Carlo Botta - Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 4
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Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 4: краткое содержание, описание и аннотация
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Combattendo nel modo che si è detto, tra di loro così ferocemente gli uomini e gli elementi sulla terra-ferma d'America, e nelle circonvicine isole, non se ne stavano in Europa oziosamente a badare i potentati guerreggianti. Prevalevano gl'Inglesi per l'unità dei consiglj; ma avevano a paragon dei confederati minor numero di navi, quantunque le loro meglio instrutte fossero di quelle dei Francesi e degli Spagnuoli. Avevano questi per lo contrario più numeroso navilio, e più copiosi soldati. Ma tratti gli uni e gli altri in diverse parti dai contrarj interessi non facevano quel frutto, che avrebbero potuto desiderare. Quindi è, che gli Spagnuoli, avendo sempre la loro principal mira posta all'acquisto di Gibilterra, là mandavano le genti, e spendevano i tesori. A questo medesimo fine le navi loro ritenevano nel porto di Cadice, invece di congiungerle alle francesi, e tentare, uniti a questi, qualche rilevata impresa contro la potenza britannica. Quindi i Francesi obbligati erano a mandar le loro in quel medesimo porto, ed intanto le armate inglesi bloccavano i porti loro dell'Oceano, intraprendevano il commercio, arraffavano le conserve, pigliavano le fregale. Era uscito all'alto mare con un'armata di circa trenta vascelli l'ammiraglio inglese Geary, il quale, morto Carlo Hardy, era stato posto in suo scambio al governo di quella. S'incontrò il dì tre di luglio in una conserva di navi mercantili francesi cariche di cocco, di zucchero, di caffè e di cotone, e scortate dal vascello il Fiero di 50 cannoni. Geary diè dentro, e ne pigliò dodici, e più ne avrebbe pigliato, e forse tutte, se non che una folta nebbia, e la vicinanza delle spiagge nemiche lo impedirono. Le altre giunsero a salvamento nel porti. Parecchie altre navi francesi, principalmente fregate, vennero poco tempo dopo, sebbene non senza una pertinace difesa, in poter degl'Inglesi. Tutti gl'incontri, ch'ebbero luogo, sarebbe troppo lunga bisogna il raccontare; merita però particolar menzione il cavaliere de Kergerion, il quale, governando la fregata la Belle-Poule, si difese lungamente contro Jacopo Wallace, che guidava il vascello il Nonpari di 64 cannoni; e non fu, se non dopo la morte del Kergerion, che il suo successore Lamotte-Tabouret, avendo lacere le vele, gli alberi rotti, fracassati i carretti delle artiglierie, e morti molti de' suoi, si arrese.
Di queste perdite molto bene si ristorarono i confederati il giorno 9 d'agosto. Era partita sul finir di luglio dai porti d'Inghilterra una numerosa conserva di bastimenti sì regj che mercantili per alla volta delle Indie orientali ed occidentali. Cinque dei primi portavano, oltre molte armi, munizioni ed artiglierie, una quantità notabile di attrazzi navali ad uso della flotta inglese, che stanziava in quelle lontane regioni. I secondi arrivavano a diciotto, ed erano o navi annonarie, o cariche di armi, di munizioni, di tende, e di reclute destinate a rinfrescare, e rifondere l'esercito d'America. Erano gli altri bastimenti mercantili di ricchissimo carico. Accompagnava la conserva il vascello d'alto bordo il Rumilli con tre fregate. Andavano al viaggio loro, e già radevano, sebben di lontano, le coste di Spagna, quando improvvisamente la notte degli otto agosto s'incontrarono in una squadra dell'armata confederata, la quale stava sulle volte sulla via solita a tenersi per alle due Indie. Era la squadra sotto la condotta dell'ammiraglio spagnuolo, Don Luigi di Cordova. Scambiarono gl'Inglesi i lumi soliti a porsi la notte dai naviganti sui calcesi per quei del convoglio loro, e seguitavano il nemico, credendo di seguitare i loro. La mattina seguente si trovarono impacciati in mezzo alla flotta spagnuola. Questa prestamente gli accerchiò e pigliò da sessanta bastimenti. Le navi da guerra scamparono. Ora entravano i vincitori nel porto di Cadice trionfando. Concorrevano i popoli a vedere la moltitudine dei cattivi, e le ricche spoglie, notabile ornamento alla vittoria, e spettacolo loro tanto più grato, quantoch'era ed inusitato e poco sperato. Scendevano a terra pressochè tremila prigioni d'ogni ordine, condizione ed età. Erano sedici centinaia di marinari, luttuosa perdita all'Inghilterra, e non pochi passeggieri. Gravissimo fu il danno non tanto per le cose mercantili, ma ancora, e molto più per le provvisioni da guerra, delle quali nelle due Indie gl'Inglesi abbisognavano. Fu questa assai lieta vittoria agli Spagnuoli, e da essi con infinita allegrezza ricevuta. Per lo contrario le novelle causarono nella Gran-Brettagna un rammarico grande, e si udirono contro i ministri in ogni parte gravissime querele, accusandogli ognuno di temerità, perchè sapendo, che i confederati stavano così gagliardi in Cadice, provveduto non avessero, che la conserva viaggiasse molto più alla larga dalle coste di Spagna.
Intanto se così si travagliava sui mari d'Europa, le cose non passavano neanco quiete sotto le mura di Gibilterra. Aveva la Spagna, come abbiamo veduto, capriccio sopra di questa Fortezza. In ciò pareva aver posto tutti i suoi pensieri, e volervi adoperare tutte le forze del regno. Era la cosa in sè stessa di molta importanza, e pareva anche poco onorevole ad un sì possente Re, che uomini forestieri possedessero una Terra dentro il suo reame, e gli tenessero, come si suol dire, quel calcio in gola. Paragonavasi il caso di Gibilterra con quello di Calais, allorquando questa città era posseduta dagl'Inglesi, e volevasi, che l'istesso fine avesse. Per la qual cosa, dopoch'era stata rinfrescata da Rodney, l'ammiraglio spagnuolo Don Barcelo sognava del continuo modi, e con ogn'industria s'ingegnava per impedire, che non entrassero dentro alla sfuggita nuovi soccorsi. Da un altro canto il generale Mendoza, al quale obbedivano le genti di terra, ogni sforzo faceva per serrare la Fortezza da quella parte, fortificando ogni dì il suo campo di San Rocco, e continuamente approssimandosi, quanto possibil era, con nuove cave e trincee. Ciò nondimeno, e nonostanti tutte le cautele usate dai capitani spagnuoli, tanta era l'instabilità dei venti e del mare, e sì fatta l'attività ed industria degli uffiziali inglesi, che di quando in quando entrava dentro nuovo fodero. Il che riusciva d'infinita allegrezza alla guernigione che ne pativa, e di uguale rammarico agli Spagnuoli, i quali s'erano fatti a credere, non potere la difesa bastar sì lungo tempo. Questi sforzi del presidio molto erano aiutati dalla presenza di parecchie navi da guerra, ch'erano state lasciate nel porto dall'ammiraglio Rodney, tra le quali una ve n'era di 74 cannoni, chiamata la Pantera. Per levarsi quel bruscolo d'in sugli occhi, gli Spagnuoli fecero il disegno di volerle ardere in un colle navi da carico, che nel medesimo luogo erano sorte, siccome pure i magazzini pieni di munizioni, ch'erano stati costrutti sulla riva del mare. Apparecchiarono a questo fine sette brulotti con un numero grandissimo di battelli e di bastarde; gli uni, e le altre pieni di soldati, e d'ogni sorta di armi da offendere. Nel medesimo tempo le navi da guerra di Don Barcelo sorsero, e s'arringarono avanti la bocca della cala, non solo per dar coraggio a' suoi, e concorrere nella impresa, ma ancora per intraprendere qualunque nave, che avesse voluto cansarsi. Dal lato di terra Mendoza stava pronto per accrescer terrore alla cosa, e per facilitar il disegno, a piover bombe dentro la città, tostochè i brulotti appiccato avessero il fuoco al navilio inglese. Appuntarono all'impresa la notte de' 6 giugno. Era ella molto scura, il vento ed il mare propizj. Gl'Inglesi non si addavano. Ivano i brulotti avvicinandosi, e già era vicino a compiersi il disegno. Ma gli Spagnuoli, o impazienti, o per l'oscurità della notte credendosi più presso di quello ch'erano veramente, o temendo di accostarsi di vantaggio, precipitarono gl'indugj, e dier fuoco ai brulotti ancora un po' lontani. Destaronsi gl'Inglesi a sì improvviso accidente, e nulla punto smarritisi al subito pericolo, uffiziali e soldati montarono spacciatamente nei battelli, e con mirabile coraggio accostatisi agli ardenti brulotti gli aggraffarono, e condussero alla larga in luoghi, dove non potessero far danno. Gli Spagnuoli senza frutto alcuno si ritirarono. Intanto era Mendoza intentissimo a farsi avanti coi lavori della circonvallazione. Il generale Elliot, al quale il Re Giorgio aveva commesso la cura di difendere quella rocca, lo lasciava fare. Ma quando lo Spagnuolo aveva condotto a fine le opere sue, ecco che Elliot a furia di cannonate le disfaceva, ed intieramente rovinava tutte. Saltava anche qualche volta fuori, e, guaste le opere degli assedianti, ne chiodava o rapiva le artiglierie. Queste vicende parecchie volte si rinnovarono. Se ne rallegravano gl'Inglesi; gli Spagnuoli ne sentivano una noia grandissima. Per la qual cosa aguzzando gl'intelletti loro alla necessità, e male soffrendo, che una piccola presa di genti, poichè il presidio di Gibilterra, inclusi gli uffiziali, non passava i seimila soldati, non solo loro resistessero, ma con sì prosperi successi gli combattessero, fecero una deliberazione, la quale molto noiò nel processo di tempo la guernigione, accrebbe la difficoltà ed i pericoli della difesa, e produsse in ultimo un total eccidio della città. Questa fu di construrre in gran numero certe piatte, che chiamarono barche cannoniere . Erano sì fatte, che portavano da trenta a quaranta botti, quaranta o cinquanta uomini, ed un cannone in prua, che buttava ventisei libbre di palla. Altre portavano bombarde. Avevano una larga vela, e quindici remi dalle due bande. Erano molto maneggevoli; ed intendevasi con esse di gettar bombe e palle nella città e nei forti di nottetempo, ed anche, quando la occasione si scoprisse, di assaltar le fregate. Poichè credevasi, che due di queste piatte fossero bastevoli a far istare una fregata. E siccome poco si alzavano sopra il pelo dell'acqua, così era cosa assai malagevole il por loro la mira, e colpirle. Non avendo i Gibilterrani in pronto una simil sorta di navi, male dagli assalti loro si sarebbero potuti difendere. Così gli Spagnuoli erano intentissimi nel procurare a sè stessi questo nuovo istrumento di oppugnazione, che stimarono dover apportare grandissimo giovamento alla felice riuscita dell'impresa.
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