Stanislaw Lem - Cyberiade
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- Название:Cyberiade
- Автор:
- Издательство:Marcos y Marcos
- Жанр:
- Год:2003
- Город:Milano
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«Perfetto!»
«Dove l’hai messo? Lassù? Benissimo. Adesso — fermo, occorre tenere uniti i piedi. Non i tuoi, idiota, quelli dei Re! A posto, adesso? Uno, due, tre, cerca la derivata! Fa’ in fretta! Che valore ottieni?»
«PI greco».
«E la bestia?»
«Sotto una radice. Ma, guarda, il Re è ancora in piedi!»
«Ancora in piedi, eh? Scomponi in fattori tutt’e due le parti, dividi per due, passa ai numeri immaginari… bene! Adesso cambia variabili e sottrai… Trurl, che diavolo stai combinando? La bestia, non il Re! Così! Perfetto! Adesso, trasforma, approssima e risolvi per X. Sei riuscito a trovare la radice?»
«L’ho trovata! Klapaucius, guarda il Re, adesso!»
Una pausa, poi un’esplosione di risate selvagge.
Quella mattina, mentre tutti gli esperti e gli alti ufficiali della polizia segreta scuotevano la testa, con le borse sotto gli occhi dopo una notte senza riposo, i costruttori chiesero quarzo, vanadio, acciaio, rame, platino, zirconi, disprosio, ittrio e tulio, ma anche cerio e germanio, e gran parte degli altri elementi che costituiscono l’universo mondo, oltre a una certa quantità di macchine e di tecnici qualificati, per non parlare di una squadra di spie… perché i costruttori si erano fatti così insolenti da scrivere sfacciatamente, sull’elenco in triplice copia del materiale richiesto: «Inoltre, vogliate gentilmente aggiungere un congruo numero di agenti segreti delle varie specializzazioni, da scegliere a discrezione e con l’approvazione delle Autorità Preposte».
L’indomani chiesero un rifornimento di segatura, un’ampia tenda scorrevole di velluto rosso montata su piantane, con un grappolo di campanelline di vetro in centro e una nappa a ciascuno dei quattro angoli. Il tutto, fino alla più piccola campanella, era descritto nel foglio con la massima precisione.
Il Re aggrottò la fronte, quando venne a conoscenza delle richieste, ma ordinò di soddisfarle alla lettera, perché aveva dato la sua parola di sovrano. I costruttori, di conseguenza, ottennero tutto quello che volevano.
E «tutto quello che volevano» divenne sempre più incomprensibile. Per esempio, negli archivi della polizia segreta, sotto il numero di protocollo 48999/11K/T, c’era la copia di una richiesta di tre manichini da sartoria e di sei uniformi da poliziotto, complete di fusciacca, pistola, chepì, piuma e manette, nonché di tutti i numeri disponibili della rivista «Il poliziotto patriottico», compresi gli annuari e i supplementi; nello spazio sotto la dicitura «Commenti» i costruttori si impegnavano a restituire il materiale entro ventiquattr’ore dalla consegna in perfette condizioni.
In un altro settore, ancor più segreto, degli archivi della polizia c’era la copia di una lettera in cui Klapaucius chiedeva l’immediata consegna di: 1) un manichino, formato naturale, rappresentante il Ministro delle Poste in alta uniforme; e 2) un piccolo calesse dipinto di verde, con a sinistra un lume a petrolio e sul retro una scritta in azzurro: RIFLETTI.
Il manichino e il calesse furono la goccia che fece traboccare il vaso per il Capo della Polizia, che dovette lasciare la città per il lungo periodo di riposo cui aveva diritto da anni. Tuttavia, nei successivi tre giorni, i costruttori chiesero soltanto una bottiglia di olio di ricino tinto di rosso, e fu tutto.
Da quel momento in poi, lavorarono nella cantina del palazzo, martellando e cantando ballate dei marinai spaziali; la notte, dalle finestre della cantina, scaturivano lampi bluastri che davano forme spaventose agli alberi dei giardini circostanti. Trurl e Klapaucius, con i loro numerosi aiutanti, indaffarati a lavorare con archi voltaici e scintille, di tanto in tanto alzavano lo sguardo verso le facce premute contro i vetri; i servitori, fingendo una curiosità oziosa, fotografavano ogni loro mossa.
Quella sera, quando i due costruttori, esausti, si decisero finalmente a trascinarsi fino al letto, le varie componenti dell’apparecchiatura cui stavano lavorando vennero rapidamente caricate su un dirigibile privo di targa e trasferite al quartier generale della polizia: laggiù vennero rimontate da diciotto dei migliori roboticisti del paese — che per l’occasione avevano prestato giuramento ed erano stati messi sul libro paga della polizia segreta.
Quando i diciotto ebbero terminato la ricostruzione, la «bestia» costruita da Trurl e Klapaucius risultò essere un grosso topo grigio di latta, che soffiava bolle di sapone e mollava da sotto la coda una striscia di polvere di gesso. Il topo prese a muoversi rapidamente avanti e indietro sul bancone in modo da scrivere, con il gesso: AHIME’, NON CI AMATE PIU’ COME UNA VOLTA. Mai, nel corso dell’intera storia del regno, fu necessario sostituire con tanta rapidità il Capo della Polizia.
Le uniformi, i manichini, la carrozza verde, perfino la segatura, tutto quello che — come promesso — era stato restituito dai costruttori venne esaminato attentamente al microscopio elettronico.
Ma a parte un microscopico foglietto infilato nella segatura e contenente la scritta SEMPLICE SEGATURA, non c’era niente di anomalo. Poi venne esaminata a livello subatomico qualche elemento della carrozza e delle uniformi… con analogo risultato negativo.
Alla fine giunse il giorno in cui il lavoro fu completo. La «bestia», che pareva un grosso veicolo, montato su parecchie centinaia di rotelline — poco più di un cassone con una porta, che faceva subito pensare a un enorme frigorifero — venne spinta faticosamente fino all’ingresso principale e il portellone fu aperto alla presenza di testimoni e di funzionari; Trurl e Klapaucius presero la tenda, quella con le nappe e i campanellini, e la portarono all’interno, proprio in mezzo al vano.
Poi i due costruttori entrarono a loro volta, chiusero la porta, rimasero all’interno per qualche minuto, infine uscirono e andarono a prelevare in cantina vari barili contenenti sostanze chimiche — ogni sorta di polveri finemente macinate: grigie, argentee, bianche, gialle, verdi — e le sparsero ai piedi della tenda, dentro la tenda, tutt’in giro.
Uscirono dal veicolo, fecero chiudere la porta da uno dei presenti, consultarono l’orologio e contarono tutt’e due fino a quattordici e mezzo… e in quel momento, con grande stupore dei presenti, perché il veicolo era fermo e al suo interno, con la porta chiusa, non poteva soffiare alcuna brezza (la chiusura era ermetica) si udirono tintinnare le campanelle di vetro. I due costruttori si strizzarono l’occhio e dissero in coro ai funzionari del Re: «Potete prenderla, adesso!»
Il resto della giornata lo passarono a fare bolle di sapone appoggiati alla ringhiera della veranda. Quella sera giunse Lord Protozoro, Ministro della Caccia Reale, accompagnato da una scorta, e li informò con cortesia, ma in tono fermo, che dovevano accompagnarlo immediatamente in un luogo stabilito. Disse loro che dovevano lasciare tutto ciò che possedevano, compresi i vestiti.
In cambio, Trurl e Klapaucius ricevettero degli stracci e vennero messi in catene. Le guardie e i funzionari di polizia presenti si stupirono del loro perfetto sangue freddo. Invece di chiedere giustizia o di tremare di paura, Trurl si mise a ridere, quando il fabbro gli inchiodò i ferri alle caviglie, e disse che gli facevano il solletico. E quando vennero gettati in un carcere cupo e spaventoso, i due costruttori si misero a cantare «Dondola piano, dolce software».
Intanto il possente Re Krool uscì dal villaggio, sul suo possente carro da caccia, circondato da tutta la sua corte e seguito da un lungo corteo di cavalieri e di macchine, che comprendeva non soltanto le tradizionali catapulte e i mortai, ma anche enormi cannoni laser e bazooka a raggi beta, nonché un proiettore di catrame capace di immobilizzare qualunque manufatto che camminasse, nuotasse, volasse o rotolasse.
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