Robert Jordan - Il Drago Rinato
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"Arrivo” pensò Mat, correndo dietro l’acchiappaladri. “Vi porterò fuori o ci lascerò la pelle! Lo giuro!"
I gong d’allarme mandarono echi a schiantarsi nella Pietra, ma Rand non prestò loro più attenzione di quella che aveva dedicato al rombo precedente, simile a tuono soffocato proveniente dal basso. Il fianco gli doleva, la vecchia ferita gli bruciava e aveva rischiato di riaprirsi per la scalata lungo il fianco della rocca. Lui non badò nemmeno al dolore. Aveva in faccia un sorriso fisso, storto, un sorriso d’anticipazione e di terrore che non avrebbe saputo cancellare neppure se avesse voluto. Era vicino, adesso. L’oggetto che aveva sognato. Callandor.
"Così finalmente sarà finita” pensò. “In un modo o nell’altro, sarà finita. Il sogno terminerà. L’adescamento, l’irrisione e la caccia. Finirà tutto!"
Ridendo fra sé, percorse in fretta i corridoi bui della Pietra di Tear.
Egwene si toccò il viso e trasalì. Aveva in bocca un sapore amaro ed era assetata. “Rand?" pensò. “Cosa? Perché nel sogno c’era anche Mat, che gridava «Arrivo!»?"
Aprì gli occhi, fissò le grigie pareti di roccia e l’unica torcia fumosa che lanciava tremule ombre. Ricordò tutto e mandò un grido. «No! Non mi lascerò incatenare di nuovo! Non porterò il collare! No!»
Subito le furono accanto Nynaeve e Elayne, con il viso pieno di lividi, l’aria troppo preoccupata e timorosa per rendere credibili le parole intese a tranquillizzarla. Ma il semplice fatto che fossero lì bastò a far cessare le urla di Egwene. Non era da sola. Prigioniera, ma non da sola. E senza collare.
Cercò di mettersi a sedere e loro l’aiutarono. Furono obbligate ad aiutarla, perché lei aveva male a tutti i muscoli. Ricordava ogni invisibile colpo ricevuto durante il putiferio che quasi l’aveva fatta impazzire nel rendersi conto che... “Non devo pensarci” si disse. “Devo pensare soltanto al modo di fuggire." Scivolò all’indietro e si appoggiò alla parete. I dolori facevano a pugni con la stanchezza: la lotta, quando si era rifiutata di cedere, le aveva prosciugato l’ultimo briciolo di forza e i lividi parevano assorbirne altra.
La cella era vuota, a parte loro tre e la torcia. Il pavimento era nudo e freddo e duro. La porta d’assi scabre, scheggiate come se innumerevoli dita l’avessero inutilmente artigliata, era l’unica interruzione delle pareti. Sulla pietra erano incisi messaggi, per la maggior parte vergati da mani incerte. La Luce abbia pietà e mi faccia morire, diceva uno. Egwene lo cancellò dalla mente.
«Siamo ancora schermate?» borbottò. Soffriva anche a parlare. Vide Elayne annuire, ma si rese conto che la domanda era superflua. La sua guancia gonfia, il labbro spaccato, l’occhio nero, erano risposta sufficiente, anche senza contare i suoi stessi dolori: se Nynaeve avesse potuto toccare la Vera Fonte, le avrebbe sicuramente Guarite.
«Ho tentato» disse Nynaeve, disperatamente. «Ho tentato, tentato, tentato.» Diede uno strattone alla treccia, lasciando filtrare la collera, malgrado la disperazione e la paura nella voce. «Una di loro se ne sta qui fuori. Amiqa, quella bamboccia dalla faccia color latte, se non ha avuto il cambio, da quando ci hanno gettato qui dentro. Immagino che una di loro basti a mantenere la schermatura.» Rise con amarezza. «Malgrado tutta la pena che si sono prese per catturarci, si direbbe che non ci considerino proprio. Sono trascorse delle ore, da quando hanno chiuso la porta; nessuno è venuto a fare domande, né a guardare, né a portarci un goccio d’acqua. Forse vogliono lasciarci qui finché non saremo morte di sete.»
«Esca.» La voce di Elayne tremò, anche se cercava chiaramente di non mostrarsi spaventata, senza riuscirci affatto. «Liandrin ha detto che siamo l’esca.»
«Esca per cosa?» domandò Nynaeve, con voce tremante. «Esca per chi? Se sono l’esca, vorrei infilarmi nella loro gola, finché non si strozzano!»
«Rand.» Egwene smise di deglutire; perfino una goccia d’acqua sarebbe stata benvenuta. «Ho sognato Rand e Callandor. Credo che Rand stia per venire qui.» “Ma perché ho sognato anche Mat?" si domandò. “E Perrin. Ho visto un lupo, ma sono sicura che si trattava di lui." «Non siate così impaurite» soggiunse, cercando di mostrarsi fiduciosa. «In qualche modo riusciremo a fuggire da loro. Abbiamo battuto i Seanchan e possiamo battere anche Liandrin.»
Nynaeve e Elayne si scambiarono un’occhiata. «Liandrin ha detto che sono in arrivo tredici Myrddraal» disse Nynaeve.
Egwene si ritrovò a fissare ancora quel messaggio graffito sulla parete: La Luce abbia pietà e mi faccia morire. Serrò i pugni. Strinse le mascelle fino a sentire male, per lo sforzo di non gridare quelle parole. Meglio la morte. Meglio la morte, che la conversione all’Ombra, l’obbligo di servire il Tenebroso!
Si rese conto di stringere fra le dita il borsello appeso alla cintura. Sentiva il contorno dei due anelli, quello più piccolo, col Gran Serpente, e quello più grosso, ritorto, di pietra.
«Non mi hanno preso il ter’angreal » disse, sorpresa. Lo tolse dalla borsa e lo tenne sul palmo: un anello con una sola faccia, tutto striature e puntini di colore.
«Contiamo così poco che non ci hanno neppure perquisite» sospirò Elayne. «Egwene, sei sicura che Rand venga qui? Preferirei liberarmi da sola, anziché aspettare, confidando sulla possibilità che intervenga lui; ma se c’è uno in grado di sconfiggere Liandrin e le altre, quello è lui. Il Drago Rinato impugnerà Callandor. Deve sconfiggerle!»
«No, se lo mettono in gabbia come noi» borbottò Nynaeve. «No, se gli hanno preparato una trappola che lui non vede in tempo. Perché fissi l’anello, Egwene? Al momento il Tel’aran’rhiod non può aiutarci. A meno che tu non veda in sogno una via per uscire di qui.»
«Può darsi» disse lentamente Egwene. «Nel Tel’aran’rhiod potrei incanalare il Potere. La loro schermatura non m’impedirà di toccarlo. Devo solo dormire, non incanalare. E di sicuro sono abbastanza stanca da prendere sonno.»
Elayne corrugò la fronte, con una smorfia per i lividi. «Correrò qualsiasi rischio» disse. «Ma come puoi incanalare in sogno, tagliata fuori dalla Vera Fonte? E se ci riesci, come puoi aiutarci qui?»
«Non lo so, Elayne. Se qui sono schermata, non significa che sarò schermata anche nel Mondo dei Sogni. Vale la pena fare un tentativo.»
«Forse» disse Nynaeve, in tono stanco. «Anch’io correrò qualsiasi rischio; però, l’ultima volta che hai usato quell’anello, hai visto Liandrin e le altre. E anche loro hanno visto te, hai detto. E se sono lì di nuovo?»
«Mi auguro proprio che ci siano» replicò Egwene, torva. «Me lo auguro.»
Strinse nel pugno il ter’angreal e chiuse gli occhi Sentì Elayne lisciarle i capelli, la udì mormorare piano. Nynaeve cominciò a canticchiare la vecchia ninnananna che le cantava quand’era piccola. Per una volta, Egwene non si arrabbiò. Le carezze e il mormorio la tranquillizzarono, le permisero d’arrendersi alla stanchezza, d’abbandonarsi al sonno.
Stavolta indossava seta azzurra, ma lo notò appena. Una brezza gentile le accarezzava il viso privo di lividi e mandava le farfalle a volteggiare sopra i fiori di campo. Non aveva più sete, non sentiva più dolori. Si protese ad abbracciare Saidar e fu inondata dall’Unico Potere. Anche il senso di trionfo per il successo fu trascurabile, di fronte all’ondata di Potere.
Con riluttanza si costrinse ad abbandonare Saidar ; chiuse gli occhi e formò nel vuoto un’immagine perfetta del Cuore della Pietra. Era l’unico posto della Pietra, a parte la cella, che poteva raffigurare: come avrebbe potuto distinguere dagli altri un informe bugigattolo? Aprì gli occhi e si trovò nel Cuore della Pietra. Ma non da sola.
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