Ma mentre questa conversazione aveva luogo, un gruppo di cavalieri armati fece irruzione all’interno della corte. Li comandava Petru Aron, acerrimo rivale del principe di Moldavia.
Il padre di Stephen, il principe Bogdan, fu orrendamente trucidato. Dracula riuscì a mettersi in salvo, ritrovandosi ancora una volta solo e in balia di un destino di cui non riusciva a essere l’artefice.
Ma la sorte questa volta fu benevola col principe: János Hunyadi, impensierito dal tradimento di Danesti, decise di riporre in Vlad Dracula le sue speranze. Avrebbe saputo indirizzare quel giovane virgulto verso la luce del sole.
Agosto 2004
Sara Terracini si morse il labbro inferiore. Era sempre più coinvolta dai risvolti di quella vicenda. Doveva fare presto: il suo amico si era appena fatto vivo con un messaggio di posta elettronica e sembrava ansioso di conoscere l’intera storia. Represse un moto di stizza: nessun altro si permetteva di farle pressione in quel modo. Ma era altrettanto vero che nessun altro era in grado di trascinarla con tanto entusiasmo nelle sue avventure.
Dal diario di Asher Breil, Bucarest, 1968.
… già, tua madre. Voglio che tu mi creda, Oswald: non avevo mai avuto occhi per nessun’altra donna. Aliah era ed è per me la più bella e la migliore. Eppure, quando poco tempo fa mi sono trovato davanti quella donna, ti confesso che la sua bellezza è stata in grado di far vacillare ogni mia convinzione.
«Molto lieta, dottor Breil», aveva detto, tendendomi la mano con un gesto amichevole e sensuale allo stesso tempo. Parlava un perfetto inglese, o meglio un perfetto americano con l’accento del Sud.
L’avevo invitata a sedersi, inebriato dal suo profumo.
Lei aveva accavallato le gambe lunghe e mi osservava con gli occhi verdi come il mare.
«Mi hanno detto di rivolgermi a lei per effettuare un’operazione bancaria estera.»
«Lei conosce certamente le restrizioni di questo paese: le operazioni estere sono consentite soltanto ai vari ministeri e dietro presentazione di un giustificati…»
«Proprio del giustificativo le vorrei parlare», disse la donna, estraendo dalla borsetta un foglio. «Credo lei riconosca la firma.»
L’ordine di spostare la somma di cinquecentomila dollari americani da un conto riconducibile a Nicolae Ceausescu su un altro conto cifrato, a me sconosciuto, recava in calce la firma del conducator. Era la prima volta che Ceausescu si esponeva in prima persona in quel genere di operazioni.
«Ogni suo desiderio è per me un ordine, signora.»
«Davvero?» I suoi occhi erano capaci di mettere a repentaglio ogni mia certezza.
Dopo quel giorno l’avevo rivista molte volte e non nego di aver perso la testa per lei. Ci incontravamo in un appartamento all’ultimo piano in strada Dobrescu, una via centrale di Bucarest. Facevamo l’amore e poi tornavamo ciascuno alle rispettive occupazioni. Ma ti assicuro che non ho fatto mai mancare nulla a tua madre. Nemmeno l’affetto.
Jenica Mantu, così si chiamava, mi aveva detto di avere sangue ungherese da parte di padre, ma sua madre era rumena. I suoi si erano trasferiti negli Stati Uniti, dove lei era cresciuta. Il febbrile ritmo di vita americano non le era però mai piaciuto e così aveva deciso di prendersi un periodo di riflessione nel paese che aveva da sempre nel cuore: la Romania. Non le avevo mai chiesto apertamente quali fossero i rapporti che la legavano a Ceausescu, ma non mi ero scordato l’ingente bonifico che avevo effettuato dietro ordine espresso del conducator.
Sapevo bene che una donna come Jenica Mantu corrispondeva perfettamente all’immagine dell’agente segreto. E sapevo che allora la Securitate rumena era intenta a dispiegare ovunque i suoi pericolosi tentacoli.
Un giorno si stava rivestendo. Si era alzata dal letto ed era andata in bagno. La sua borsetta era posata sulla sedia.
Non fu la pistola automatica che rinvenni nella borsa a mettermi in allarme, ma un oggetto raro e prezioso: una spilla raffigurante un drago alato. Il simbolo dell’appartenenza all’antico Ordine del Drago appariva fuori posto nella borsetta di una donna.
«Non abbiamo vinto che una battaglia, signori», aveva detto Oswald ai suoi compagni di viaggio, mentre l’Executive dell’FBI stava riportandoli in territorio americano.
Deidra Blasey aveva accettato di buon grado il passaggio offertole, dato che le sue lezioni presso la forza di pace ONU di stanza a Cipro erano terminate.
Anche il sergente Kingston si era unito al gruppo.
Nel corso del viaggio, Oswald aveva aperto il computer portatile e attivato la connessione satellitare.
Avrebbe letto in un secondo tempo la pagina inviatagli da Sara: il viaggio verso gli Stati Uniti era ancora lungo. Aprì la mail che gli aveva spedito il fedele capitano Bernstein: Oswald sapeva che il responsabile della Sezione 8200, l’efficiente apparato archivistico e tecnologico del Mossad, non era solito scrivere messaggi a meno che non fosse più che necessario e, quando lo faceva, era molto… telegrafico.
Breil attese che i programmi segreti e inviolabili del suo computer decifrassero la missiva di Bernstein. Quindi la lesse un paio di volte, incredulo.
‹SALVE, MAGGIORE BREIL. COME VANNO GLI SVILUPPI DELLA SUA VICENDA PERSONALE? SPERO BENE. NON CREDA CHE LE SUE FACCENDE PRIVATE NON DESTINO INTERESSE. ANCHE LA COLONNELLO BORS MI CHIAMA PER SAPERE SE SONO RIMASTO SODDISFATTO DEL LAVORO. CREDO NON CAPISCA IL MOTIVO PER CUI IL MOSSAD SI INTERESSI, OGGI, A QUEGLI APPUNTI. NATURALMENTE HO OMESSO DI DIRE CHE QUELLE VICENDE INTERESSANO LEI DIRETTAMENTE, MA SONO CONVINTO CHE L’INTERA STORIA ABBIA POCHI SEGRETI PER L’EX UFFICIALE DELLA SECURITATE.
SAPENDOLA IMPEGNATA IN MISSIONE A CIPRO HO ANCHE LAVORATO SULL’ELENCO DI SOSPETTABILI COMPILATO DALL’FBI CHE LEI MI HA FATTO PERVENIRE. UTILIZZANDO GLI STESSI ARCHIVI DEI FEDERALI AMERICANI E INSERENDO LA VARIABILE CIPRIOTA NELLE DESTINAZIONI, IL NUMERO DEI SOSPETTABILI SI RIDUCE DRASTICAMENTE. GUARDI UN PO’ CHI SI TROVA IN CIMA ALLA LISTA! RITENEVO DOVEROSO INFORMARLA. LE ALLEGO ANCHE UNA SCHEDA PERSONALE DEL SOGGETTO IN QUESTIONE. NON SI PUÒ DIRE CHE NON ABBIA LE SUE RAGIONI PER RECLAMARE VENDETTA NEI CONFRONTI DEI MUSULMANI.›
Breil scorse la lista e rimase incredulo: il primo nome che figurava, oltre a pochi altri che non si soffermò neppure a visionare, era quello di Deidra Blasey, il colonnello degli artificieri dei marine che tanto aveva contribuito a sventare l’attentato nello stadio di Cipro.
‹HO PRESO NOTA DEL SUO SUGGERIMENTO, CAPITANO›, rispose Breil. ‹IN QUESTO MOMENTO MI TROVO IN VOLO SULL’ATLANTICO E, A POCHI SEDILI DI DISTANZA DA ME, SIEDE IL NOSTRO SOSPETTATO NUMERO UNO. È ANCORA PRESTO PER GIUNGERE A DELLE CONCLUSIONI, MA STARÒ CON GLI OCCHI BENE APERTI.›
«Che cosa le succede, dottor Breil?» disse una voce femminile alle sue spalle. «Sembra che la lettura della posta abbia suscitato in lei una certa apprensione.»
«Ha colto nel segno, colonnello Blasey. Ha proprio colto nel segno», ripeté Oswald preparandosi a un’altra notte insonne: non doveva perdere di vista nemmeno per un attimo il principale indiziato della sua inchiesta. Anche a bordo di un aereo il Giusto sarebbe stato capace di preparare qualche brutta sorpresa, sempre ammesso che dietro l’efficiente colonnello artificiere si celasse un pericoloso assassino. Il sesto senso di Oswald lo faceva propendere verso un certo scetticismo: stentava a credere al coinvolgimento della Blasey, anche se l’essersi esposta in prima persona per neutralizzare gli ordigni nello stadio cipriota poteva far parte di una messa in scena architettata dalla mente perversa del Giusto. Era anche vero che il trauma di vedere l’unico figlio straziato da una bomba avrebbe potuto sconvolgere la più sana delle menti.
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