Lev Tolstoj - Guerra e pace. Ediz. integrale

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Scritto tra il 1863 e il 1869 e pubblicato per la prima volta tra il 1865 e il 1869 sulla rivista Russkij Vestnik, riguarda principalmente la storia di due famiglie, i Bolkonskij e i Rostov, tra le guerre napoleoniche, la campagna napoleonica in Russia del 1812 e la fondazione delle prime società segrete russe. Per la precisione con cui i diversissimi piani del racconto si innestano all'interno del grande disegno monologico e filosofico dell'autore Lev Tolstoj, Guerra e pace potrebbe definirsi la più grande prova di epica moderna, e un vero e proprio «miracolo» espressivo e tecnico. Guerra e pace è considerato da molti critici un romanzo storico, in quanto offre un ampio affresco della nobiltà russa nel periodo napoleonico.

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— Nemmen per sogno, – protestò stupito il visconte.

— Gli è che le storie di spiriti non le posso soffrire, – spiegò il principe Ippolito, senza capire alla prima quel che gli usciva di bocca.

Parlava con tanta sicumera, che non era facile giudicare se avesse detto una scioccheria o una cosa ingegnosa. Indossava una giubba verde-scuro, calzoni color fianco di ninfa spaurita, com’egli stesso esprimevasi, calze attillate e scarpini.

Il visconte prese a narrare assai piacevolmente un aneddoto diffuso a quel tempo. Il duca d’Enghien era andato a Parigi per un suo segreto convegno con madamigella Georges, e l’avea colta in colloquio con Bonaparte, cui la famosa attrice largiva anche i suoi favori. L’incontro improvviso avea fatto cadere Napoleone in uno di quegli svenimenti cui andava soggetto, e messolo in piena balìa del duca, il quale cavallerescamente non erasi giovato del vantaggio. Generosità vana e pericolosa, perchè in seguito Bonaparte non gliela perdonò, anzi ne trasse vendetta, facendolo assassinare.

Il racconto era palpitante d’interesse, specie nel punto drammatico dell’incontro fra i due rivali. Le signore erano profondamente commosse.

— Magnifico! – esclamò Anna Scherer, volgendo alla piccola Bolconski un’occhiata.

— Magnifico! – fece eco costei, appuntando l’ago nel lavoro, come per dare a vedere di non poter continuare, tanto il dramma l’assorbiva. Il visconte apprezzò quel muto elogio, e con un sorriso soddisfatto riprese il filo un momento interrotto. Ma in quel punto, Anna Scherer, che tratto tratto sbirciava il giovanotto pericoloso, lo sentì che disputava a voce alta con l’abate, e subito accorse al riparo. Piero infatti aveva intavolato con l’abate una discussione sull’equilibrio politico; e l’abate, tutto lieto dell’ingenuo ardore del giovane, gli andava spiegando la sua idea favorita. Tutti e due parlavano con impeto e con soverchio calore, il che non garbava alla padrona di casa.

— Il mezzo è uno, – diceva l’abate: – l’equilibrio europeo, l’osservanza, in altri termini, del diritto delle genti. Basta che una grande potenza, come la Russia, stimata per barbara, si metta disinteressatamente a capo della lega per ristabilire l’equilibrio turbato, e il mondo è salvo!

— Ma come lo ristabilite voi cotesto equilibrio? – gridava Piero; e voleva proseguire, quando Anna Scherer gli fu sopra, lo fulminò con un’occhiata, e domandò all’abate italiano come sopportava i rigori del clima nordico. Il viso dell’abate, trasformatosi di botto, assunse un’espressione tra l’insolente e il mellifluo, che gli era consueta, si vede, nel discorrere con le donne.

— Son così incantato, – rispose l’abate, – dei pregi intellettuali e dei modi della società, specialmente femminile, nella quale ebbi la fortuna di essere accolto, che non m’è venuto fatto di pensare al clima.

Per non lasciarli soli e per meglio tenerli sott’occhio, Anna Scherer li attirò entrambi, l’abate e Piero, nel circolo che faceva corona al visconte.

Entrò a questo punto un novello personaggio, il giovane principe Andrea Bolconski, marito della piccola principessa. Era un giovane di mezzana statura, molto avvenente, dai lineamenti duri e spiccati. Tutto nel suo aspetto, dallo sguardo stanco e annoiato fino al passo misurato e piano, era un’antitesi stridente con la irrequieta vivacità della moglie. Non uno dei presenti gli era ignoto; ma tutti, senza eccezione, a tal segno lo fastidivano, da fargli passare ogni voglia di guardarli o di sentirli a discorrere. Il maggior fastidio pareva venirgli dal visino grazioso della moglie. Di mala grazia e torcendo la bocca, le voltò le spalle. Baciò poi la mano alla padrona di casa e sbirciò, stringendo gli occhi, tutta la società.

— Vi apparecchiate, principe, a partir per la guerra? – domandò Anna Scherer.

— Al generale Kutusow, – rispose Bolconski, – è piaciuto scegliermi per suo aiutante.

— E Lisa, vostra moglie?

— Se n’andrà in campagna.

— E non avete rimorso di privar noi della vostra adorabile sposa?

— Andrea, – disse la moglie, rivolgendosi a lui con lo stesso tono civettuolo che adoperava con gli estranei, – se sapessi che storia ci ha narrato il visconte a proposito di madamigella Georges e di Bonaparte!

Il principe Andrea fece il cipiglio e si voltò in là. Piero, che al primo vederlo entrare, avea preso a guardarlo con occhi allegri e affettuosi, gli si accostò e lo prese per mano. Il principe, all’improvviso contatto, non seppe contenere una smorfia di disgusto; ma, vedendo il viso aperto e sorridente di Piero, sorrise anch’egli con bonarietà confidenziale.

— Bravo! – esclamò. – Anche tu nel gran mondo?

— Sapevo che vi ci avrei trovato, – rispose Piero; e soggiunse a voce più bassa, per non disturbare il visconte narratore: – verrò a cena da voi... Volete?

— No, – disse ridendo il principe Andrea, e nel tempo stesso gli stringeva la mano per fargli intendere che certe domande non si fanno. Volea anche dire dell’altro, ma in quel punto si alzò il principe Basilio con la figlia, e i due giovani si tirarono indietro per dar loro il passo.

— Mi scuserete, caro visconte, – disse il principe Basilio al francese, trattenendolo amabilmente per la manica perchè non s’alzasse. – Questa benedetta festa dell’ambasciadore mi priva di un piacere e mi costringe ad interrompervi. Mi dispiace sinceramente, gentilissima amica mia, di lasciare la vostra incantevole serata.

Elena, sua figlia, leggermente raccogliendo le pieghe della gonna, sgusciò fra le seggiole, e continuò, come sempre, a sorridere. Piero, vedendosi passar davanti quella stupenda figura di donna, la fissò con occhi estasiati e quasi spauriti.

— Bella davvero, – disse il principe Andrea.

— Bellissima! – confermò Piero.

Il principe Basilio prese Piero per mano e si volse ad Anna Scherer.

— Addomesticatemi quest’orso, – disse. – È da un mese che abita in casa mia, e stasera è la prima volta che lo vedo in società. Niente è così necessario ad un giovane, quanto la compagnia delle donne intelligenti.

IV

Anna Scherer sorrise e promise di occuparsi di Piero, ch’ella sapeva parente del principe Basilio dal lato paterno. La signora attempata, che già teneva compagnia alla zia, si alzò frettolosa e raggiunse il principe Basilio in anticamera. Il buon viso triste di lei esprimeva ora una paurosa trepidazione.

— E del mio Boris, principe, che mi dite? – domandò con voce supplice. – Io non posso più a lungo rimanere a Pietroburgo. Che buone nuove porterò al mio povero ragazzo?

Benchè il principe l’ascoltasse mal volentieri e perfino con impazienza, ella lo guardava quasi con tenerezza e, perchè non le sfuggisse, lo prese per mano.

— Che vi costa a voi? – pregò. – Una vostra parola all’imperatore, e lo destinerebbe subito alla Guardia.

— Farò il possibile, principessa, credetemi, —rispose il principe Basilio, – ma non mi sarà facile parlarne a Sua Maestà. Io vi consiglierei di rivolgervi a Rumianzow per mezzo del principe Galizin: sarebbe assai meglio.

La signora attempata era la principessa Drubezkoi, uno fra i più bei nomi di Russia; se non che era povera, viveva fuori della società ed avea perduto le sue prime relazioni. Era venuta qui, dalla Scherer, benchè non invitata, per sollecitare la destinazione del figlio nella Guardia. Solo per vedere il principe Basilio, s’era piegata a tener compagnia alla vecchia zia e ad ascoltare il racconto del visconte. Le parole del principe Basilio la spaventarono. Una lieve ombra di dispetto le passò sul viso, ma non durò che un istante. Ella tornò a sorridere e strinse più forte la mano al principe.

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