Edward Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 10

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 10: краткое содержание, описание и аннотация

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È lecito agli Apologisti della religione giudaica l'insuperbirsi perchè, in tempo che le favole del politeismo illudevano le nazioni dotte dell'antichità, da' lor semplici antenati serbavasi nella Palestina la cognizione e il culto del vero Dio. Non è agevol cosa 81 81 Basta leggere il Decalogo, che contiene le volontà di Jehovah, vale a dire di Dio, considerato nella sua essenza, siccome intendevano, ed intendono con quel vocabolo di esprimere gli Ebrei, per conoscere la concordanza dei di lui attributi morali colle virtù sociali; se poi si trovano nella Scrittura sacra alcune espressioni, ed alcuni epiteti, che sembrano sulle prime non potersi concordare coll'idea dell'Essere supremo, siccome sarebbero quelli di iracondo, di furioso, di geloso, determinanti passioni umane, essi, siccome dicono i teologi, devono considerarsi siccome modi figurati di dire de' sacri scrittori, i quali si servivano di cotali espressioni per usare un linguaggio inteso dagli uomini. Se la Scrittura per esempio ci dice, che Dio si riposò dopo l'opera della creazione, chi penserà che l'Essere supremo abbia avuto bisogno di riposarsi, egli ch'è un'attività immensa ed eterna? (Nota di N. N.) il conciliare gli attributi morali di Jehovah colla norma delle virtù umane ; le sue qualità metafisiche sono esposte in un modo oscurissimo; ma ogni pagina del Pentateuco e dei profeti attesta il suo potere: l'unità del suo nome è stampata su la tavola prima della legge, nè mai il suo santuario è macchiato da veruna immagine visibile della Essenza invisibile. Dopo distrutto il Tempio di Gerusalemme, la devozione spirituale della sinagoga depurò, determinò, illuminò la fede degli Ebrei proscritti; nè basta l'autorità di Maometto a giustificare il rimprovero ch'egli ha sempre fatto ai Giudei della Mecca o di Medina d'adorare Ezra come figlio di Dio 82 82 Corano , c. 9, p. 153. Al-Beidawi e gli altri commentatori citati dal Sale, ammettono questa accusa; io non so vedere come possa acquistare verosimiglianza dalle tradizioni oscure ed assurde de' Talmudisti. . Ma gli uomini d'Israello più non componevano un popolo, e tutte le religioni del Mondo aveano il torto realissimo agli occhi di quel Profeta, di dare e figli e figlie e colleghi al Dio supremo. Nella goffa idolatria degli Arabi si appalesa senza velo e senza sutterfugio questa pluralità; e malamente si salvavano i Sabei da tale accusa, colla preminenza che davano nella gerarchia celeste al primo pianeta o intelligenza; e nel sistema de' Magi la lotta de' due principii tradisce l'imperfezione del principio vittorioso. Parea che i cristiani del settimo secolo fossero a poco a poco ricaduti nella idolatria 83 83 Leggasi la nostra annotazione (p. 248) fatta al T. IX, e vedrassi distesamente, che non era nel settimo secolo, nè è presentemente, un'idolatria il culto che i Cristiani, o per meglio dire i Cattolici, prestano alle immagini, ed alle reliquie. Se poi i cristiani detti Collidiani, e ch'erano eretici, prestavano a Maria un culto che a ragione era un'idolatria, ciò nulla offende il cattolicismo. (Nota di N. N.) ; volgeano preghiere in pubblico ed in secreto alle reliquie e alle immagini che deturpavano i Templi d'Oriente; una folla di martiri, di santi, d'angeli, oggetti della venerazion popolare, offuscavano il trono dall'Onnipotente, e i Colliridii, eretici che nel fertile suolo d'Arabia fiorivano, alla Vergine Maria conferivano il titolo e gli onori di Dea 84 84 Hottinger, Hist. orient. , p. 225-228. L'eresia de' Colliridii fu recata di Tracia in Arabia da varie donne, e il nome procede dal vocabolo Κολλυρις, ossia focaccia, ch'esse offerivano alla Dea. Questo esempio, non che quello di Berillo, vescovo di Bostra (Eusebio, Hist. eccles. , l. VI, c. 33) e di parecchi altri, ponno scusare quel rimbrotto, Arabia haereseon ferax . . Sembra che al principio dell'Unità Divina s'oppongano i misteri della Trinità e dell'Incarnazione. L'idea che naturalmente presentano è quella di tre Divinità uguali, e della trasformazione dell'uomo Gesù nella sostanza del figlio di Dio 85 85 Quando il Corano parla di tre Dei (c. 4, p. 81, c. 5, p. 92), è chiaro che alludea Maometto al nostro mistero della Trinità; ma i commentatori Arabi non vedono in que' passi che il Padre, il Figlio e la Vergine Maria, Trinità ereticale, sostenuta, dicesi, da alcuni Barbari nel Concilio niceno (Eutych. Annal. , t. I, p. 440). Ma l'esistenza de' Marianiti è contestata dal sincero Beausobre ( Hist. du Manichéisme , t. I, p. 532); e per dare spiegazione allo sbaglio, dice che viene dalla parola rouah (Spirito Santo), che è del genere femminino in vari idiomi dell'Oriente, e che è in senso figurato la madre di Gesù Cristo nell'Evangelo de' Nazareni. . La spiegazione che danno gli ortodossi 86 86 La spiegazione soddisfa anche sufficientemente la ragione, e non porge l'idea di pluralità di Dei, ossia di politeismo, ch'era la religione di quasi tutti i popoli antichi, eccettuato specialmente l'Ebreo, e lo è di moltissimi anche oggidì, ed al quale la religione cristiana si opponeva, e si oppone. E poi finalmente cotal mistero non è contrario alla ragione, ma solamente è superiore alla ragione, siccome con buoni ragionamenti sostengono i teologi: la natura è piena di misterj superiori alla ragione, siccome sanno i fisici, ed i metafisici; vorressimo noi negarli perchè non li intendiamo, perchè superano le facoltà della nostra ragione, mentre sono in fatto? perchè non ne ammetteremo noi dunque parlando teologicamente del di lei Autore? Il Gibbon si dichiarò già Teista, cioè pensa rettamente contro gli atei, se pur veramente ve ne furono, e ve ne sono, esservi un Esser supremo, dicendo p. 51, e che così comprende una verità eterna, confermando ciò da filosofo Teista anche in altri luoghi, e specialmente p. 56, il Dio della natura ha posto in tutte le sue opere la pruova della sua esistenza, e ha scolpito la sua legge nel cuore dell'uomo. Perchè mai sembra egli qui opporsi all'idea della Trinità di quest'Essere supremo, siccome fece Maometto, il quale nell'atto che predicava e sosteneva con grande entusiasmo, ed anche coll'armi, contro il politeismo degli Arabi del suo tempo, esservi un Essere supremo, un Dio solo, non ammetteva la Trinità delle Persone, e quindi veniva a negare la divinità di Cristo, ed a riguardarlo soltanto come un uomo ottimo e sapiente, la quale divinità coi motivi della di lei credibilità è il fondamento della credenza dei cristiani? (Nota di N. N.) satisfa soltanto un credente: una curiosità, ed uno zelo smoderato aveano rotto il velo del santuario, e ciascuna Setta dell'oriente avea premura di confessare che l'altre tutte meritavano il rimprovero di idolatria e di politeismo. Il simbolo di Maometto non dà su questa materia motivo di sospetto, nè di equivoco. Il Profeta della Mecca rigettò il culto degl'idoli e degli uomini, delle stelle e de' pianeti, per quel ragionevole principio che tutto ciò che si leva dee tramontare, ciò che riceve vita dee morire, ciò che è corruttibile dee guastarsi e dissolversi 87 87 Questo sistema d'idee filosoficamente si svolge nell'esempio d'Abramo, che nella Caldea si oppose alla prima introduzione della idolatria ( Corano , c. 6, p. 106; d'Herbelot, Bibl. orient. , p. 13.) . Il suo entusiasmo, regolato dalla ragione, adorava nel Creatore dell'Universo un Essere eterno e infinito che non ha forma, nè occupa spazio, che non ha generato nulla, e a cui nulla si rassomiglia; che è presente a' nostri più occulti pensieri, che esiste per necessità della sua natura, e che da sè trae tutte quante le sue morali e intellettuali perfezioni. I discepoli del Profeta costantemente aderiscono a sì grandi verità 88 88 V. il Corano , e soprattutto i capitoli 3 (p. 30), 57 (p. 437), 58 (p. 441) che annunciano l'onnipotenza del Creatore. , e gl'interpreti del Corano le spiegano colla precisione de' metafisici. Un filosofo deista potrebbe sottoscriversi al simbolo popolare de' Musulmani 89 89 Pocock ( Specimen , p. 274, 284-292), Ockley ( Hist. of the Saracens , v. 2, p. 82-95), Reland ( De relig. Mohamm. , l. I, p. 7-13) e Chardin ( Voyages en Perse , t. IV, p. 4-28) hanno tradotto i simboli più ortodossi dell'Islamismo. A questa grandissima verità, che niente v'ha di simile a Dio, Maracci ( Alcoran. , t. I, part. III, p. 87-94) oppone goffamente, che Dio fece l'uomo ad immagine sua. , simbolo per avventura troppo sublime per le attuali facoltà dell'uomo; ed in fatti come mai la sua immaginazione od anche l'intelligenza sua potrebbero comprendere una sostanza incognito, quando da questa si separano tutto le idee di tempo e di spazio, di moto e di materia, di sensazione e di riflessione? La voce di Maometto confermò questo primo principio dell'unità di Dio insegnata dalla ragione e dalla rivelazione; i suoi proseliti dalle frontiere dell'India a quelle di Marocco, sono distinti dal nome d' unitari , e coll'interdizion delle immagini s'andò incontro al pericolo dell'idolatria. Da' Maomettani fu ammessa con rigorosa osservanza la dottrina de' decreti eterni, e della predestinazione assoluta, e studiansi essi inutilmente di concordare la prescienza di Dio colla libertà dell'uomo, col suo merito, o demerito, non che di spiegare l'esistenza del male in un Mondo governato da una potenza e bontà infinita.

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