Marco Buticchi - L'anello dei re

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Un attentato a New York semina il panico tra la popolazione, ma si tratta solo di un primo caso di una serie di agguati verso la popolazione musulmana. Il rivendicatore si firma “Giusto in nome di Dio” e imprime sulle sue lettere il sigillo a 6 punte del re Salomone. Si alternano quindi le vicende dei possessori dell’anello. Dalla Venezia del 1300 si passa al fronte carsico della Grande Guerra e poi fino alla dittatura di Ceausescu in Romania.Questi flash-back si alternano alla ricerca del “Giusto” da parte di Oswald Breil e Cassandra Ziegler. Dopo numerosi colpi di scena , intrighi di potere, di cui sono protagonisti anche personaggi realmente esistiti, i protagonisti riescono a scoprire la vera identità del “Giusto” e evitare l’ennesimo massacro.

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La linea ferroviaria era di basilare importanza strategica per l’intero fronte orientale. Due erano le direttrici del percorso ferrato. Dopo il tratto a binario unico, dal Cairo a Ismailia, la linea si sdoppiava: una dirigeva verso la costa e la seguiva sin quasi a Gaza, l’altra, invece, virava a sud e raggiungeva Suez.

Lungo quest’ultima stava procedendo, tra nubi dense di vapore, la locomotiva inglese GWR1441 che pareva ormai aver perduto l’originale colore verde, ricoperta com’era dagli strati di sabbia incrostati ovunque.

La brezza che irrompeva dal finestrino era l’unico sollievo al caldo soffocante che imperava in quel mese di luglio del 1917. Il convoglio aveva costeggiato il Grande e il Piccolo lago Amaro lasciandosi alle spalle, appena visibile sull’altra sponda, il villaggio di Shallufa.

Sciarra pensò all’incontro che aveva avuto con Allenby il mattino precedente: il comandante in capo delle forze alleate in Medio Oriente sedeva dietro una scrivania massiccia, dondolandosi su una poltrona che sembrava stesse per cedere da un momento all’altro, vista la mole del generale inglese. Allenby parlava guardando negli occhi l’interlocutore solo a tratti, tradendo un’insicurezza inconsueta nell’alto ufficiale.

«Credo che il vostro compito non sarà facile, colonnello. In ogni caso il fatto che voi parliate correttamente diversi dialetti arabi potrà senza dubbio esserci d’aiuto. Va detto, inoltre, che quello che voi vi proponete di fare, e cioè indurre alla rivolta le tribù arabe che ancora non si sono schierate, è già in parte stato fatto da un nostro ufficiale negli ultimi due anni. I risultati del suo operato cominciano a vedersi soltanto adesso. Credetemi, non c’è una grande amicizia — credo sia cosa reciproca — tra me e il colonnello Thomas Edward Lawrence. Devo però ammettere che l’opera di colui che qui chiamano El Lawrence sta mietendo molti successi. Alcuni giorni fa le sue truppe — poco più che un’accozzaglia di beduini — sono riuscite nella non facile impresa di conquistare Aqaba. Mi risulta che il colonnello sia in viaggio per Suez in questo momento. Credo che fare una chiacchierata con lui possa esservi di grande aiuto. Lawrence è stato già avvertito del vostro arrivo.»

«Vuol dire quel colonnello Lawrence?»

«Non ne conosco altri.»

Nella mente di Sciarra, mentre il treno lo portava a destinazione, l’immagine del generale Allenby lasciò il posto a quella ben più piacevole di Kimber. Con un fremito di eccitazione, il suo pensiero si concentrò sul corpo sensuale e caldo, sulle promesse che si erano scambiati, sulle lenzuola candide che avevano accolto la loro prima notte d’amore.

Lo sguardo di Sciarra si perdeva nel deserto che fiancheggiava la linea ferrata. La distesa di dune sapeva trasmettere le stesse sensazioni di tranquillità mista a timore che il mare sa infondere al navigatore. E infatti di un mare, seppure solido, si trattava. Un mare di dune in movimento, capace di muoversi ondeggiando, e di nascondere o scoprire i segreti che lo abitano.

I segreti dei secoli… L’Anello dei Re.

Accompagnato dallo sferragliare delle ruote sui binari e dal chiacchiericcio dei soldati stipati nel vagone, Sciarra si accinse a scrivere la sua prima lettera al tenente Petru. Utilizzò, così come si erano ripromessi salutandosi, il linguaggio criptato che avrebbe reso indecifrabili a chiunque le loro missive.

Ma dopo le prime righe, Sciarra si fermò, perso nel ricordo delle loro molte avventure.

La sabbia del deserto pareva confondersi con l’azzurro del cielo per effetto del miraggio, quando all’improvviso sbucarono da dietro le dune i cammelli cavalcati dai beduini. Il grido di battaglia superò lo sferragliare del treno, mentre i nomadi caricavano il convoglio sparando all’impazzata.

Il colonnello Sciarra ebbe appena il tempo di vedere la marea di abiti bianchi, chiamati thob , ondeggiare come un mare in tempesta. Le figure dei cavalieri, distorte dall’effetto del miraggio, seguivano l’andatura oscillatoria dei cammelli lanciati al galoppo. Le prime pallottole che si infransero contro le pareti del vagone riportarono alla realtà il colonnello italiano, destandolo da uno stato quasi ipnotico.

«Presto, mettetevi al riparo e caricate le armi!» gridò Sciarra in inglese agli occupanti della tradotta.

Gli uomini obbedirono agli ordini del più alto in grado senza fare obiezioni, sebbene quell’ufficiale vestisse la divisa di un esercito che, benché fosse alleato, non era il loro.

Il primo a essere colpito a morte fu un giovane militare, rimasto in piedi per liberare la carabina assicurata con i legacci allo zaino.

Erano trascorsi solo pochi istanti dall’allarme e già le mitragliatrici e i fucili degli inglesi stavano rispondendo al fuoco nemico.

I cammelli avanzavano al galoppo e, contemporaneamente, i cavalieri facevano compiere agli animali improvvisi scarti laterali. Questo rendeva molto difficile sparare a colpo sicuro dal treno in corsa. I beduini cavalcavano seduti di lato e stringevano il calcio del fucile tra la guancia e la spalla mentre, col braccio libero dalle briglie, tenevano il fucile in asse e premevano sul grilletto. Non erano dotati di armi moderne: molti dei loro fucili, caratterizzati da una canna di lunghezza inusuale, erano ancora ad avancarica. Ciononostante i loro proiettili — e le loro sciabole in caso di scontro corpo a corpo — non erano meno letali di quelli inglesi.

Le ruote del convoglio stridettero e gli occupanti dei vagoni faticarono non poco a resistere agli effetti della brusca frenata. Molti dei bagagli caddero a terra.

«È molto probabile che abbiano sbarrato i binari», disse ancora Sciarra, rivolto al suo attendente. «Sono almeno quattro volte più numerosi di noi. Non riusciremo ad avere la meglio su di loro.»

L’esperienza della guerra aveva acuito in Rocco quella scaltrezza, mescolata al buon senso, tipica dei contadini del Sud Italia. «Signore, sono un ottimo cavaliere. Se riuscissi ad arrivare sino al carro bestiame, che mi sembra sia il prossimo vagone verso la testa del treno, potrei tentare una sortita in cerca di aiuto», disse il militare siciliano rivolto al suo superiore, con una luce di fredda determinazione nello sguardo.

«Davvero ve la sentite, soldato?» chiese Sciarra.

«Certo. So bene che il rischio di morire per mano dei beduini è alto, ma preferisco morire in sella a un cavallo, mentre sto tentando di tirarci fuori dai guai, che chiuso dentro questo vagone.»

I due strisciarono sul fondo della carrozza, sino a che non giunsero in prossimità del ballatoio che fungeva da passaggio tra un vagone e l’altro.

Sciarra si sporse e si accertò che i nemici fossero impegnati in coda al treno, ove le mitragliatrici a difesa del carico rappresentavano la maggiore sacca di resistenza. Sciarra e il suo attendente balzarono quindi da un vagone all’altro senza essere visti e si ritrovarono sotto il carro bestiame.

Rocco estrasse la pistola ed esplose un colpo in direzione del catenaccio, scardinandolo. Fulminei entrarono nel vano del vagone appena in tempo per evitare il colpo di fucile di un beduino che si era accorto della loro manovra.

Gli animali scalciavano, impauriti dal rumore della battaglia. Rocco slegò un cavallo arabo dai colori chiari, lo montò a pelo e piantò i tacchi degli stivali nel ventre dell’animale nel momento in cui Sciarra spalancava la porta scorrevole. Rocco e lo stallone arabo saltarono nel vuoto.

Il beduino, che era rimasto in attesa, prese la mira con calma, puntando la lunga canna del suo fucile sulla schiena di Rocco che si allontanava. Sciarra gli fu addosso proprio mentre sparava.

I due si avvinghiarono e caddero nella polvere. Sciarra vide la lama balenargli a poca distanza dalla gola, inarcò la schiena e fece leva sulle reni con la forza della disperazione. Riuscì a liberarsi dalla presa del suo nemico che rotolò su se stesso. Quando il beduino riacquistò padronanza dei movimenti era ormai troppo tardi: il pesante sasso dalla punta aguzza che Sciarra teneva nelle mani si abbatté con violenza sul suo cranio, sfondandolo.

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