Stanislaw Lem - Cyberiade
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- Название:Cyberiade
- Автор:
- Издательство:Marcos y Marcos
- Жанр:
- Год:2003
- Город:Milano
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«E se dovessi guardare all’interno della tua testa, anch’io vedrei soltanto elettroni» rispose Klapaucius. «Via, adesso non fingere di non capire quello che dico; so benissimo che non sei stupido! Un disco fonografico non andrà mai a fare le commissioni per te, non implorerà pietà e non si getterà in ginocchio! Dici di non poter sapere se i sudditi di Excelsius piangono, quando sono battuti, solo perché gli elettroni, dentro di loro, seguono determinati percorsi prestabiliti — come tanti ingranaggi che, girando, originano l’imitazione di una voce — o se gemono davvero, ossia perché provano realmente l’esperienza del dolore.
«Bella differenza, questa! No, Trurl, un sofferente non è una persona che ti porge la sua sofferenza, in modo che tu possa toccarla, soppesarla, morderla come una moneta; un sofferente è una persona che si comporta da sofferente! Dimostrami qui e subito, una volta per tutte, che i sudditi di Excelsius non soffrono, non pensano, non esistono in alcun modo come esseri coscienti della loro prigionia tra due abissi di oblio — l’abisso che precede la nascita e quello che segue la morte — dimostrami questo, Trurl, e io non insisterò più. Dimostrami che hai solo imitato la sofferenza e che non l’hai creata!»
«Sai benissimo che è impossibile» rispose Trurl, tranquillamente. «Ancor prima di prendere in mano gli strumenti, quando la scatola di vetro era vuota, ho dovuto prevedere la possibilità di una simile dimostrazione… per cancellarla. Altrimenti, il monarca di quel regno, presto o tardi, avrebbe avuto l’impressione che i suoi sudditi non fossero veri sudditi, ma burattini, marionette. Cerca di capire, non c’era altro modo! Qualunque cosa capace di distruggere sia pur minimamente l’illusione di una completa realtà, avrebbe distrutto anche l’importanza, la dignità di governare, facendolo diventare un semplice gioco meccanico…»
«Ti capisco fin troppo bene!» esclamò Klapaucius. «Sei partito con le intenzioni più nobili: volevi soltanto costruire il regno più naturale possibile, un regno così simile a un regno vero che nessuno potesse notare la differenza, e in questo, temo, hai avuto un successo insperato! Sono passate poche ore dal tuo ritorno, ma per loro, per le creature nella scatola di vetro, sono passati parecchi secoli… e quante creature, quante vite sprecate, al solo scopo di appagare la vanità di Re Excelsius!»
Senza una parola, Trurl ritornò di corsa alla sua astronave, e vide che l’amico lo seguiva.
Quando si trovò nello spazio, puntò la prua tra due grandi ammassi di fiamme eterne e girò fino in fondo la manetta del carburante. Klapaucius disse: «Trurl, sei proprio un caso disperato. Ogni volta, tu prima agisci e poi pensi! E adesso cosa intendi fare, quando sarai arrivato laggiù?»
«Gli toglierò il regno!» «E che cosa ne farai?»
«Lo distruggerò!», avrebbe voluto gridare Trurl, ma si fermò alla prima sillaba quando comprese che cosa stesse dicendo. Infine mormorò: «Farò le elezioni. Che si scelgano un capo onesto, uno di loro».
«Li hai programmati per essere signori feudali o vassalli. A che servirebbe un’elezione? Prima dovresti smantellare l’intera struttura del regno, per poi ricrearla da zero…»
«E a che punto» continuò Trurl «finisce il cambiamento delle strutture e inizia l’alterazione delle coscienze?»
Ma Klapaucius non aveva una risposta; il viaggio proseguì in un silenzio carico di tensione finché non avvistarono il planetoide di Excelsius. E mentre orbitavano attorno a esso e si preparavano a scendere, scorsero qualcosa di davvero straordinario.
L’intero pianeta era coperto di innumerevoli segni di vita intelligente. Ponti microscopici, semplici linee, cavalcavano ogni fiume, mentre i laghetti, su cui si riflettevano le stelle, erano pieni di barche simili a minuscole schegge di legno… E la zona notturna del pianeta era punteggiata di città scintillanti, mentre su quella diurna si scorgevano enormi metropoli, anche se gli abitanti erano troppo piccoli per essere visti, pure con la lente d’ingrandimento. Del Re non c’era alcuna traccia, come se la terra l’avesse inghiottito.
«Non è qui» sussurrò Trurl intimorito. «Che cosa ne avranno fatto? In qualche modo devono essere riusciti a uscire dalla loro scatola e hanno occupato l’asteroide…»
«Guarda!» disse Klapaucius, indicando una nuvoletta, grossa come un cucchiaino e a forma di fingo, che si alzava rapidamente nell’atmosfera. «Hanno scoperto l’energia atomica laggiù, vedi quel pezzo di vetro? E quanto resta della scatola: l’hanno trasformato in una sorta di tempio».
«Non capisco. Dopotutto, era solo un modello. Un processo con un elevato numero di parametri, una simulazione, un’imitazione che serviva a un monarca per fare pratica di regno, con i necessari feedback, le variabili, gli stati molteplici…» mormorò Truri, confuso.
«Sì, ma hai commesso un errore imperdonabile: quello di fare troppo perfetta la tua creazione. Per evitare di costruire un semplice meccanismo a orologeria, senza volere — con la tua solita pignoleria — hai dato origine a un processo non solo possibile, ma logico e inevitabile, verso un sistema aperto, il vero contrario di un semplice meccanismo chiuso entro i suoi binari…»
«Basta, basta!» esclamò Trurl, continuando a guardare l’asteroide, in silenzio. All’improvviso, qualcosa batté contro la loro astronave, di striscio. I due costruttori si girarono in quella direzione e poterono vedere l’oggetto, perché era illuminato da una sottile corona di fiamma che usciva dalla sua coda: sembrava un’astronave, o forse un satellite artificiale, anche se era assai simile a uno degli stivali di ferro che Trurl aveva visto ai piedi del tiranno Excelsius. E quando i costruttori sollevarono lo sguardo, videro un corpo celeste che orbitava attorno al piccolo pianeta — in precedenza, non c’era — e riconobbero, nella sua palla gelida e biancastra, il severo cipiglio dello stesso Excelsius, che era diventato la luna dei Microminimi.
LE TRE MACCHINE NARRATRICI DI RE GENIUS
PREMESSA
IL CAVALIERE SFERICO.
Un giorno, a casa di Trurl si presentò uno sconosciuto, ed era chiaro, non appena uscì dalla sua feluca a fotoni, che non si trattava di una persona qualsiasi, ma venuta da luoghi lontani, perché dove noi tutti abbiamo le braccia aveva soltanto un leggero soffio d’aria, dove abbiamo le gambe un lucente arcobaleno e al posto della testa un cappello con una lunga piuma; la voce usciva dal suo centro esatto, e la sua forma era quella di una sfera perfetta, una sfera di aspetto affascinante, con una fascia di tessuto semipermeabile per cintura.
Inchinandosi a Trurl, il nuovo venuto rivelò che in realtà era costituito di due personalità, la semisfera alta e quella bassa: quella alta era chiamata Sincronico, e quella bassa Sinfonico.
A Trurl parve un ottimo sistema per costruire gli esseri intelligenti: dovette ammettere di non avere mai conosciuto una persona così ben disposta, così precisa e con un così bel riflesso sulla superficie esterna.
Lo straniero ricambiò il complimento lodando la bella presenza di Trurl, poi venne allo scopo della sua visita: si presentò come intimo amico e leale servitore del famoso Re Genius e disse che voleva ordinargli tre macchine capaci di raccontargli storie.
«Il nostro grande Re e sovrano» spiegò «da tempo si è allontanato dalle attività di regno e di governo: un’abdicazione totale, cui è stato spinto da una saggezza raggiunta con l’attento studio di questo e di altri mondi. Lasciato il suo regno, si è ritirato in una caverna asciutta e ben arieggiata, e laggiù si dedica alla meditazione. Eppure, a volte la sua disposizione di spirito lo porta alla tristezza e all’autocompatimento, e in quei casi la sola cosa in grado di consolarlo sono le storie: storie nuove e inconsuete. Ma, ahimè, i pochi di noi che sono rimasti fedelmente al suo fianco hanno finito da tempo tutte quelle che conoscevano. Ci rivolgiamo perciò a te, o grande costruttore, perché tu possa divertire il nostro Re con quelle macchine che tu sai costruire tanto bene».
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