Stanislaw Lem - Cyberiade
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- Название:Cyberiade
- Автор:
- Издательство:Marcos y Marcos
- Жанр:
- Год:2003
- Город:Milano
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«Deve essere lei!» si disse (gli Echinosauri sono sempre femmine).
Era per questo che non aveva chiesto giovani vergini? Eppure, no, i locali avevano detto che in precedenza ne aveva chieste. Strano, molto strano. Ma l’importante, adesso, si disse Klapaucius, era prendere bene la mira, e tutto sarebbe andato nel modo migliore.
Per ogni evenienza, tuttavia, aprì di nuovo lo zaino e ne trasse una bomboletta di repellente per draghi e un nebulizzatore. Poi si sporse da dietro la roccia. Ai piedi della forra, lungo il greto di un ruscello asciutto, avanzava una dragonessa di colore grigio scuro e di taglia enorme, ma con i fianchi molto sottili e vizzi, come se non mangiasse da parecchio tempo.
In un attimo, nella mente di Klapaucius passò ogni genere di pensieri. Annullare la creatura invertendo il segno del suo coefficiente penta-pendragonale da positivo a negativo, portando così la probabilità della sua inesistenza a superare quella della sua esistenza? Sì, ma si trattava di una pratica rischiosa, perché la minima distrazione poteva portare a un disastro: parecchi sprovveduti che cercavano di produrre la scomparsa di un drago, avevano finito invece per ottenerne la comparsa — e si erano trovati davanti a due draghi — con insopportabile imbarazzo!
Inoltre, la deprobabilizzazione totale avrebbe impedito a chiunque di studiare l’Echinosauro. Klapaucius tentennava; già vedeva una prestigiosa pelle di drago campeggiare sulla sua parete, proprio sulla cappa del caminetto. Ma non era il momento di fare sogni a occhi aperti — anche se i dracozoologi sarebbero stati deliziati di ricevere un animale dai gusti così strani: un animale che pretendeva addirittura balocchi e profumi!
Alla fine, quando si mise in posizione, Klapaucius pensò al bell’articolo che avrebbe potuto scrivere, se fosse stato in grado di esibire un esemplare ben conservato. Così, posò l’annullatore, sollevò il tubo che lanciava teste negative e tirò il grilletto.
L’esplosione fu assordante. Klapaucius venne avvolto da una nube di fumo e per qualche istante perse di vista la bestia. Poi il fumo si diradò.
Tra le vecchie comari si raccontano un mucchio di assurde storie che riguardano i draghi. Per esempio, si dice che ci siano draghi con sette teste, ma è un’enorme assurdità. Un drago può avere solo una testa, per il semplice motivo che la presenza di due teste porta a dissensi e a dispute violente; i polihydroidi — come li chiamano gli scienziati — si sono estinti a causa dei dissidi intestini.
Testardi e ostinati per natura, i draghi non sopportano le opposizioni, e perciò due teste in un solo corpo portano sempre a una rapida morte: ogni testa, puramente per tigna nei riguardi dell’altra, si rifiuta di mangiare, trattiene malignamente il respiro, con le conseguenze che si possono immaginare.
Euforio Cloy aveva sfruttato questa osservazione per costruire il suo cannone testaceo. Nel corpo del drago viene lanciata una piccola testa ausiliaria, di materia elettronica. Immediatamente, tra le due teste si crea una differenza di opinioni, adialettica e inconciliabile, e il drago entra in condizione di stallo e non riesce più a muoversi. Spesso rimane immobile come una statua per un giorno, una settimana o addirittura un mese; a volte passa perfino un anno, prima che crolli a terra, esausto. A quel punto potete farne quello che volete.
Ma il drago colpito da Klapaucius reagì in modo alquanto anomalo, a dir poco. Certo, si inalberò sulle zampe posteriori con un urlo che fece franare un paio di colline, e sbatté la coda contro le rocce finché le scintille non volarono per tutto il canyon. Fatto questo, però, si grattò l’orecchio, si schiarì la gola e continuò tranquillamente per la propria strada, anche se trotterellava un po’ più in fretta di prima.
Incapace di credere ai propri occhi, Klapaucius corse lungo le rocce per aspettare il mostro all’imboccatura del torrente asciutto — ormai non era più questione di pubblicare un articolo, o magari due, sul «Giornale di Draconicità»; lì c’era il materiale per una bella monografia, elegantemente rilegata, con l’immagine del drago in copertina e la sua sul retro!
Alla prima curva, si nascose dietro un masso e impugnò l’automatica a improbabilità, Prese la mira e azionò i destabilizzatori possibil-balistici. Sentì l’impugnatura tremare nella mano, la canna si arrossò per il calore, il drago venne avvolto da un alone simile a quello che, quando circonda la luna, promette cattivo tempo… ma la bestia non scomparve!
Ancora una volta, Klapaucius scaricò contro la bestia la massima improbabilità; l’intensità della non-verosimiglianza fu talmente grande che una falena che volava nei pressi cominciò a suonare con le sue piccole ali il «Volo del calabrone», e qua e là, dietro i massi, si videro danzare le ombre delle streghe, delle arpie e delle baccanti, mentre un acciottolio di zoccoli annunciava che da qualche parte, nelle vicinanze, i centauri scalpitavano, evocati dalla terribile forza del proiettore di improbabilità.
Ma il drago si limitò a sedersi e a sbadigliare, a sollevare una zampa posteriore e a grattarsi l’orecchio come fanno i cani.
Klapaucius strinse ancor più forte la sua arma, arroventata dall’uso, e continuò disperatamente a premere il grilletto: non si era mai sentito così umiliato. Alcuni ciottoli sulla traiettoria si sollevarono per aria, mentre la polvere scossa dal drago, invece di cadere, rimaneva sospesa e prendeva la forma di una scritta: AGLI ORDINI, CAPO.
La luce del giorno si offuscò — il giorno era notte e viceversa, faceva freddo — anche all’inferno cominciò a nevicare, due rocce fecero una passeggiata e, camminando, si misero a spettegolare su tutti i conoscenti. Insomma, i miracoli non si contavano più, ma l’orrido mostro che sedeva a pochi metri da Klapaucius non aveva alcuna intenzione di scomparire.
Klapaucius lasciò la pistola, prese una granata anti-drago dalla tasca della giubba e — affidata la sua anima alla Matrice Universale delle Trasformazioni Transfinite — la scagliò con tutta la forza del suo braccio. Ci fu un sordo tapum e, insieme a uno spruzzo di rocce assortite, volò in aria anche la coda del mostro.
«Ehi!» gridò il drago, proprio come se fosse stato una persona, e corse verso Klapaucius. Questi, vista ormai prossima la fine, uscì dal nascondiglio e brandì selvaggiamente la sciabola antimateria, ma in quell’istante sentì un altro grido: «Fermo! Fermo! Non ammazzarmi!»
«Che cosa succede?» si domandò Klapaucius. «Un drago che parla? Devo essere impazzito».
E a voce alta domandò: «Chi ha parlato, il drago?»
«Ma che drago! Sono io!»
E quando la nube di polvere si diradò, Trurl uscì dalla pancia della bestia; non appena fu uscito, tirò una corda che la fece afflosciare sulle ginocchia, con un lungo, asmatico soffio.
«Trurl, che diavolo sta succedendo? Che cos’è questa mascherata? Dove hai trovato quel costume da drago? E il drago vero?» chiese Klapaucius, bombardando di domande l’amico.
Trurl smise di scrollarsi la polvere di dosso e tese le mani verso di lui.
«Un minuto, lasciami parlare!» esclamò. «Il drago l’ho ucciso, ma il Re non voleva pagare».
«E perché mai?»
«Perché è un micragnoso, probabilmente» spiegò Trurl. «Ha dato la colpa alla burocrazia, come c’era da aspettarsi: ha detto che occorreva un certificato di morte autenticato dal notaio, un’autopsia condotta da un medico legale, un’infinità di altri documenti da compilare in triplice copia, l’approvazione della Regia Commissione dei Pagamenti, e così via. Il Tesoriere Capo ha detto che non sapeva come effettuare il pagamento, perché non era un salario e non poteva essere addebitato sul conto delle manutenzioni.
«Sono andato avanti e indietro tra il Re, il Cassiere e la commissione, e nessuno ha voluto muovere un dito per me; alla fine, quando mi hanno suggerito di presentare un curriculum con fotografie e referenze, me ne sono andato… ma ormai era impossibile richiamare in vita il drago.
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