All’improvviso, Fiorenzo si impennò sulle zampe posteriori per l’ira, e Harry dovette aggrapparsi alle sue spalle per restare in sella.
«Ma non vedete quell’unicorno?» esclamò Fiorenzo rivolto a Cassandro. «Non capite perché è stato ucciso? Forse i pianeti non vi hanno rivelato quel segreto? Io mi ribello contro ciò che si aggira per questa foresta, Cassandro, proprio così, e al fianco degli esseri umani, se è necessario».
Fiorenzo si voltò di scatto e, mentre Harry si reggeva come meglio poteva per non cadere, partì al galoppo tuffandosi nella foresta e lasciandosi alle spalle Conan e Cassandro.
Harry non aveva la minima idea di quel che stava succedendo.
«Ma perché Cassandro è tanto arrabbiato?» chiese. «E poi, da che cos’è che mi avresti salvato?»
Fiorenzo rallentò l’andatura e si mise ad andare al passo, consigliò Harry di tenere giù la testa per schivare gli eventuali rami bassi, ma non dette risposta alla sua domanda. Avanzarono in silenzio attraverso gli alberi, e Harry pensò che il centauro non volesse più parlargli. Ma mentre attraversavano un punto dove il bosco era particolarmente fitto, il centauro si fermò di colpo.
«Harry Potter, ma tu lo sai che cosa ci si fa con il sangue di unicorno?»
«No» rispose Harry, stupito da quella strana domanda. «Noi abbiamo usato soltanto il corno e i peli della coda, a lezione di Pozioni».
«Questo perché uccidere un unicorno è una cosa mostruosa» ribatté Fiorenzo. «Soltanto uno che non ha niente da perdere e tutto da guadagnare commetterebbe un delitto del genere. Il sangue dell’unicorno ti mantiene in vita anche se sei a un passo dalla morte; ma il costo da pagare è tremendo. Poiché hai ucciso una cosa pura e indifesa per salvarti, dall’istante che il sangue tocca le tue labbra non vivrai che una mezza vita, una vita dannata».
Harry fissava la nuca di Fiorenzo, che la luce lunare chiazzava d’argento.
«Ma chi potrebbe essere così disperato?» si domandò ad alta voce. «Se uno finisce dannato per sempre, meglio morire, no?»
«È vero» concordò Fiorenzo, «a meno che non ti basti restare vivo per il tempo necessario a bere qualcos’altro… qualcosa che ti restituisca tutta la tua forza e il tuo potere, qualcosa che fa sì che tu non possa morire mai. Signor Potter, tu lo sai che cosa è nascosto dentro la scuola, in questo preciso momento?»
«La Pietra Filosofale! Ma certo… l’Elisir di Lunga Vita! Però non capisco chi…»
«Non ti viene in mente nessuno che abbia atteso molti anni per tornare al potere, che si sia aggrappato alla vita aspettando la sua grande occasione?»
Era come se un pugno di ferro si fosse improvvisamente serrato attorno al cuore di Harry. Oltre il fruscio delle fronde, gli sembrava di udire di nuovo quel che gli aveva detto Hagrid la sera che si erano conosciuti: «Alcuni dicono che è morto. Balle, secondo me. Non so se dentro avesse ancora qualcosa di abbastanza umano da morire».
«Vuoi dire» fece Harry con voce strozzata «che era Vol… »
«Harry! Harry, tutto a posto?»
Hermione correva verso di loro lungo il sentiero, seguita da Hagrid tutto ansimante.
«Ma io sto benissimo» rispose Harry quasi senza sapere quel che diceva. «L’unicorno è morto, Hagrid, e sta nella radura lì dietro».
«A questo punto, io ti lascio» mormorò Fiorenzo, mentre Hagrid si affrettava nella direzione indicata per vedere l’unicorno. «Adesso sei al sicuro».
Harry scivolò giù dalla sua groppa.
«Buona fortuna, Harry Potter» disse Fiorenzo. «È già successo che i pianeti venissero letti in modo errato, anche dai centauri. Spero che questa sia una di quelle volte».
Così dicendo, si voltò e caracollando si addentrò nel folto della foresta, lasciandosi alle spalle Harry scosso dai brividi.
Mentre aspettava il loro ritorno, Ron si era addormentato nella sala di ritrovo immersa nell’oscurità. Quando Harry lo svegliò bruscamente, scuotendolo, gridò alcune parole sconnesse a proposito di un fallo a Quidditch. Ma nel giro di pochi secondi era perfettamente sveglio, e ascoltava Harry spiegare a lui e a Hermione che cosa era successo nella foresta.
Harry non riusciva a sedersi. Andava su e giù a gran passi davanti al fuoco. Tremava ancora.
«Piton vuol rubare la Pietra per conto di Voldemort… e Voldemort aspetta nella foresta… e pensare che per tutto questo tempo abbiamo creduto che Piton volesse soltanto arricchirsi…»
«Piantala di pronunciare quel nome!» sussurrò Ron terrorizzato, come se credesse che Voldemort potesse udirli.
Ma Harry non lo ascoltava.
«Fiorenzo mi ha salvato, ma non avrebbe dovuto farlo… Cassandro era arrabbiatissimo… parlava di interferenze con quello che predicono i pianeti… Probabilmente, secondo i pianeti Voldemort sta per tornare… Secondo Cassandro, Fiorenzo avrebbe dovuto lasciare che Voldemort mi uccidesse… Credo proprio che anche questo fosse scritto nelle stelle».
«Ma la pianti di pronunciare quel nome?» sibilò Ron.
«Quindi, adesso non mi resta che aspettare che Piton rubi la Pietra» proseguì Harry febbrilmente, «e a quel punto Voldemort potrà venire a farmi fuori… Be’, immagino che Cassandro sarà soddisfatto».
Hermione aveva un’aria molto spaventata, ma gli offrì una parola di conforto.
«Harry, tutti dicono che Silente è l’unica persona di cui Tu-Sai-Chi abbia mai avuto paura. Se c’è in giro Silente, Tu-Sai-Chi non ti torcerà un capello. Ma comunque, chi ha detto che i centauri hanno ragione? A me sembra roba da chiromanti, e anche la professoressa McGranitt ha detto che quella è una branca della magia molto imprecisa».
Prima che avessero finito di parlare, il cielo si era rischiarato. Andarono a letto esausti, con la gola che doleva. Ma le sorprese di quella nottata non erano finite.
Quando Harry scostò le lenzuola, vi trovò sotto, piegato con cura, il mantello che rende invisibili. A esso era attaccato un biglietto che diceva: ‘In caso ti serva’.
Negli anni seguenti, Harry non ricordò mai esattamente come aveva fatto a superare gli esami vivendo nella quasi certezza che da un momento all’altro Voldemort stesse per piombargli fra capo e collo. E invece i giorni passarono lenti, e non vi era il minimo dubbio che Fuffi fosse ancora vivo e vegeto dietro quella porta sprangata.
Faceva un caldo micidiale, specie nella grande aula dove si svolgevano gli scritti. Per l’esame avevano ricevuto penne d’oca speciali, nuove di zecca, che erano state stregate con un incantesimo particolare per impedire loro di copiare.
Gli esami comprendevano anche esercitazioni pratiche. Il professor Vitious li aveva chiamati a uno a uno nella sua aula per vedere se erano capaci di eseguire lo speciale Tip-tap dell’Ananasso sulla scrivania. La professoressa McGranitt li stette a guardare mentre trasformavano un topolino in una tabacchiera: se la tabacchiera era carina si guadagnavano punti, se aveva i baffi se ne perdevano. Piton li rese tutti nervosi fiatandogli nel collo mentre cercavano di ricordare come si fabbricava la pozione che fa dimenticare le cose.
Harry fece del suo meglio, sforzandosi di ignorare le penetranti fitte alla fronte che lo tormentavano fin da quella sua uscita nella foresta. Siccome Harry non riusciva a dormire, Neville era convinto che soffrisse di un grave esaurimento da esami. Ma la verità era che veniva puntualmente svegliato dal solito incubo, solo che adesso era peggio che mai: vi appariva una figura incappucciata che gocciolava sangue.
Forse perché non avevano visto quel che aveva visto Harry nella foresta, o perché non avevano cicatrici brucianti in fronte, Ron e Hermione non sembravano altrettanto ossessionati di Harry dalla Pietra Filosofale. Naturalmente, il pensiero di Voldemort li atterriva, ma almeno non turbava i loro sonni, ed erano talmente impegnati a ripassare le lezioni che non avevano il tempo di scervellarsi a pensare che cosa potesse combinare Piton o chiunque altro.
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