Robert Jordan - Il Drago Rinato

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Certo, l’uomo, dagli occhi azzurri, si era messo la giubba, gialla a strisce in filo d’oro, con maniche a sbuffo, ma non l’aveva abbottonata e aveva la camicia che gli usciva dalle brache ed era scalzo. I capelli neri, corti, erano scarmigliati, come se si fosse alzato dal letto in fretta e furia, ma nel combattere era ben sveglio. Cinque minuti prima era spuntato di corsa, spada in mano, da una delle porte intagliate che fiancheggiavano quel corridoio e Mat poteva solo essere contento che fosse comparso davanti a loro anziché dietro. Non era il primo così vestito che Mat avesse affrontato, ma era di certo il migliore.

«Puoi passarmi davanti, acchiappaladri?» disse, ben attento a non distogliere lo sguardo dall’uomo con la spada pronta a colpire. «Sandar, irritato, aveva insistito che Mat lo chiamasse “acchiappaladri” e non “prendiladri": Mat non ci vedeva alcuna differenza.»

«Non posso» rispose Sandar, dietro di lui. «Se ti sposti, non hai spazio per manovrare quel remo che chiami bastone e lui ti infilza come un grugnitore.»

"Come un cosa?" pensò Mat. «Be’, trova una soluzione, tairenese» disse subito. «Questo straccione mi dà ai nervi.»

L’uomo in giubba a righe dorate sorrise, beffardo. «Per te, bifolco," sarebbe onore troppo grande, morire per mano del Sommo Signore Darlin.» Era la prima volta che si degnava di parlare. «Invece, vi farò appendere per i talloni e starò a guardare, mentre vi strapperanno la pelle...»

«Non penso che mi piacerebbe» disse Mat.

L’altro divenne paonazzo d’indignazione per essere stato interrotto. Mat non gli diede tempo di replicare: mosse rapidamente il bastone, descrivendo in aria un otto, e balzò avanti. Darlin non poté fare altro che tenere lontano da sé il bastone. Per il momento. Mat sapeva di non poter mantenere a lungo quella velocità: se avesse avuto fortuna, lo scontro sarebbe tornato alla fase di colpo e risposta. Ma stavolta non intendeva contare sulla fortuna. Appena il Sommo Signore si concesse un momento per assestare la difesa, Mat modificò l’attacco a metà colpo. L’estremità del bastone, che Darlin si aspettava contro la testa, si abbassò a colpire le gambe. Allora, mentre Darlin cadeva, l’altra estremità lo colpì davvero alla testa, con uno schianto secco che gli fece rovesciare gli occhi.

Ansimando, Mat si appoggiò al bastone e si sporse sul Sommo Signore svenuto. “Maledizione” si disse “se devo affrontarne un paio come lui, crollerò di sfinimento! Nelle storie, l’eroe non ha tutto questo lavoro! Nynaeve ha sempre trovato il modo di farmi lavorare."

Sandar gli si accostò e guardò il Sommo Signore accasciato. «Non pare poi così potente, lungo e disteso» disse, sorpreso. «Non pare nemmeno tanto più grande di me.»

Mat trasalì e scrutò il corridoio, che un uomo aveva appena attraversato di corsa. “Maledizione, se non sapessi che è una follia, giurerei che quello era Rand!"

«Sandar, trova...» cominciò, muovendo in un arco il bastone per metterselo in spalla; s’interruppe di colpo, perché lo sentì urtare contro qualcosa.

Si girò di scatto e si trovò di fronte un altro Sommo Signore mezzo svestito... con la spada per terra, le ginocchia piegate e le mani alla testa, dove il bastone gli aveva lacerato lo scalpo. Mat gli rifilò in fretta una puntonata allo stomaco per fargli abbassare le mani, poi gli diede un altro colpo alla testa, facendolo crollare sopra la sua stessa spada.

«Fortuna, Sandar» borbottò. «Non si batte la maledetta fortuna. Allora, perché non trovi questa maledetta via privata che i Sommi Signori usano per andare alle celle?» Sandar aveva insistito che c’era una scala privata e che, passando da quella parte, avrebbero evitato di correre per gran parte della Pietra. Mat non pensava che esistesse gente ansiosa di assistere all’interrogatorio dei prigionieri al punto da volere una scorciatoia per andare dalle proprie stanze alle segrete.

«Ringrazia la tua smisurata fortuna!» replicò Sandar, a disagio. «Quello lì ci avrebbe uccisi tutt’e due e non l’avremmo nemmeno visto. La porta è qui, da qualche parte, lo so. Vieni? O aspetti che compaia un altro Sommo Signore?»

«Precedimi» rispose Mat. Scavalcò il Sommo Signore svenuto. «Non sono un maledetto eroe.»

A passi svelti seguì l’acchiappaladri, che scrutava ogni porta incontrata e borbottava che doveva esserci, da qualche parte, lo sapeva.

55

Scritto nella Profezia

Rand entrò lentamente nella sala e avanzò tra le grandi colonne di granito levigato che ricordava d’avere visto nei sogni. Il silenzio riempiva le ombre, eppure lui sentiva un richiamo. Per un istante vide davanti a sé un lampo, una luce che respinse le tenebre, un faro. Avanzò sotto la grande cupola e vide ciò che cercava: Callandor , appesa a mezz’aria, elsa in giù, in attesa soltanto della mano del Drago Rinato. Girando su se stessa, la spada riduceva in schegge la scarsa luce e di tanto in tanto lampeggiava come di luce propria. Chiamava lui. Aspettava lui.

"Se sono davvero il Drago Rinato” pensò Rand. “E non soltanto un povero pazzo con la maledizione d’incanalare il Potere, un semplice burattino manovrato da Moiraine e dalla Torre Bianca."

«Prendila, Lews Therin. Prendila, Kinslayer.»

Rand si girò di scatto verso la voce. Vide avanzare dall’ombra fra le colonne un uomo alto, dai capelli corti e bianchi. Aveva l’impressione di conoscerlo, ma non sapeva chi fosse, quest’uomo in giubba di seta rossa con righe nere lungo le ampie maniche e brache nere infilate in stivali dalle decorazioni in argento. L’aveva visto nei sogni.

«Le hai chiuse in gabbia» disse Rand. «Egwene, Nynaeve, Elayne. Nei miei sogni. Continui a chiuderle in gabbie e a farle soffrire.»

Con un gesto l’uomo scacciò l’obiezione. «Contano meno di niente» replicò. «Forse un giorno, quando saranno addestrate, non ora. Sono sorpreso che t’interessassero tanto da diventarmi utili. Ma sei sempre stato uno sciocco... sempre pronto a seguire l’impulso del cuore, anziché a cercare il potere. Sei giunto troppo presto, Lews Therin. Ora devi fare ciò che non sei ancora pronto a fare, altrimenti morirai. Sapendo d’avere lasciato nelle mie mani queste donne a cui vuoi bene.» Parve aspettare con ansia una reazione. «Intendo usarle ancora, Kinslayer. Serviranno me, serviranno il mio potere. E in questo modo soffriranno più di quanto non abbiano mai sofferto prima.»

Alle spalle di Rand, Callandor mandò un lampo, gli lanciò contro la schiena un impulso di calore.

«Chi sei?»

«Non ti ricordi di me, vero?» replicò l’uomo dai capelli candidi, con un’improvvisa risata. «Nemmeno io mi ricordo di te, guardando il tuo aspetto attuale. Un ragazzotto di campagna, con un astuccio da flauto sulla schiena. Possibile che Ishamael abbia detto la verità? Ha sempre mentito, se la menzogna gli faceva guadagnare un briciolo di vantaggio. Non ricordi niente, Lews Therin?»

«Un nome!» pretese Rand. «Chi sei?»

«Chiamami Be’lal» rispose il Reietto; si accigliò, nel vedere che Rand non reagiva al nome. «Prendila!» soggiunse, indicando la spada. «Un tempo cavalcammo in battaglia a fianco a fianco; per questo ti offro una possibilità. Una misera possibilità di salvare te stesso, di salvare quelle tre donne che intendo tenere come animali da compagnia. Prendi la spada, contadino. Forse basterà per aiutarti a sopravvivere.»

Rand rise. «Credi di spaventarmi con facilità, Reietto? Ba’alzamon stesso mi ha dato la caccia. Credi che ora avrò paura di te? Credi che mi prostrerò davanti a un Reietto, quando ho rinnegato il Tenebroso, gridandoglielo in faccia?»

«Ah, la pensi così?» replicò piano Be’lal. «Non sai proprio niente.» All’improvviso impugnava una spada, la cui lama era intagliata in fuoco nero. «Prendi Callandor ! Prendila! Da tremila anni, mentre ero imprigionato, aspetta qui. Aspetta te. Uno dei ter’angreal più potenti mai fabbricati. Prendila e difenditi, se puoi!»

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