Stanislaw Lem - Cyberiade
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- Название:Cyberiade
- Автор:
- Издательство:Marcos y Marcos
- Жанр:
- Год:2003
- Город:Milano
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Se era storto, quel sorriso, era perché Subtilio nascondeva a stento il suo disappunto: il sogno con Alacrito e Ramolda era in realtà una trappola per Re Zipperio, perché, se avesse seguito il suggerimento della vecchia cyberstrega, Micranio, che fingeva soltanto di essersi indebolito, l’avrebbe infilzato davanti al ponte levatoio. Il Re aveva evitato quella sorte unicamente grazie alla sua incommensurabile vigliaccheria.
«Vostra Maestà ha apprezzato le grazie della bella Ramolda?» chiese l’astuto Cybernista.
«Non era abbastanza bella» rispose Zipperio «e ho preferito non approfondire la questione. Inoltre, ci sono state delle complicazioni, e anche un duello. Preferisco che non ci siano duelli nei miei sogni, capito?»
«Come desidera Vostra Altezza Reale» rispose Subtilio. «Vostra Maestà scelga liberamente, perché in questi armadi dei sogni ci sono soltanto delizie, non lotte…»
«Vedremo» disse il Re e si collegò al «Sogno del materasso e della Principessa Rimbalzina», per trovarsi immediatamente in una stanza d’insuperabile leggiadria, tutta in broccato dorato. Da grandi finestre di cristallo filtrava una luce chiara come l’acqua della fonte più pura, e alla toeletta color perla si appoggiava la Principessa, che, sbadigliando, si preparava ad andare a dormire.
Zipperio, stupito da quella inattesa visione, cercò di schiarirsi la gola per informarla della sua presenza, ma non ne uscì alcun suono — che l’avessero imbavagliato? — così cercò di toccarsi la bocca, ma non riuscì a farlo, cercò di muovere le gambe, non riuscì a fare neanche quello, e allora si guardò attorno, disperatamente, alla ricerca di un posto dove sedere, perché si sentiva mancare, ma non riuscì neanche a guardare.
Intanto, la Principessa si stirò e sbadigliò una volta, e poi due, e poi tre; alla fine, vinta dal sonno, si lasciò cadere sul materasso, ma così pesantemente che Re Zipperio sentì una forte scossa dalla testa ai piedi, perché era lui il materasso su cui la Principessa si era gettata a corpo morto!
Poi, evidentemente, la giovane dama dovette fare qualche brutto sogno, perché continuò a girarsi e a rigirarsi nel sonno, pungolando il Re con i piccoli gomiti, colpendolo con i sottili talloni, e presto la regale persona di Zipperio (trasformata in materasso a opera di quel sogno) venne presa da una rabbia colossale. Il Re lottò con il sogno che non voleva lasciarlo libero, si gonfiò e oppose resistenza, finché le cuciture non scoppiarono, le molle non scattarono, il pagliericcio non si sfondò e la Principessa non finì a terra con un grido.
Quel grido, comunque, ebbe la forza di svegliarlo, e Zipperio si trovò ancora una volta nel corridoio, accanto a Subtilio il Cybernista che gli rivolgeva, ossequiosamente, un inchino.
«Imbecille pasticcione!» gridò il Re, indignatissimo. «Come hai osato? Come, vigliacco, io dovrei fare da materasso, e il materasso di un’altra persona, oltre tutto? Villano, ricorda chi sono io!»
Subtilio, allarmato dalla furia del Re, gli rivolse le sue scuse più umili e lo supplicò di provare un altro sogno, e tanto implorò che Zipperio, quando si fu calmato, prese di nuovo la catena e la inserì nella presa dell’«Abbraccio di Paulina Ottomani».
Si trovò in mezzo a una folla di spettatori, in un’enorme piazza, e davanti a lui passò una grande processione di danzatrici avvolte in sete e mussoline, di elefanti meccanici, di portantine in ebano riccamente scolpite; la portantina centrale pareva un altare, tanto era ricca di decorazioni d’oro, e in essa, celata dietro otto veli, c’era una figura femminile di meravigliosa beltà, un angelo dal viso abbagliante e dallo sguardo galattico, con orecchini ad alta frequenza; il Re, tutto tremante per l’emozione, stava già per chiedere chi fosse quella visione celestiale, quando la moltitudine mormorò con soggezione: «E’ Paulina! Paulina!»
Infatti, quel giorno si festeggiava con grande pompa e concorso di folla il fidanzamento tra la figlia del sovrano e un cavaliere straniero chiamato Oniromante.
Zipperio era un po’ sorpreso di non essere il cavaliere Oniromante, e quando la processione scomparve dietro le porte del palazzo, si recò con altri della folla in una locanda poco lontana; laggiù vide Oniromante, che, con indosso soltanto un paio di calzoni di broccato decorati di pietre preziose, e con una bottiglia di fosgene rinforzato ancora in mano, si avvicinò a lui, gli mise il braccio sulle spalle e gli sussurrò, con un fiato che vicino a una fiamma avrebbe immediatamente preso fuoco: «Ascolta, ho un appuntamento con la Principessa Paulina, a mezzanotte, dietro il cespuglio di filo spinato, accanto alla fontana di mercurio, ma non posso presentarmi in queste condizioni… ho bevuto troppo, come vedi… ma tu, gentile forestiero, sei proprio la mia immagine sputata, e perciò ti prego di andare all’appuntamento al posto mio, di baciare la mano alla Principessa e di dire che sei Oniromante e che sarai il suo fidanzato per sempre e ancora per un giorno di più!»
«Perché no?» rispose Zipperio, dopo averci pensato per qualche istante. «Sì, penso di poterlo fare, ma quando?»
«Subito, non c’è un minuto da perdere, è quasi mezzanotte. Ricorda, però, che il Re non ne sa niente: lo sanno solo la Principessa e il vecchio guardiano della porta; quando ti sbarrerà la strada, dovrai mettergli in mano questa borsa piena di monete d’oro, e lui ti farà passare!»
Il Re annuì; prese la borsa piena di monete d’oro che Oniromante gli porgeva e corse al castello, perché gli orologi, come tanti gufi di ghisa, cominciavano già a battere l’ora. Attraversò di corsa il ponte levatoio, diede un’occhiata al fossato, rabbrividì, abbassò la testa e passò sotto le punte della saracinesca, poi attraversò il cortile per arrivare al cespuglio di fil di ferro e alla fontana che spruzzava mercurio… e laggiù, alla pallida luce della luna, scorse la divina figura della Principessa Paulina, bella al di là di qualsiasi sogno, e così affascinante da farlo fremere di desiderio.
Intanto, osservando le smorfie e i movimenti del monarca addormentato, nel corridoio del palazzo, Subtilio si sfregava le mani soddisfatto, questa volta era certo di riuscire a eliminare il Re, perché sapeva che quando Paulina avesse stretto lo sventurato nel suo abbraccio a otto mani e lo avesse trascinato sempre più profondamente nel sogno stringendolo con i suoi teneri tentacoli d’amore, Zipperio non sarebbe più riuscito a ritornare alla realtà!
E in effetti Zipperio, ansioso di farsi avvolgere dall’abbraccio della Principessa, correva lungo il muretto, nell’ombra, diretto verso l’immagine di argentea bellezza… quando all’improvviso comparve il vecchio guardiano, che lo bloccò con l’asta dell’alabarda.
Il Re sollevò il sacchetto con le monete d’oro, ma solo allora si accorse di quanto fosse piacevole il loro peso e provò un forte dispiacere a separarsene… che vergogna gettare via un simile patrimonio per un solo abbraccio!
«Qui c’è una moneta d’oro per te» disse, aprendo il sacchetto. «Lasciami passare!»
«Te ne costerà dieci» rispose il guardiano.
«Cosa, dieci monete d’oro per un semplice baciamano?» rise il Re. «Devi aver perso la testa!»
«Dieci» ripeté il guardiano «il prezzo è questo».
«Non puoi farmi uno sconto?»
«Dieci monete d’oro, non una di meno».
«Ah, ecco la fregatura!» esclamò il Re, a cui (per influsso dell’antica professione materna) era già salita la pressione, come sempre. «Benissimo, cane, allora non becchi niente!»
A quel punto il guardiano gli diede un bel colpo di alabarda, e tutto si mise a roteare davanti al Re: il muro, la fontana, il ponte levatoio; Zipperio si sentì girare la testa e dovette chiudere gli occhi. Quando li riaprì, vide Subtilio accanto a lui, e l’Armadio dei Sogni.
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