AAVV - Vicent Ferrer. Projecció europea d'un sant valencià

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    Vicent Ferrer. Projecció europea d'un sant valencià
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Vicent Ferrer. Projecció europea d'un sant valencià: краткое содержание, описание и аннотация

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Aquest llibre recull els textos de les ponències presentades en el congrés internacional «Vicent Ferrer. Projecció europea d'un sant valencià», organitzat per l'Acadèmia Valenciana de la Llengua i la Universitat de València i celebrat a la ciutat de València entre els dies 16 i 19 d'octubre de 2019. S'hi aborda de manera global la figura històrica de sant Vicent Ferrer, des dels contextos històrics i culturals en què pronuncià les homilies, fins a les estratègies discursives que feia servir en les prèdiques, passant per la llengua que utilitzava per a dirigir-se al públic, la tradició textual dels seus sermons i el seu posicionament davant els conflictes del moment, com ara el cisma d'Occident i el compromís de Casp, sense oblidar altres aspectes de naturalesa teològica, litúrgica o eclesial, entre els quals destaquen les seues consideracions sobre l'anticrist i la fi del món.

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Come molti dei predicatori popolari anche Ferrer ricorre prevalentemente alle distinctiones , a serie di argomenti suggeriti dal versetto tematico, o alla pericope liturgica presa nel suo assieme. È una costruzione semplice, facilmente memorizzabile, ma non uniforme, anzi adatta a originali e sempre nuove variazioni. Particolarmente efficace e memorabile era la struttura per distinctiones quando l’intero sermone si basava su un’unica allegoria. Un ottimo esempio si trova nella scheda del Sermonario di Perugia per il sabato dopo le Ceneri (Ferrer, 2002: num. 98) che ha per thema Erat navis in medio mari (Mc 6, 47). La nave, stretta agli estremi e larga al centro, è allegoria della penitenza, che è difficile all’inizio e anche alla fine, quando si approssima la fine della vita, mentre è agevole quando si è entrati in quello stato. Le tre coperte della nave rappresentano le tre parti della penitenza (contrizione, confessione e soddisfazione); l’albero è la croce, la vela indica la «caro Christi mundissima», mentre la gabbia è l’iscrizione dettata da Pilato. Nei pericoli della navigazione, così continua l’allegoria, è necessario affidarsi a un gubernator esperto, cioè Cristo. Ferrer rinnova a suo modo un’allegoria antica, molto diffusa nella letteratura cristiana. Tuttavia l’allegoria della navigazione, che rappresenta la vita umana o la vita religiosa o la penitenza, è topos particolarmente vivo nella tradizione domenicana (Bataillon, 1992: XI, 386). Le immagini marinare sono presenti sporadicamente anche in altri sermoni, come in quello per la festa dei santi Pietro e Paolo (Ferreiro, 1998), ma non pare che Ferrer abbia avuto una particolare predilezione per questo tipo di allegoria: lo schema del Sermonario perugino risulta utilizzato solo nella raccolta dei sermoni modello messi a stampa (Ferrer, 1488: p4rb-va).

Ebbe invece grande successo la predica sulla battaglia spirituale tra vizi e virtù, tra Carnevale e Quaresima, una grande allegoria suggerita dal vangelo per la terza domenica di quaresima: Fortis armatus custodit atrium suum (Lc 11, 21). La schedula perugina (Ferrer, 2002: num. 113) fu ampliata e colorita in molteplici variazioni documentate nelle reportationes catalane e latine e nelle raccolte a stampa (Perarnau i Espelt, 1999b: num. 354). Si tratta, come è stato detto, di un testo «totalizador», che raccoglie le molteplici allusioni al tema della pugna spiritualis disseminate in tutta la predicazione del santo (Ysern, 2019: 304). Il tema della battaglia allegorica e delle armi spirituali, fondato su un celebre passo paolino (Eph 6, 10-11), è tra i più frequentati dai predicatori e dagli scrittori di testi religiosi. Nella penisola iberica, e soprattutto in Catalogna, quell’allegoria aveva assunto implicazioni spirituali in opere ben note, come il Libre de l’ordre de cavalleria di Ramon Lullo, il Dix de lo Christià di Francesco Eiximenis (Ysern, 2019: 289), l’ Arnès del Cabalier di Pere March (Ysern i Lagarda, 2015: 253). Per quanto riguarda la predicazione domenicana non si deve dimenticare che nella famosa Summa de virtutibus et de vitiis di Guillaume Peyraut, uno dei libri più diffusi del tardo Medioevo, databile a prima del 1249, è inserito il trattato De Prudentia , che descrive fasi e pericoli della vita spirituale come una battaglia che va affrontata con prudenza. Domenico Cavalca ne derivò concetti e immagini rimaneggiati in una delle sue opere più fortunate, il Trattato delle trenta stoltizie che si commettono nel combattimento spirituale (Zacchi, 1920: 312; Kaeppeli, 1970: 309-312; Delcorno, 1979: 577-586; Troiano, 2018). Nello schema perugino per la terza domenica di Quaresima Ferrer elenca innanzitutto le armi fornite dalla Chiesa al combattente: lo scudo del digiuno, l’elmo della preghiera, la lancia della confessione. Nella pericope del giorno si legge appunto dell’ossesso muto che Cristo libera, immagine del peccatore ammutolito dal demonio e liberato nella confessione. 16Il predicatore dilata il discorso con la descrizione particolareggiata del campo di battaglia e dei combattenti, mettendo in evidenza aspetti della tecnica militare che dovevano interessare fortemente il pubblico nel loro significato letterale. Modello è l’esercito del re, composto di esploratori, balestrieri, trombettieri, portabandiera («vexillarii»), cavalieri, pedoni, addetti alle salmerie. Si dispiega in tutta la sua pienezza la logica della distinctio , la poetica dell’enumerazione. Ogni parte dell’esercito del re indica un tipo di fedele e la sua funzione nella battaglia fra Cristo e Satana, tra la Chiesa e il diavolo: i contemplativi, gli attivi che praticano le opere di misericordia, i predicatori, i peccatori passati sotto le insegne di Cristo, i vergini che dominano il loro corpo come i cavalieri tengono a freno il cavallo, mentre ai soldati a piedi corrispondono i «continentes emendati»; vengono infine i presbiteri che ristorano con l’eucaristia, medicano le ferite e forniscono nuove armi nella confessione. È il disegno ancora sommario di un sermone narrativo o spettacolare (Catalán Casanova, 2013: 314), attentamente colorito nelle reportationes in catalano. Tuttavia anche nella più vivace e ricca peformance, quella tenuta a València nel 1413 (sermone XXII), la scena rimane distinta rigidamente in sette quadri, senza una veduta d’assieme, un movimento grande e generale dell’esercito, paragonabile al De pugna et saccomanno Paradisi che conclude il De christiana religione di san Bernardino (Bernardino da Siena,1950: t. II, 452-471). In Ferrer bisogna piuttosto ammirare la rapida descrizione dei particolari, le «frases gràfiques de pensament sintetic», per usare la bella definizione di Sanchis Sivera (1999: 187), che si succedono con una forza e un effetto straordinari. Si vedano, ad esempio, gli esploratori a cavallo (algarers), leggeri «quasi volants, van guardants deçà e dellà»: sono i contemplativi che vanno correndo «per muntanyes», scoprendo «los aguaits dels diables»; e la descrizione sembra concludersi in un gesto: «Sus! Allà s’en pugen aquest a la montanya del cel contemplant»; ma poi si allarga alla considerazione di tutte le parti dell’oltremondo, alla meditazione sulla miseria umana e sull’imminenza del Giudizio (Ferrer, 1973: I, 180).

Si è talvolta richiamato l’attenzione sulla presa di distanza di Ferrer dalle correnti umanistiche che si andavano diffondendo in Catalogna, e a tale proposito è consueto citare un passo del suo sermone per san Paolo: «Predicate Evangelium», questa è la missione data agli apostoli, «no diu Virgilium ne Ovidium set Evangelium» (Ferrer, 1971-1988: II, 56 sermone XXXI); e in altra occasione egli ricorda che il predicatore deve annunciare solo la «paraula viva» della Scrittura: «No cure de poetes, Virgilio, Dantes, ne d’aquelles cadències etc. mas tant solament de la santa Scriptura» (s. XXXIII: II, 72), Non si tratta, come è stato notato (Martinez Romero, 2002: 37-41), di una dichiarata ostilità ai nuovi orientamenti provenienti dall’Italia e da Avignone, ma della fedeltà ad una vivissima tradizione domenicana che reagisce ad ogni scelta culturale che metta in dubbio la centralità della Scrittura e dell’esegesi biblica. «Dobbiamo leggere ne’ libri de’ santi dottori approvati dalla Chiesa», scriveva Iacopo Passavanti a metà Trecento, «i quali spongono sanamente la Scrittura, e non si dee cercare ne’ libri vani de’ filosofi e de’ poeti mondani» (Passavanti, 2014: 419). Ferrer, come già si è accennato, esortava all’uso e allo studio attento degli strumenti di lavoro composti nelle scuole degli Ordini Mendicanti, innanzitutto dai Domenicani, e aveva l’abitudine di citare questi libri non solo nelle schedulae perugine, ad uso privato, ma anche dal pulpito, come risulta dalle reportationes . La Glossa ordinaria , le Postille di Nicolò di Lira, il «Mestre de les Sentencies» ovvero Pietro Lombardo, il «Mestre de les ystories», cioè Pietro Mangiadore, autore dell’ Historia scholastica , sono menzionati con grande frequenza come strumenti necessari alla comprensione dei testi biblici (Catalán Casanova, 2013: 353-384). Interessa qui segnalare l’uso di opere che distinguono più esattamente la cultura dei Frati Predicatori. Non mi pare comune, ad esempio, il riferimento esplicito ai commenti scritturali di Nicola Gorran (Smalley, 1972: 380; Kaeppeli, 1970-1993: III, 207-208) come si nota, ad esempio, in un sermone per la domenica delle Palme, sul versetto Ite in castellum quod contra vos est (Mt 21, 2). Vedendo che si avvicinava il tempo della prova, così spiega Ferrer, «vocavit duos discipulos suos, scilicet Petrum et Iohannem, alias Philippum», notizia tratta tacitamente da Nicolò di Lira; e li manda «in castellum quod erat contra eos, id est ante, secundum quod dicit Gorran in postilla super Matheum [XXI 2]» (Ferrer, 1995: 104).

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