AAVV - Vicent Ferrer. Projecció europea d'un sant valencià

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    Vicent Ferrer. Projecció europea d'un sant valencià
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Vicent Ferrer. Projecció europea d'un sant valencià: краткое содержание, описание и аннотация

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Aquest llibre recull els textos de les ponències presentades en el congrés internacional «Vicent Ferrer. Projecció europea d'un sant valencià», organitzat per l'Acadèmia Valenciana de la Llengua i la Universitat de València i celebrat a la ciutat de València entre els dies 16 i 19 d'octubre de 2019. S'hi aborda de manera global la figura històrica de sant Vicent Ferrer, des dels contextos històrics i culturals en què pronuncià les homilies, fins a les estratègies discursives que feia servir en les prèdiques, passant per la llengua que utilitzava per a dirigir-se al públic, la tradició textual dels seus sermons i el seu posicionament davant els conflictes del moment, com ara el cisma d'Occident i el compromís de Casp, sense oblidar altres aspectes de naturalesa teològica, litúrgica o eclesial, entre els quals destaquen les seues consideracions sobre l'anticrist i la fi del món.

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In vista della realizzazione del principale scopo dell’Ordine, la salvezza delle anime, in special modo la lotta all’eresia, per la formazione dei futuri predicatori la prima legislazione domenicana fu attenta anche a provvedere ogni convento non solo di un priore, ma anche di un professore - doctor o lector e, in seguito magister studentium - con il preciso compito di iniziare i confratelli allo studio della Bibbia, di impartire loro i primi rudimenti di teologia, nonché di verificare il progresso dei frati studenti negli studi e di curare la loro formazione nell’ ars praedicandi e nella guida delle anime. Fin dal 1220, Parigi e Bologna, incipienti e già celebri sedi universitarie, furono le mete privilegiate dove i frati più capaci venivano inviati a studiare e dove fino al 1245, alternativamente, ogni anno i Predicatori celebrarono i capitoli generali. Fino al 1248 il convento parigino di Saint Jacques fu la sede dell’unico studio generale dell’Ordine, attivo già nel 1229. L’opzione preferenziale per le due indiscusse capitali culturali della Cristianità della prima metà del XIII secolo aveva in primo luogo lo scopo di assicurare ai frati un’elevata preparazione filosofica e teologica, che consentisse loro di adempiere nel miglior modo possibile l’importante compito di coadiutori dei vescovi. Tuttavia, non tutti gli studenti avevano il privilegio di recarsi a Parigi per attendere agli studi, ma solamente i più lodevoli, in grado di garantire il conseguimento dei titoli accademici nel più breve tempo possibile, con il conseguente inserimento «in medio Ecclesiae» come maestri in teologia, predicatori generali e, con il pontificato di Gregorio IX, come inquisitori, quando il delicato e fondamentale compito di combattere l’ heretica pravitas venne sottratto alla competenza episcopale dalla Sede Apostolica, che l’avocò a sé. A partire dalla metà del Duecento, con il pontificato di Innocenzo IV, dalle fila dei Predicatori cominciarono ad uscire vescovi e cardinali, prima ed importante conferma dell’efficacia del sistema educativo domenicano, che sarebbe diventato ben presto un modello di riferimento anche per gli altri Ordini Mendicanti. In secondo luogo l’ambiente universitario, soprattutto quello parigino, si rivelò particolarmente fertile per il reclutamento di nuovi frati. Lo attesta l’aumento esponenziale dei membri del convento di S. Jacques nel primo decennio di vita dell’Ordine: se nel 1217 i frati a Parigi erano soltanto sette e una trentina nel 1219, nel 1223 divennero più di un centinaio. Fu anche per questo che nel 1234 il capitolo generale, tenutosi proprio a Parigi, stabilì che ogni provincia dell’Ordine non potesse inviare a Parigi più di tre frati (Reichert, 1898: 36). Nel 1246, constatando l’insufficiente risposta dell’ateneo parigino all’esigente richiesta dell’Ordine domenicano di avere un adeguato numero di lettori conventuali, il Capitolo generale di Parigi decise di fondare nelle province più grandi propri studia generalia : in Provenza, Montpellier; in Lombardia, Bologna; in Germania, Colonia e in Inghilterra, Oxford (Reichert, 1898: 34-35). Se i primi tre nuovi studi poterono essere attivi a partire dal 1248, Oxford solamente nel 1261 accettò di accogliere frati di altre province, a seguito della sanzione che il capitolo generale di quell’anno, celebrato a Barcellona, inflisse al provinciale inglese, Simon di Hinton, sollevato dalla carica, punito con il digiuno a pane e acqua per una settimana e inviato come lector presso lo studio di Colonia per sperimentare di persona la condizione del frate fuori provincia per motivi di studio. Nella seconda metà del XIII secolo, quindi, l’Ordine domenicano si dotò di una rete di studia , differenziati in base alla tappa della formazione intellettuale prevista dalla ratio studiorum , la cui stesura fu affidata dal capitolo generale di Valenciennes del 1259 (Reichert, 1898: 99ss) ad una commissione composta da Alberto Magno, Bonushomo di Bretagna († 1266), maestro a Parigi dal 1253 al 1255, Fiorentino di Hisdino, anche lui maestro a Parigi, Pietro di Tarantasia, in seguito papa Innocenzo V, e da Tommaso d’Aquino. Il 28 marzo 1257 Alessandro IV con la bolla Exultante spiritu frequenter (Quétif-Échard I, 1729: 333 [150]) riconobbe agli studia domenicani la facoltà di rilasciare l’idoneità all’insegnamento della teologia nei conventi e il privilegio di concedere la licentia docendi valida all’interno dell’Ordine, qualora in quel luogo non vi fosse una facoltà di teologia presso l’università locale. A partire da questa data, quindi, i conventi più importanti assunsero il ruolo di vere e proprie facoltà teologiche.

Non sempre, tuttavia, era facile aprire uno studio generale, come attesta il caso di quello che il capitolo generale dei definitori, riunitosi a Milano nel 1270 aveva deciso di aprire nella Provincia Romana, insieme ad un altro nella Provincia di Spagna, apportando a questo scopo una modifica alla Costituzioni vigenti. Per essere effettiva, ogni modifica alle Costituzioni doveva essere confermata da tre capitoli successivi, come del resto accade tuttora (Reichert, 1898: 153 [rr. 16-19]). Il successivo capitolo generale dei provinciali (Montepulciano, 1271) non ratificò la decisione precedente (Reichert, 1898). L’anno seguente i definitori al capitolo generale di Firenze reiterarono la proposta (Reichert, 1898: 164 [rr. 1-4]), confermata dal capitolo di Pest nel 1273 (Reichert, 1898: 167 [rr. 6-9]). Nel 1274, tuttavia i provinciali la respinsero nuovamente al capitolo generale di Lione (Reichert, 1898). Nel 1265, il capitolo della Provincia Romana celebrato ad Anagni aveva ingiunto a Tommaso d’Aquino di trasferirsi a Roma, molto probabilmente nel convento di S. Sabina, con l’incarico di fondarvi uno studio per la remissione dei suoi peccati («In remissionem peccatorum») (Kaeppeli-Dondaine, 1941: 32 [8-9]; Torrell, 2015: 190). La situazione dello studio nella Provincia Romana a metà del Duecento non doveva essere particolarmente fiorente, se i capitoli provinciali frequentemente ne deploravano il decadimento. Il capitolo provinciale tenutosi a Orvieto nel 1250, del resto, esortò i frati, soprattutto i più giovani, ad un maggiore ed alacre impegno negli studi, per poter contrastare gli eretici (Kaeppeli-Dondaine, 1941: 10 [rr. 21-24]). Il capitolo provinciale di Viterbo del 1264 (Kaeppeli-Dondaine, 1941: p. 29 [rr.14-21]) e quello di Lucca del 1267 (Kaeppeli-Dondaine, 1941: 33 [rr. 24-28]) intervennero ulteriormente sulla questione dell’attività, sollecitando nuovamente i frati studenti ad una maggiore diligenza nell’impegno intellettuale, evidentemente trascurato in quegli anni. Probabilmente è per questa ragione che Tommaso d’Aquino, a partire dal 1261, partecipò ai capitoli della Provincia Romana, alla quale apparteneva, come membro di diritto. Nel 1272 il capitolo provinciale di Firenze rese esecutiva la decisione del capitolo generale di quell’anno, celebrato nella stessa città, in merito all’apertura di uno studio generale sul territorio della Provincia Romana, a Napoli, affidandone l’incarico ancora una volta a Tommaso d’Aquino (Kaeppeli-Dondaine, 1941: 39 [rr. 28-29]). Le decisioni del capitolo generale del 1274, infine, non permisero concretamente l’apertura di uno studio generale della Provincia Romana, che quindi contava solamente studi conventuali a Lucca, a Firenze e a Siena.

Al capitolo generale di Oxford nel 1280 si fece un altro tentativo, che però venne bocciato al capitolo generale di Firenze l’anno successivo (Reichert, 1898: 208 [rr. 7-10]). Nel 1282, il capitolo generale di Vienna (Reichert, 1898: 217 [rr. 25-28])stabilì che ogni provincia, ad eccezione di quelle di Grecia e di Terrasanta, si dotasse di uno studium generale , provvedimento però respinto dal capitolo generale di Montepulciano nel 1283 (Reichert, 1898: 223 [rr. 4-7]), che ritornò alla proposta di tre anni prima, quella di istituire lo studio generale nelle sei province: Spagna, Provenza, Lombardia, Romana, Teutonia e Inghilterra. Il cambio di strategia si ebbe nel 1288, quando al capitolo generale di Lucca (Reichert, 1898: 244 [rr. 21-23])i definitori proposero l’apertura di uno studio generale nella provincia Romana, a Napoli, con l’appoggio del re di Sicilia, decisione recepita definitivamente nel 1290 dal capitolo di Ferrara (Reichert, 1898: 254 [rr. 30-33]). Con la nascita della Provincia del Regno, territorio staccato da quello della Provincia Romana, lo studio venne trasferito a Firenze. A Napoli ne venne istituito un altro al capitolo di Besançon nel 1303 (Reichert, 1898: 325 [rr. 1ss]), su istanza di re Carlo II d’Angiò.

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