineffabella, povero tapino! Eppure, sai bene che non esiste più da cinquecento anni e che vana e inutile è la tua passione! La sola cosa che posso fare per te è mostrartela… ma non in carne e ossa, bensì in un fac-simile informatico eseguibile, un modello digitale e non fisico, stocastico e non plastico, ergodico e sicuramente erotico, che verrà ricostruito dalla Scatola Nera, da me inventata nel tempo libero».
«Oh, fammela vedere! Fammela vedere subito!» esclamò Zipperio, fremente di passione.
L’anacoreta gli rivolse un cenno d’assenso, esaminò il vecchio libro per trovare l’equazione della Principessa, mise i suoi dati e quelli dell’intero Medioevo su un nastro perforato, scrisse il programma, abbassò la leva, aprì il coperchio della Scatola Nera e disse: «Guarda!»
Il Re si accostò alla Scatola Nera e, dentro, vi scorse, certo, il Medioevo simulato alla perfezione, un po’ digitale, un po’ binario e un po’ non lineare, e al centro di tutto c’era la terra di Dentedileone, con la Foresta di Ghiaccioli, il palazzo della Torre Elicoidale, l’Uccello Parlante e pure il Tesoro dai Cento Occhi; e c’era anche la meravigliosa Ineffabella, che languidamente percorreva un cammino stocastico nel suo giardino simulato, e i cui circuiti timidamente arrossivano e si indoravano mentre raccoglieva viole simulate e cantava un’arietta simulata.
Zipperio, incontenibile, nella sua follia cercò di tuffarsi nella Scatola Nera per entrare a far parte del suo mondo computerizzato, ma il patriarca staccò subito la spina, bloccò il Re e disse: «Pazzo! Vorresti tentare l’impossibile? Nessuna creatura concreta può entrare in un sistema che è solo un flusso di elementi alfanumerici, di configurazioni discontinue di interi, e che è composto della materia astratta di cui sono fatti i numeri!»
«Ma io devo entrare!» ripeté Zipperio, fuori di sé, e cominciò a dare craniate contro la Scatola Nera, fino ad ammaccarla.
Il vecchio saggio disse: «Se questo è il tuo desiderio irrinunciabile, c’è un modo per collegarti alla Principessa Ineffabella, ma prima devi lasciare la tua forma presente, perché io prenderò le tue coordinate e ti trasformerò in un programma, atomo per atomo, e ti metterò, sotto forma di simulazione, in quel mondo medievalmente modellato, informazionale e rappresentazionale, e laggiù la tua simulazione rimarrà, e vivrà finché gli elettroni percorreranno questi fili saltando da catodo ad anodo. Ma tu, tu che ora mi stai di fronte, sarai annullato, perché la tua sola esistenza sia quella in forma di campi e di potenziali, statistica, euristica e digitale».
«Questo è abbastanza difficile da credere» disse Zipperio. «Come posso essere certo di essere proprio io, a venire simulato, e non qualcun altro?»
«Be’, possiamo fare un giro di prova» rispose il saggio. E prese le misure del Re, come se dovesse cucirgli un vestîro, ma con una precisione assai superiore, poiché di ogni atomo vennero accuratamente presi posizione e peso. Infine, inserì il programma nella Scatola Nera e disse: «Guarda!»
Il Re guardò nella Scatola e vide se stesso seduto accanto al fuoco e intento a leggere, su un vecchio libro, la storia della Principessa Ineffabella; poi l’immagine corse a cercarla, chiedendo qua e là, finché, nel cuore del deserto laminato d’oro, non s’imbatté in un’umile capanna e in un anacoreta dalla barba bianca come la neve, che lo salutò con le parole: «Tu cerchi Ineffabella, povero tapino!» E così via.
«Adesso sarai convinto» disse il patriarca, spegnendo il diorama. «Ora ti programmerò nel Medioevo, a fianco della dolce Ineffabella, in modo che tu possa sognare con lei un sogno illimitato, simulato, non lineare, binario…»
«Sì, sì, capisco» disse il Re. «Però, si tratta sempre della mia immagine, non di me stesso, perché io sono qui e non nella Scatola!»
«Ma tu non resterai qui per molto tempo» rispose il Saggio, con un sorriso gentile. «Io stesso mi occuperò della cosa…»
E tirò fuori, da sotto il letto, un martello. Un martello grosso e pesante, che poteva risultare utile in quel frangente. «Quando sarai tra le braccia della tua amata» assicurò il patriarca «farò in modo che non esistano due copie di te, una fuori e una dentro, nella Scatola… Mi servirò di un metodo forse un po’ primitivo, ma sicuro; perciò, se tu volessi piegare un poco la testa…»
«Prima, fammi dare un’altra occhiata alla tua Ineffabella» disse il Re. «Tanto per avere la certezza…»
Il saggio sollevò di nuovo il coperchio della Scatola Nera e gli mostrò Ineffabella. Il Re la guardò a lungo e infine disse: «La descrizione di quell’antico volume è molto esagerata. Non è niente male, naturalmente, ma non certo bella come dicono le cronache. Be’, arrivederci, mio buon anacoreta…»
E fece per andarsene.
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