Questo processo di concentrazione del potere è un gioco politico che dura per lungo tempo, in cui sono coinvolti sia le popolazioni barbariche e gli stessi cinesi. Alcune di queste popolazioni si stanno lentamente integrando nella corrente della cultura cinese grazie a questi stati di frontiera, altre le resistono e le combattono.
All’interno del lento processo di formazione di queste entità politiche, gli stessi villaggi saranno nemici e alleati in momenti diversi. Alla fine, coloro che non si integrano finiranno per essere espulsi e le loro terre conquistate, costringendoli a spostarsi sempre più lontano dal loro confine. Nonostante l’espulsione dai confini, il rovescio della medaglia sarà l’influenza delle popolazioni nomadi su questi stati di frontiera che saranno sempre più lontani dalla Cina ortodossa del centro, dove l’essenza della cultura Zhou rimane invariata.
Tra questi stati si crea una rivalità che però raramente porta a uno scontro aperto. Alcuni rappresentano la tradizione, altri la novità; alcuni il centro della cultura, altri il centro della forza; alcuni possono essere considerati cinesi puri, altri sono meticci con le numerose popolazioni di confine; alcuni assumono il ruolo statico che li corrisponde dopo la distribuzione dei feudi dei primi Re Zhou, altri, in continua espansione, hanno a lungo messo in dubbio la validità di quei feudi. Questa frammentazione si gioca sullo scacchiere del territorio cinese e rappresenta le nuove relazioni di nuovi stati con gli stati considerati propriamente cinesi. Da una parte si inglobano i piccoli territori, i principati che si trovano nelle vicinanze delle frontiere. Le frontiere dello Stato principale, quindi, sono separate da piccoli stati che fanno da cuscinetto. Da qui è proprio dove inizia la rivalità tra gli stati più grandi, i quali cercano di legittimare la loro esistenza e giustificare le campagne militari con un’associazione al potere spirituale dello stato degli Zhou, vestigia di un modello di unità.
Questo processo di unificazione continua di modelli politici riduce i quasi duecento principati o una ventina nel 500 a.C., dei quali realmente importanti sono solo sette. Le brevi campagne militari che si svolgono durante le Primavere e gli Autunni forniscono una conquista per i vincitori che non viene automaticamente accettata da tutti, né dai conquistati né dalle altre potenze, situazione questa che porta alla continua guerra stagionale.
I principali ducati della Primavere e Autunni
Qin, è uno stato che si trova nel bacino del fiume Wei, nella provincia di Shaanxi, è uno stato semi cinese semi turco. I loro governanti, che in un primo momento si occupavano di allevare cavalli per gli imperatori, successivamente proteggono la frontiera occidentale dagli attacchi dei popoli esterni, guadagnano il titolo ereditario di Guardiani dei Confini. Popoli di origine nomade, erano imparentati con altri popoli di origine turca che abitavano le steppe situate nel nord e nell’ovest della Cina e forse con altri di origine indoeuropea che, come gli Yuechi o i Tocari, vivevano nelle vicinanze.
I Qin erano già praticamente diventati i proprietari di quel territorio ancestrale degli Zhou, e non appena gli imperatori Zhou furono costretti a lasciare la loro capitale dai Rong (con l’acquiescenza dei Qin), presero il loro posto.
Jin, che si trova nell’odierna provincia dello Shanxi, risale alla fondazione della dinastia Zhou, quando un ramo della famiglia imperiale era stato inviato per governare la regione, uno dei luoghi in cui la sua conquista aveva incontrato la maggior resistenza. Lì, per secoli, i duchi di Jin hanno giocato un ruolo importante nel controllo delle tribù turche e tartare che minacciavano il cuore dell’impero. I Jin hanno anche ampliato la loro base territoriale grazie a numerose alleanze con i popoli nomadi dei confini, l’integrazione di alcuni territori nuovi, e l’assorbimento di alcuni piccoli stati della popolazione cinese, fino ad avere un confine ad ovest con i Qin. Una delle sue principali ricchezze si ottiene dall’allevamento di cavalli.
Ad est dei Jin c’era il regno degli Yan, più o meno nella regione in cui si trova attualmente Pechino. Era stato donato come feudo a un caro amico dell’imperatore quando fu fondata la dinastia; era in contatto con i Manciù e le tribù coreane che si stavano ritirandosi nella penisola, nonché con altri popoli nomadi ai quali era vetato l’accesso al cuore dell’impero. Troppo lontano dal centro rituale del potere, durante questi anni si concentrò sul garantire il suo dominio tra le tribù della zona.
A sud degli Yan, nell’odierna provincia dello Shandong, si trovava lo stato dei Qi. Era stato dato come un feudo per premiare i suoi servizi a un consigliere del primo imperatore degli Zhou originario di quelle terre. Quello che all’inizio della dinastia era una regione remota con una piccola popolazione cinese circondata da popoli barbari, era diventato alla fine il più prospero e avanzato degli stati in lotta per il potere. Nel Qi cresce uno stato che, combinando la cultura cinese con le tradizioni locali, la violenza della conquista con la tentazione del commercio, si stava convertendo in un’unica cultura più o meno omogenea formata da piccoli stati dei quali non abbiamo più notizie. Uno dei più famosi di queste entità è lo stato Yi che aveva un ruolo importante durante le dinastie Xia e Shang.
Il confine settentrionale dei Qi divenne rapidamente il terzo punto di contenimento per i nomadi esterni, costringendoli a rafforzarsi sul terreno militare. Economicamente, vive un grande sviluppo grazie alla sua padronanza della metallurgia del ferro, al commercio del sale marino e all’espansione territoriale a spese delle città situate a nord e sud dei suoi confini. Per questo motivo, anche prima della fine della dinastia Zhou occidentale, i Qi erano già considerati praticamente indipendente.
Protetti da questa barriera di regni nel nord c’erano gli Zhou, il cui dominio era limitato alla regione vicino alla loro capitale Luoyang; gli eredi Song della dinastia Shang, ad est della capitale, e altri piccoli stati governati da membri della famiglia imperiale, come Cheng, Zheng, Wei, Ji e Lu. Erano gli stati considerati ortodossi della tradizione Zhou, in cui lo sviluppo culturale era in vantaggio rispetto al militare. La loro posizione centrale, non servirà a liberarli dagli attacchi dei barbari, poiché intorno a loro continuavano a esserci una serie di città che non partecipavano alla cultura cinese, abitanti delle terre meno produttive, foreste, montagne e paludi, i cui attacchi sono registrati durante questo periodo. A sud di Henan si estendeva un paese ricco di selva ed estremamente umido, abitato da miriadi di diverse tribù, tra cui sicuramente alcuni discendenti dei Miao. I loro resti archeologici sono attualmente sparsi a sud dello Yangtze; lì governava un unico capo investito dall’imperatore ma sopra il quale non aveva nessun potere, questo leader tribale riuscì a mantenere una certa alleanza tra le tribù della zona, aggregandole sotto il nome di cultura cinese, fatto questo che le mantenne unite. Era denominato paese degli Chu, considerati barbari dagli stati situati più a nord, nonostante i loro governanti si ritenessero discendenti diretti dal lignaggio reale. Erano differenti anche nell’aspetto fisico, la lingua, le abitudini e il credo religioso.
Chu era considerato da tutti gli altri stati come il regno selvaggio ed esotico, della selva e la magia, la musica e lo sciamanismo. Nonostante questo, il popolo degli Chu fu capace di mantenere la pace internamente ed assicurare le frontiere cinesi lungo la riva nord del fiume Yangtze. Nel VII secolo si considera che questo stato abbia la forza sufficiente per partecipare alle lotte intestine per il potere. Va detto che nella zona nord cinese i popoli sono più militarizzati ed organizzati, mentre nella zona sud sono più deboli da questo punto di vista e di più facile conquista per il popolo Chu.
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