Il direttore dell’FBI, Conrad Deuville, era in piedi in fondo all’aula con le spalle alla lavagna. Di fronte a lui, seduti su seggiole munite di tavolino pieghevole, stavano Cassandra, Oswald Breil e quattro agenti. Si trattava delle uniche persone che, in quel momento, erano a conoscenza del fatto che alcuni pezzi grossi dell’FBI non avevano tralasciato le indagini sul Giusto e i suoi attentati.
A dire il vero le sollecitazioni ricevute dal presidente degli Stati Uniti d’America avevano autorizzato in maniera informale il proseguimento di un’indagine parallela; un’indagine che Cassandra e il suo superiore, del resto, non avevano mai abbandonato del tutto.
La proiezione delle diapositive e dei filmati riguardanti le imprese del Giusto durò una cinquantina di minuti e quasi altrettanti l’intervento del direttore dell’FBI. Quindi toccò a Cassandra Ziegler.
Oswald possedeva, a dir poco, la stessa esperienza di quelli che stavano tenendo la lezione, ma non sembrava per nulla a disagio, anzi mostrava un sincero interesse. «Ogni persona può esserti utile, ogni notizia può salvare vite, ogni confidenza deve essere ricordata e tirata fuori al momento opportuno»: questo motto, che aveva fatto suo dai tempi del primo arruolamento nei servizi, era risultato prezioso in più di un’occasione. Oswald ascoltava con attenzione e cercava di memorizzare le immagini che avrebbero potuto tornargli utili ai fini delle indagini.
«Agenti, voi non avete ancora avuto modo di incontrare il dottor Oswald Breil», disse Cassandra rivolta ai tre uomini e alla donna che si trovavano con loro. «Ma sono certa che le gesta del dottor Breil vi sono note. Sono lusingata che egli abbia accettato di aiutarci in questa indagine. Oswald, a lei la parola.»
Breil si alzò e si pose a lato della lavagna. «Ho osservato le immagini e ho ascoltato le relazioni dei dirigenti dell’FBI. Non nego che la prospettiva di un’immediata soluzione del caso sembra molto lontana. Detto in parole povere: brancoliamo nel buio. A quanto ho avuto modo di vedere, il Giusto in nome di Dio è un nemico esperto, attento ai particolari sino alla maniacalità, capace di far saltare in aria le tribune di un autodromo o un convoglio di navi con la stessa facilità con cui un fumatore si accende una sigaretta. Va anche detto che il carattere non ufficiale della nostra indagine limita, e di molto, i mezzi di cui altrimenti potremmo disporre. Non dobbiamo però pensare a questa ridotta potenzialità solo nel suo aspetto negativo. Non dimentichiamo inoltre che l’unico indirizzo a cui il Giusto è solito inviare i suoi messaggi pare essere quello di Cassandra Ziegler. Una piccola squadra bene addestrata, spesso, può rivelarsi più efficace di mastodontiche strutture composte da burocrati con l’aspetto di agenti speciali.»
Ci fu un istante di silenzio.
Oswald guardò i suoi interlocutori e continuò: «La mia parte in questa iniziativa è quella di un ospite e l’ospite può soltanto consigliare il padrone di casa, mai imporre la sua volontà. Credo si debba agire a tutto campo, senza scartare nessuna ipotesi, tenendo conto che la dimensione di ciascun attentato — in termini di numero delle vittime e conseguenze dirette — cresce in maniera esponenziale. Mi auguro che questa bramosia induca il Giusto a commettere un passo falso».
Sara Terracini guardò fuori dalla finestra del suo studio: Roma si stava svegliando in una calda mattina primaverile. Roma si stava svegliando, ma lei no. Quella notte non aveva chiuso occhio, seduta di fronte ai documenti che Breil le aveva consegnato.
«Breil… chissà in quale avventura hai deciso di cacciarti adesso…?» si chiese con una punta di nostalgia. Guardò l’orologio, fece rapidamente i calcoli di che ora fosse sulla East Coast e si accinse a scrivere il messaggio.
«Ho imparato», riprese Breil di fronte ai due dirigenti e agli agenti dell’FBI, «che spesso la Storia ci viene in aiuto nel risolvere problemi che a noi inquirenti appaiono senza soluzione. I modelli della Storia… provate a pensare. C’è forse stato qualche episodio analogo a quello del Giusto? Non pensate a un castigatore di innocenti di religione musulmana… pensate a un esperto di esplosivi imprendibile…»
Tutti rimasero in attesa di conoscere dalla voce di Breil la risposta al quesito.
«La sua carriera di bomber è durata circa diciotto anni, senza che nessuno riuscisse a prenderlo…» suggerì ancora Oswald.
«Bomber… bomber…» Il cervello di Cassandra stava macinando, sino a che la donna esclamò: «Unabomber!»
«Esatto, Cassandra. Ted Kaczynski, noto come Unabomber, terrorizzò l’America per poco meno di un ventennio a partire dal 25 maggio 1978…»
«Ricordo bene quella storia», intervenne il più anziano degli agenti. «Unabomber derivava da un acronimo delle parole University Airlines Bomber. Le università e le linee aeree parevano i bersagli preferiti dal terrorista… Mi sembra anche che firmasse le proprie malefatte…»
«Giusto, agente Few», riprese Breil, «da qualche parte, all’interno dei pacchetti esplosivi, incideva le iniziali F.C.; un altro punto in comune col Giusto, che appone il sigillo del Re dei Re. Valuteremo poi gli ulteriori punti in comune tra i due. Per adesso concentriamoci sulle dissonanze. Almeno su quelle più evidenti: il Giusto sembra essere più preciso ed esperto nel maneggio di esplosivi. Spesso gli ordigni confezionati da Unabomber erano artigianali: molte volte non esplodevano completamente e ciò accadeva a causa di palesi errori del terrorista. Una volta riempì una tanica innescata con troppa benzina, togliendole l’aria necessaria alla combustione. Il nostro terrorista ha possibilità di muoversi in ogni direzione. Unabomber ha colpito soltanto in America, in un primo periodo nella sola zona di Chicago.»
«Ricordo che Unabomber osservava, come il nostro, lunghi periodi di silenzio…»
«Esattamente, Few. Nel giugno del 1980 Percy Wood, allora presidente della United Airlines, ricevette un libro — Ice Brothers , era il titolo — che gli esplose tra le mani, mentre stava aprendo il pacco. Wood sopravvisse, ma subì gravissime ferite. Dopo quell’attentato Unabomber rimase in letargo per sedici mesi. I suoi misfatti avevano in comune la firma F.C. e un ulteriore marchio distintivo: la presenza di legno — o della parola ‘legno’ — nella scelta dei materiali da usare o dei soggetti da colpire. Nel caso di Percy Wood il legno ricorreva quattro volte: il libro esplosivo era indirizzato al signor Wood, conteneva frammenti di legno che avevano la funzione di shrapnel, il testo era pubblicato dalla Arbor che, a sua volta, possiede un albero come logo. In quel periodo le tre agenzie che si stavano occupando del caso — polizia postale, ATF (Agency of Alcohol, Tobacco and Fireworks) ed FBI, senza contare gli innumerevoli collaboratori privati o uffici di sicurezza di compagnie aeree — avevano dinanzi a loro una lista di settantamila sospettabili. Un po’ quello che ora sta succedendo a noi: il numero di papabili di allora corrisponde a quello di adesso, sempre se limitiamo le nostre indagini ai soli candidati statunitensi. Ma cambiamo brevemente discorso.» Un sorriso si palesò sul volto di quello che, visto da lontano, poteva apparire come un bambino interrogato alla lavagna, quindi Oswald riprese nel silenzio generale. «A proposito di consulenti… nel corso delle indagini dell’attentato a Oklahoma City sapete chi hanno interpellato gli inquirenti per risolvere il caso?»
«Ted Kaczynski!» esclamò la Ziegler, intuendo dove Breil voleva andare a parare.
«Esatto, Cassandra, e pare che le informazioni rilasciate ai servizi segreti da Unabomber si siano rivelate molto utili per catturare l’autore della strage, Timothy McVeigh.»
«Cerchiamo di sapere in quale delle patrie galere si trovi Kaczynski e otteniamo un colloquio. Vuole parlarci lei direttamente o preferisce che sia uno di noi a interrogarlo, dottor Breil?»
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