Marco Buticchi - L'anello dei re

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Un attentato a New York semina il panico tra la popolazione, ma si tratta solo di un primo caso di una serie di agguati verso la popolazione musulmana. Il rivendicatore si firma “Giusto in nome di Dio” e imprime sulle sue lettere il sigillo a 6 punte del re Salomone. Si alternano quindi le vicende dei possessori dell’anello. Dalla Venezia del 1300 si passa al fronte carsico della Grande Guerra e poi fino alla dittatura di Ceausescu in Romania.Questi flash-back si alternano alla ricerca del “Giusto” da parte di Oswald Breil e Cassandra Ziegler. Dopo numerosi colpi di scena , intrighi di potere, di cui sono protagonisti anche personaggi realmente esistiti, i protagonisti riescono a scoprire la vera identità del “Giusto” e evitare l’ennesimo massacro.

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«Adil!» esclamò cercando di insegnare a se stessa il suo nuovo nome. «Adil!» ripeté ancora, mentre il suo sguardo correva al basso ventre, dove cominciava a spuntare una leggera peluria.

Donato Bioca era riuscito a introdursi, non senza fatica, fino al terzo piano del palazzo e ora, appiattito contro il muro, spiava attraverso la porta socchiusa della stanza colei che aveva creduto essere un fanciullo. I suoi sforzi erano stati premiati e già pregustava la soddisfazione che la riconoscenza del nobile Campagnola gli avrebbe procurato.

Aveva ragione il componente del Consiglio a nutrire sospetti sul giovane apprendista: se non si ingannava, quello che Giròn aveva appena avuto modo di osservare era ben diverso dal corpo di un giovinetto.

Bioca si fregò le mani: la storia della figlia rinnegata e del pirata saraceno con il quale si diceva che lei avesse generato una figlia del Demonio una decina d’anni prima gli era giunta alle orecchie. Forse quel giovane apprendista… quella giovane apprendista…

Un colpo sordo e letale lasciò in sospeso per sempre il quesito. Il pugno serrato di Wu aveva raggiunto Donato Bioca in pieno viso. Una sorta di maglio di acciaio era calato tra l’osso dello zigomo e l’attaccatura della mascella frantumando sia l’uno che l’altra in una miriade di piccoli pezzi. La testa era schizzata all’indietro, torcendosi di lato in maniera innaturale.

L’intervento fulmineo di Wu aveva mandato all’altro mondo il malvivente in una frazione di secondo.

Crespi si chinò sul corpo che giaceva privo di vita in un corridoio della casa. Ne illuminò il volto con una lucerna e quindi emise il suo verdetto: «Si tratta del Giròn», affermò il veneziano senza esitazione, rivolto a Humarawa. «È lo stesso uomo che in piazza San Marco mi ha fatto tutte quelle domande. Dobbiamo agire con molta attenzione: la sua presenza in casa nostra e proprio di fronte alla stanza di… Adil è la prova che Campagnola sospetta qualche cosa.»

10

Marzo 2003

Deidra Blasey si volse verso la distesa di divise color cachi. Molti dei marine tenevano il capo chino in quel lembo di deserto dimenticato dal Dio dei cristiani. Quei ragazzi stavano pregando, affidando al vento sabbioso di al Ratka, nell’Iraq meridionale, i loro desideri e le loro speranze.

Il colonnello Deidra Blasey con gesto meccanico si segnò con la croce quando il cappellano militare alzò le braccia al cielo e impartì la benedizione alla truppa. Poco dopo quei giovani soldati sarebbero saliti a bordo dei mezzi militari e avrebbero marciato verso Baghdad.

Il compito principale del plotone di Deidra poteva dirsi compiuto: gli accessi alle strade di grande percorrenza erano stati bonificati. Le vie di comunicazione verso la capitale avrebbero dovuto essere spianate, fatta eccezione per le mine disseminate dall’esercito iracheno in ritirata.

Deidra e i suoi, da quel momento in avanti, avrebbero operato nelle retrovie, tenendosi però sempre pronti a intervenire anche in prima linea.

La vista dei giovani marine riaprì la ferita nel cuore della donna. Chissà se suo figlio Martell si era inginocchiato e aveva pregato Dio, prima che una bomba lo facesse saltare in aria.

«Siamo a buon punto, signore.» Le parole del sergente Kingston avevano il potere di farle mettere da parte le sue fragilità di madre e di ricondurla alla realtà. «Pare che l’aviazione stia radendo al suolo ogni obiettivo strategico. Le bombe intelligenti stanno facendo piazza pulita», disse il corpulento sottufficiale, con un sorriso soddisfatto.

«Io non riesco a provare molta soddisfazione per il progresso delle bombe intelligenti, sergente», disse il colonnello. «Il loro progredire va di pari passo con quello delle mine: mentre alcuni mostrano entusiasmo per nuovi e sempre più sofisticati ordigni, altri muoiono mettendo il piede su un detonatore nascosto.»

Quindi Deidra si volse verso la coda di veicoli militari che, con i fari accesi, andavano incontro all’alba nel deserto. «Dio benedica quei ragazzi», disse ancora il colonnello dei marine e, insieme al sergente Kingston, rimase a osservare la lunga fila di Hummer e mezzi pesanti in marcia verso Baghdad.

Cassandra Ziegler entrò nell’ufficio del direttore con l’aria di chi sta cercando un complice per un colpo grosso.

«Per quanto ne so, non penso che il Congresso potrebbe accusarci di depistaggio…» esordì l’avvenente collaboratrice di Deuville.

«Che cosa intendi dire, Cassandra?»

«Che il Giusto in nome di Dio continua a spedire a noi i suoi messaggi. Nulla ci vieta, prima di passarli ai cugini della CIA, di dargli un’occhiatina…»

«Non credo che questo comportamento sia del tutto in linea con le volontà del Congresso…»

«L’ultima rivendicazione è stata inoltrata alla CIA poche ore dopo l’avvenuto ricevimento da parte del nostro ufficio postale interno», continuò la donna. «Nessuno ci potrà mai accusare di ingerenza in un’indagine federale.»

«Che cosa diceva la nuova dichiarazione dell’attentatore?» In parte tranquillizzato dalle ragioni addotte dalla sua sottoposta, Deuville cominciava ad appassionarsi al gioco.

La città di Arbil, nel Nord dell’Iraq, era passata sotto il controllo delle milizie curde verso la metà del mese di marzo. Gli iracheni rimasti avevano approfittato dei pochi giorni di tregua, garantiti dalla presenza delle truppe americane al fianco di quelle curde, per sistemare i loro affari. Tutti sapevano che, non appena gli americani avessero lasciato alle truppe alleate la gestione completa del territorio, si sarebbero scatenate ritorsioni e vendette. Quasi tutti gli iracheni avevano quindi deciso di radunare le proprie cose e mettersi in marcia lungo l’unica direttrice che si potesse seguire, quella che dirigeva a sud, essendo le frontiere settentrionali ormai chiuse.

Una interminabile fila di disperati si era incamminata con ogni mezzo verso la speranza di un futuro migliore.

« …coloro che hanno creduto sono emigrati e hanno combattuto sulla via di Allah, questi sperano nella misericordia di Allah. Ecco quello che scrive il nostro uomo. Come sempre le parole sono tratte dal Corano e per la precisione dalla seconda sura, intitolata Al-Baqara , cioè ‘La Giovenca’», commentò Cassandra Ziegler. «Questo messaggio è preceduto dalla rivendicazione del precedente attentato al Cairo Maadi Tower Casino. Lo chiudono la solita firma del Giusto in nome di Dio e il sigillo con la stella a sei punte. Inutile dirti che sulla busta, sul foglio e sul sigillo in ceralacca non si è riscontrata nessuna traccia, impronte, residui di saliva o altro materiale organico. Il testo è stato stampato da una normale stampante a getto d’inchiostro, senza alcuna particolarità nella scrittura. La ceralacca è di una marca comune e la si può trovare in qualunque grande magazzino del paese.»

«Insomma, l’unico elemento di cui disponiamo è, ancora una volta, il messaggio coranico dell’attentatore», disse Deuville.

«Purtroppo sì, per quanto labile sia. In realtà, l’unica cosa che appare inequivocabile è l’intenzione dell’assassino di voler colpire ancora.»

Il flusso interminabile degli sfollati avanzava lentamente: quella povera gente non aveva alcuna certezza, non sapevano neppure quale sarebbe stata la loro meta. Alcuni dei rari viaggiatori incontrati lungo la strada riferivano che Baghdad era caduta, altri che gli americani erano alle porte della capitale. Ma tutto ciò sembrava poco importante: agli iracheni in fuga premeva solo di allontanarsi il più possibile dalla minaccia curda. Nessuno ebbe modo di accorgersi della fotocellula nascosta sul ciglio della pista che costeggiava per lunghi tratti il fiume Tigri.

L’apparecchio elettronico era stato programmato per contare sino a trecento passaggi dinanzi al suo occhio senza vita. E così fece.

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