Joanne Rowling - Harry Potter e la pietra filosofale

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Harry Potter e la pietra filosofale: краткое содержание, описание и аннотация

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Un orfanello dotato di misteriosi poteri, due zii molto antipatici e… si entra nell’eccitante universo del Meraviglioso!
Un ragazzino con gli occhiali grossi ha conquistato la copertina del Time: si chiama Harry Potter. Nel giorno del suo undicesimo compleanno Harry si rende conto di essere dotato di straordinari poteri magici. E di potersi finalmente vendicare di tutte le angherie subite dagli odiosi zii che l’hanno allevato malvolentieri al posto dei genitori spariti nel nulla. Dovrà però frequentare la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, la migliore d’Inghilterra, in un castello dove è custodita la prodigiosa Pietra Filosofale che può sconfiggere le forze del male…

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Ancora una volta, Conan ci mise un po’ prima di rispondere. Alla fine disse: «La foresta nasconde molti segreti».

Dietro Conan, fra gli alberi, si udì un fruscio che indusse Hagrid ad alzare di nuovo la balestra; ma era soltanto un altro centauro, stavolta con i capelli e il corpo nero, e con un aspetto più feroce di Conan.

«Ehilà, Cassandro» disse Hagrid. «Come ti va?»

«Buona sera, Hagrid, spero tu stia bene».

«Non c’è malaccio. Senti un po’, ho appena fatto la stessa domanda a Conan: hai mica visto qualcosa di strano da queste parti, ultimamente? Pare che in giro c’è un unicorno ferito: tu ne sai niente?»

Cassandro si avvicinò a Conan. Poi volse lo sguardo verso il cielo.

«Marte è molto luminoso stasera» disse in tono piano.

«Questa solfa l’avevamo già sentita» rispose Hagrid seccato. «Be’, se uno di voi due vede qualcosa, me lo faccia sapere, d’accordo? Noi ora andiamo».

E così dicendo uscì dalla radura, seguito da Harry e Hermione, che si voltarono per guardare Conan e Cassandro fino a quando la visuale fu ostruita dagli alberi.

«È davvero impossibile» stava dicendo Hagrid in tono irritato. «avere una risposta chiara da un centauro. Sono sempre lì che guardano le stelle. Di quel che succede quaggiù, non gliene importa un fico secco».

«Ma qui nella foresta, ce ne sono molti di quelli ?» chiese Hermione.

«Oh, be’, parecchi… Per lo più se ne stanno per i fatti loro, ma per fortuna si fanno vivi, quando ho voglia di scambiare una parola con qualcuno. Badate bene, i centauri sono dei gran cervelloni… sanno un sacco di cose. Solo che non sono tanto chiacchieroni».

«E quello che abbiamo sentito prima, credi che fosse un centauro?» chiese Harry.

«A te è sembrato rumore di zoccoli? Macché. Secondo me era quello che va in giro ammazzando unicorni… Non si è mai sentito niente del genere prima d’ora».

Avanzarono nella foresta fitta e buia. Harry, nervoso, non la smetteva di guardarsi indietro. Aveva la sgradevole sensazione che qualcuno li stesse osservando. Era contento che con loro ci fosse Hagrid con la sua balestra. Avevano appena oltrepassato una curva del sentiero, quando Hermione afferrò il braccio di Hagrid.

«Hagrid, guarda! Scintille rosse! Gli altri sono in difficoltà!»

«Voi due aspettatemi qui!» gridò Hagrid. «Non vi allontanate dal sentiero, torno subito a prendervi!»

I due ragazzi lo sentirono correre via, facendo scricchiolare il sottobosco al suo passaggio, e rimasero a guardarsi terrorizzati, fino a quando non udirono più niente attorno a loro, salvo il frusciare delle foglie.

«Non pensi che gli sia successo qualcosa, vero?» sussurrò Hermione.

«Se si tratta di Malfoy non me ne importa proprio niente, ma se capita qualcosa di brutto a Neville… In fin dei conti, se lui è finito qui, la colpa è nostra».

I minuti passavano con lentezza esasperante. Sembrava che il loro udito si fosse fatto più acuto del solito: le orecchie di Harry coglievano ogni sospiro del vento, ogni scricchiolio di rametti. Ma che cosa stava succedendo? E dov’erano gli altri?

Alla fine, un gran rumore di rami spezzati annunciò il ritorno di Hagrid, seguito da Malfoy. Neville e Thor. Hagrid era furioso. A quanto pareva, Malfoy, per fare uno scherzo, si era avvicinato a Neville da dietro e l’aveva afferrato. Dalla paura, Neville aveva perso la testa e aveva fatto scoccare le scintille.

«Ormai, dopo tutto il baccano che avete fatto voi due, saremo fortunati se riusciremo a trovare qualcosa. D’accordo, adesso i due gruppi si scambiano. Neville, tu stai con me e con Hermione, e tu Harry, vai con Thor e con questo cretino. Scusami» aggiunse poi bisbigliando rivolto a Harry, «ma spaventare te è un po’ più difficile, e noi questa missione la dobbiamo concludere».

E così, Harry si incamminò verso il folto della foresta insieme a Malfoy e a Thor. Camminarono per quasi mezz’ora, addentrandosi sempre di più, fino a quando seguire il sentiero divenne quasi impossibile, tanto erano fitti gli alberi. A Harry sembrò che le macchie di sangue si facessero più frequenti. C’erano schizzi sulle radici di un albero, come se quella povera creatura ferita si aggirasse là attorno. Davanti a sé, attraverso i rami intricati di un’antica quercia, Harry scorse di nuovo una radura.

«Guarda…» mormorò, tendendo il braccio per fermare Malfoy.

Per terra c’era qualcosa di bianco che scintillava. Si avvicinarono con grande circospezione.

Era proprio l’unicorno, ed era morto. Harry non aveva mai visto nulla di così bello e così triste. Cadendo, le lunghe zampe affusolate si erano divaricate formando angoli strani, e la criniera bianco perla era sparsa sulle foglie scure.

Harry aveva già fatto un passo verso l’unicorno, quando un fruscio lo fece fermare di colpo. Ai margini della radura, un cespuglio fremette… Poi, dall’ombra, uscì una figura incappucciata che avanzò strisciando come un animale da preda. Harry, Malfoy e Thor rimasero impietriti. La figura incappucciata si avvicinò all’unicorno, chinò il capo sulla ferita che si apriva nel fianco dell’animale e si mise a berne il sangue.

«AAAAAARGH!»

Malfoy si lasciò sfuggire un grido agghiacciante e schizzò via, e con lui Thor. L’incappucciato alzò il capo e puntò lo sguardo su Harry, con il sangue dell’unicorno che gli colava sul petto. Poi si alzò in piedi e gli si avvicinò a rapidi passi. Harry non riusciva a muoversi per il terrore.

In quella, gli trapassò la testa una fitta di dolore come non ne aveva mai provate: era come se la sua cicatrice avesse preso fuoco. Mezzo accecato, arretrò barcollando. Dietro di sé udì un rumore di zoccoli al galoppo, e qualche cosa lo superò d’un balzo, piombando addosso all’incappucciato.

Il dolore alla testa era talmente forte che Harry cadde in ginocchio, e ci vollero un paio di minuti prima che passasse. Quando il ragazzo levò lo sguardo, la figura era scomparsa. Davanti a lui c’era un centauro, ma non Conan, né Cassandro; dall’aspetto era più giovane, e aveva chiome biondo chiarissimo e un corpo da sauro.

«Tutto bene?» disse il centauro aiutando Harry a rimettersi in piedi.

«S-sì, grazie… ma che cos’era quello

Il centauro non rispose. Aveva occhi di un blu stupefacente, come pallidi zaffiri. Guardò Harry con attenzione, soffermandosi a osservare la cicatrice che gli spiccava livida sulla fronte.

«Ma tu sei il giovane Potter!» esclamò. «Faresti bene a tornare da Hagrid. A quest’ora la foresta è un posto pericoloso, specie per te. Sai andare a cavallo? In questo modo farai più in fretta.

«Mi chiamo Fiorenzo» aggiunse poi mentre piegava le zampe anteriori perché Harry potesse salirgli in groppa.

Improvvisamente, si udì di nuovo un rumore di zoccoli al galoppo, che proveniva dall’estremità opposta della radura. Dal folto degli alberi uscirono di gran carriera Conan e Cassandro, con i fianchi ansimanti e coperti di sudore.

«Fiorenzo!» tuonò Cassandro. «Che cosa stai facendo? Hai in groppa un essere umano! Ma non ti vergogni? Sei forse un mulo qualunque?»

«Ma tu lo sai chi è questo?» disse Fiorenzo. «È il giovane Potter. Prima se ne va da questa foresta e meglio è».

«Che cosa gli hai detto?» chiese Cassandro a denti stretti. «Ricordati bene, Fiorenzo, noi abbiamo giurato di non ribellarci al cielo. Non abbiamo forse letto quel che accadrà nel movimento dei pianeti?»

Conan scalpitava nervosamente.

«Sono certo che Fiorenzo era convinto di agire per il meglio» disse con quella sua voce malinconica.

Cassandro, adirato, scalciò con le zampe posteriori.

«Per il meglio! E questo che cosa c’entra con noi? I centauri si occupano di ciò che è stato predetto! Non è compito nostro correre qua e là come asini, inseguendo esseri umani che si sono smarriti nella nostra foresta!»

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