Stanislaw Lem - Cyberiade
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- Название:Cyberiade
- Автор:
- Издательство:Marcos y Marcos
- Жанр:
- Год:2003
- Город:Milano
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«Ci mostrò i disegni da lui fatti, e ci ritrasse un tale paradiso da indurci a staccare i vecchi circuiti, che erano uguali e indipendenti, e a mettere in opera il suo, quello di Malapusticus Pandemonius».
Così dicendo, il professore picchiò parecchie volte la testa contro il muro, strabuzzò gli occhi e infine riprese a parlare. Ora capivo perché la superficie della sua fronte fosse tanto irregolare e butterata.
«Accadde così che un robot su due dicesse: ’Perché dovrei essere io a strofinare, se basta che lo faccia il mio vicino, e il risultato non cambia?’ E il suo vicino fece come lui, e la caduta di tensione divenne così grave che dovettero mettere, dietro ogni gruppetto, uno speciale caposquadra, e un controllore dietro di lui.
«Poi saltò fuori tiri discepolo di Malapustio — un certo Clustico il Confuso — e disse che ciascuno doveva strofinare non se stesso, ma il proprio vicino, e dopo di lui venne Tontus Altruistus con il suo programma di sadomasoflagellazione, e dopo ancora Magrundo Sputti che propose l’obbligatorietà del salone di massaggio, e dopo di questi comparve un nuovo teorico, Arsus Gargarsus, il quale sosteneva che le nubi dovevano essere accarezzate delicatamente — anziché punte con i parafulmini legati ai palloni — perché così avrebbero ceduto con maggiore grazia la loro carica, e dopo di questi vennero Moscio di Leydonia e Scrofole Thermafrodyne, sostenitori dell’installazione di autoconfricatori, detti anche titillatori o gabbagriglie, e infine Bestio Phystobufficus, che invece dello strofinìo suggerì una buona strigliata… con il bastone.
«Simili divergenze di opinione produssero grandi attriti, che portarono a ogni sorta di anatemi e di scomuniche reciproche, le quali, a loro volta, portarono alla bestemmia e all’eresia, e andò a finire che Faradayco Sterchi, Principe ed Erede al Trono di Allega, venne preso a calci dove non batte il sole, e scoppiò la guerra tra la Bronzea Alleanza Legaritica e l’impero Saldato a Freddo.
«Le ostilità durarono trentotto anni, poi altri dodici, perché verso la fine non si riusciva a capire, in mezzo a tutte quelle macerie, chi avesse vinto, perciò litigarono e ripresero a combattere. Così, il caos regnò e la carneficina divenne sempre più grande, si ebbe un tremendo abbassamento del voltaggio vitale, dappertutto regnavano campi magnetici parassiti e dissipazione chimica, ovvero, come lo chiamava il popolino, condizioni di ’malapustiamento completo’… e tutto questo era stato causato da quel diavolo e dalle sue cosiddette ’idee luminose’, che siano maledette!»
«L’ho fatto con le migliori intenzioni! Lo giuro, Vostra Laserità! Non ho mai pensato ad altro che al benessere generale!» piagnucolò Malapustio, che era ancora inginocchiato (il suo naso fuori del comune tremava tutto). Ma il professore lo allontanò con una gomitata e continuò: «Tutto questo ha avuto luogo 225 anni fa. Come forse avrai già capito, ben prima della Grande Guerra Legariana, prima dell’impoverimento generale, Malapusticus Pandemonius, dopo aver pubblicato un’infinità di trattati poderosi, in ognuno dei quali propagandava le sue vili, perniciose fumisterie, se ne mori bel bello, sereno, sicuro di sé, imperturbabile fino all’ultimo dei suoi giorni.
«Anzi, era così tronfio e soddisfatto di sé, che nelle sue ultime volontà scrisse di aspettarsi di venire nominato ’Supremo Benefattore di Legaria’.
«Comunque, quando arrivò il momento della punizione, non c’era nessuno da punire, nessuno da far pagare, nessuno che si potesse arrostire un po’, legato a uno spiedo.
«Ma io, o Illustre Intruso, dopo aver formulato la Teoria della Facsimilizzazione Generale, ho studiato le opere di Malapustio fino a estrarre il suo algoritmo, che — una volta infilato in una macchina duplicatrice di atomi — poteva ricreare «ex atoms oriundum gemellum», identico a lui fino al grado n, ossia Malapusticus Pandemonius in persona.
«Così, ogni giorno, noi ci riuniamo in questa cantina per infliggergli la pena che gli spetta, e quando è ritornato nella tomba, ricominciamo, per vendicare di nuovo la nostra gente, e così faremo per tutta l’eternità, amen!»
Inorridito, risposi, balbettando: «Professore, deve esservi dato di volta il cervello, se pensate anche per un solo minuto che questa persona — una persona innocente come una valvola appena uscita di fabbrica — che voi ricostruite dagli atomi che lo costituiscono, ogni giorno, debba rispondere degli atti, quali che siano, di un’altra persona che è morta tre secoli fa!»
E il professore rispose: «Allora, chi è questo proboscidato fifone che dice di chiamarsi Malapusticus Pandemonius? Dimmi, come ti chiami, ruggine cosmica?»
«Ma… Mala… Malapustio, Vostra Spietatezza…» balbettò in tono nasale il miserando.
«Comunque, non è «lo stesso» Malapustio» ripetei io.
«Come sarebbe a dire, non è lo stesso?»
«Non ha detto, professore, che Malapustio è morto?»
«Ma noi lo abbiamo fatto risorgere» protestò lui.
«Un sosia, un doppio, una copia esatta, ma non il medesimo, l’originale!»
«Me lo dimostri, signor Sapiente!»
«Non ho bisogno di dimostrare nulla» risposi io «dato che ho in mano questo laser. Inoltre, so benissimo, caro professore, che il tentativo di dimostrare quello che mi chiedi sarebbe una follia, perché la non-identicità dell’identicizzata «recreatio ex atomis individui modo algorytmico» non è altro che il famoso Paradosso Antinomico del Labirinto Lemiano, ben descritto nelle opere di quel famoso robofilosofo che ha il soprannome di Advocatus Laboratoris.
«Perciò — conclusi — senza prove, liberate subito il nasone, e non osate molestare ulteriormente la sua persona!»
«Mille grazie, Vostra Magnanimità!» esclamò il rossoabbigliato, levandosi da terra. «Il caso vuole che abbia, proprio qui — aggiunse, toccandosi la tasca del farsetto — una formula completamente nuova e inedita, questa volta assolutamente a prova di errore, che permetterà ai Legariani di raggiungere lo stato di beatitudine perfetta. Funziona sfruttando l’accoppiamento di schiena, ossia, un aggancio al contrario, schiena contro schiena, a due a due, e non in serie, che era soltanto il risultato di un errore di calcolo, sfuggitomi durante i miei studi di trecento anni fa! Vado immediatamente a trasformare in radiosa realtà questa mia nuova, mirabile scoperta!»
E infatti aveva già la mano sulla maniglia, mentre noi tutti lo guardavamo a occhi sgranati, ammutoliti per la sorpresa.
Abbassai la pistola e, distogliendo gli occhi da tutti, ormai privo di qualsiasi velleità, dissi al professore: «Ritiro ogni obiezione… Fate il vostro dovere…»
Con un sordo ruggito, tutt’e quattro si lanciarono contro Malapustio, lo scagliarono a terra e cominciarono a occuparsi di lui… finché non ne rimase neppure un pezzetto.
Poi, ancora ansimanti, s’infilarono il mantello, sollevarono il cappuccio, mi rivolsero un rigido inchino e uscirono in fila indiana dalla cantina; io rimasi solo, con la pistola laser che si faceva sempre più pesante, la mano che tremava, l’animo colmo di sgomento, il cuore stretto dalla malinconia.
Così Trurl terminò il racconto destinato a far riflettere il Re Tirapollici di Tyrannia, che lo aveva chiamato per imparare da lui la perfezione. Tuttavia, quando il Re gli chiese ulteriori spiegazioni su come raggiungere la perfezione non lineare, Trurl rispose come segue.
Una volta che mi trovavo casualmente sul pianeta Ninnica, potei vedere i risultati del progresso propugnato dal principio perfezionista.
I Ninnicani s’erano dati, molto tempo addietro, un altro nome: Hedophagoi o Giubilo-divoratori, ridotto poi semplicemente a «Giubilatori», e al mio arrivo erano nella loro epoca di massimo benessere.
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