Lev Tolstoj - Guerra e pace. Ediz. integrale

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Guerra e pace. Ediz. integrale: краткое содержание, описание и аннотация

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Scritto tra il 1863 e il 1869 e pubblicato per la prima volta tra il 1865 e il 1869 sulla rivista Russkij Vestnik, riguarda principalmente la storia di due famiglie, i Bolkonskij e i Rostov, tra le guerre napoleoniche, la campagna napoleonica in Russia del 1812 e la fondazione delle prime società segrete russe. Per la precisione con cui i diversissimi piani del racconto si innestano all'interno del grande disegno monologico e filosofico dell'autore Lev Tolstoj, Guerra e pace potrebbe definirsi la più grande prova di epica moderna, e un vero e proprio «miracolo» espressivo e tecnico. Guerra e pace è considerato da molti critici un romanzo storico, in quanto offre un ampio affresco della nobiltà russa nel periodo napoleonico.

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Gli ospiti si alzarono e si accomiatarono, promettendo di tornare a pranzo.

— Che maniera! che visite eterne! – sospirò la contessa, dopo accompagnate e cordialmente salutate le signore.

X

Natalia, testè scappata via, si fermò nella serra contigua al salotto, porgendo orecchio a quanto di là si diceva e aspettando l’uscita di Boris. Incominciava già a perdere la pazienza, e batteva rabbiosa del piedino in terra, pronta a scoppiare in lagrime, quando si udirono i passi misurati, nè frettolosi nè lenti, del giovane. Natalia rapidamente si nascose fra i vasi di fiori.

Boris si arrestò in mezzo alla camera, si guardò intorno, si spolverò con una mano la manica dell’uniforme e stette a guardarsi in uno specchio. Dal suo nascondiglio, Natalia spiava, aspettando. Lo vide mirarsi, sorridere e poi dirigersi alla porta di uscita. Stava lì lì per chiamarlo, ma ci ripensò. «Cerchi pure, cerchi a posta sua!» disse fra sè. Uscito appena Boris, ecco sbucar da un’altra porta Sofia tutta rossa in viso e lagrimosa. Natalia si contenne dal primo impeto di correrle incontro e stette ad osservare, non vista, quel che accadeva nel mondo. Provava un gusto nuovo, speciale. Sofia mormorava qualche cosa e sogguardava verso il salotto. Di là, improvvisamente, venne fuori Nicola.

— Sofia! che hai? ma ti par modo questo? – gridò, affrontandola.

— Nulla, nulla, lasciatemi! – singhiozzò Sofia.

— Ma no, io so invece che cosa hai.

— Se lo sapete, tanto meglio. Andatelo a dire a lei...

— Sofia!... una parola!... Ma ti par giusto, ti par ragionevole tormentar me e te stessa per una fantasia?

Nicola le prese la mano. Sofia non la ritirò e smise di piangere.

Natalia, senza muoversi, senza trarre il fiato, con occhi avidi osservava dal suo nascondiglio. «Che accadrà adesso?» pensava.

— Sofia! – disse Nicola. – A me non importa niente del mondo intero. Tu per me sei tutto. E te ne darò la prova.

— Non mi piace, quando mi parli così.

— Ebbene non lo faccio più... Perdonami, Sofia!

E così dicendo, l’attirò a sè e la baciò.

«Ah! che bella cosa!» pensò Natalia; e quando Sofia e Nicola uscirono dalla camera, ella sbucò dal suo nascondiglio e chiamò a sè Boris.

— Venite qua, Boris, – disse con aspetto grave e malizioso. – Ho da dirvi una cosa. Qua, qua...

E se lo tirò dietro nella serra, fra i vasi di fiori, dove appunto era stata nascosta. Boris sorridendo la seguì.

— Sentiamo la cosa.

Ella si confuse, si guardò intorno, e vista la sua bambola gettata sopra uno dei vasi, la prese.

— Su, date un bacio alla bambola!

Boris fisò con tenero sguardo il visino acceso di lei, e non rispose.

— Non volete?... Ebbene, venite più in qua...

Si cacciò più addentro fra le piante e scagliò lontano la bambola.

— Più in qua, dico, più vicino, più vicino! – bisbigliò, tirandolo per una manica dell’uniforme e arrossendo più forte, con una espressione solenne e spaurita.

— E a me... me lo volete dare un bacio? – balbettò con un fil di voce, guardandolo di sottecchi, sorridendo e quasi piangendo dall’agitazione.

Boris si fece di fiamma.

— Come siete curiosa! – disse, chinandosi verso di lei, ma nè tentando nè aspettando.

Di botto, ella balzò sopra un vaso di fiori, stette così più alto di lui, lo avvinse con le braccia nude e sottili, e con una scossa del capo rigettando indietro i capelli, lo baciò sulla bocca.

Saltò poi in terra dall’altra parte e, abbassata la testa, si fermò.

— Natalia, voi sapete che io vi amo, – diss'egli, – ma...

— Siete innamorato di me?

— Sì, innamorato... Ma di grazia, non facciamo più queste cose... Ancora quattro anni... Allora domanderò la vostra mano.

Natalia si mise a pensare.

— Tredici, quattordici, quindici, sedici, – e contava sulla punta delle dita. – Benissimo! Sicchè siamo intesi?

E un sorriso di giubilo le illuminò il viso.

— Siamo intesi.

— Per sempre? fino alla morte?

E presolo a braccetto, rientrò con lui sicura e trionfante nella camera attigua al salotto.

XI

La contessa, stanca dalle molte visite, ordinò che non si ricevesse più alcuno: chiunque venisse per fare i suoi augurii, avrebbe trovato giù in portineria l’invito a pranzo. Aveva una gran voglia di chiacchierare a quattr’occhi con la Drubezkoi, sua amica d’infanzia, testè arrivata da Pietroburgo.

— Con te, – disse costei avvicinandosi con la poltrona a quella della contessa, – non farò misteri. Ce n’avanzano così pochi dei vecchi amici! epperò mi è così cara l’amicizia tua.

Volse qui un’occhiata a Vera, e si fermò. La contessa le strinse la mano, e si volse alla figlia.

— Vera! possibile che siate così ottusa? O non capisci che qui sei di troppo? Va dalle sorelle, va...

La bella Vera sorrise con una punta di disprezzo, ma non parve offesa.

— Se me l’aveste detto prima, mamma, sarei già andata via.

Si alzò così dicendo per tornare in camera sua; ma, traversando la sala contigua, notò due coppie simmetricamente annidate presso le due finestre. Si arrestò a guardarle con occhio beffardo. Sofia sedeva molto vicina a Nicola, il quale le andava copiando certi suoi versi. Boris e Natalia, presso l’altra finestra, tacquero di botto, come colti in flagranza. Le due fanciulle, con un aspetto tra felice e contrito, alzarono gli occhi su Vera.

Lo spettacolo era giocondo di freschezza e di semplicità. Ma Vera non ne fu commossa.

— Quante volte vi ho pregata, – disse a Nicola, togliendogli il calamaio, – di non prendere le mie cose. Avete la vostra camera, mi pare.

– Subito, un momento, – rispose il giovane, intingendo in fretta la penna.

— Voi avete il talento di far tutto fuor di proposito. Poco fa avete fatto irruzione in salotto in una maniera così sconveniente, che si è arrossito per voi.

L’osservazione era giusta, ma non ebbe risposta. I quattro giovani non fecero che scambiarsi delle occhiate. Vera stava ritta in mezzo alla camera con in mano il calamaio.

— E che segreti ci possono essere fra voi, all’età vostra? Scioccherie, si capisce.

— Ma che ti fa a te, Vera? – venne su Natalia con dolcezza. Più che mai si sentiva buona e ben disposta per tutti.

— Mi fa che non posso soffrire certe fanciullaggini. Arrossisco io per conto vostro e pei vostri famosi segreti.

— Si sa, ciascuno ha i suoi. Noi, per esempio, non ti tocchiamo il tuo Berg, – ribattè Natalia scaldandosi.

— Si capisce che non me lo tocchiate, perchè io non faccio nulla di sconveniente. Ma io dirò alla mamma come tu ti contieni con Boris.

— Si contiene benissimo, – protestò il giovane, – nè io ho da farle il minimo appunto...

— Smettetela, Boris! Io so che siete un diplomatico, voi, – interruppe Natalia con voce tremula dal dispetto.

— Dite piuttosto chiaro e tondo che non ci secchi, che non se la pigli sempre con me. Tu, Vera, non capirai mai certe cose, perchè non hai mai amato anima viva; tu non hai cuore; sei una madama de Genlis (questo soprannome, tenuto per molto offensivo, gliel’avea dato Nicola), e tutto il tuo gusto sta nel fare arrabbiare gli altri. Fa pure, quanto più ti piace, la civettuola con Berg, e lascia noi in pace.

— Ma io davanti alla gente non mi metterò mica a correre dietro un giovanotto...

— Brava! ha raggiunto lo scopo, – sentenziò Nicola. – Una sgarberia per ciascuno, e un disturbo per tutti.

E le due coppie si alzarono e scapparono via, come uno stormo di uccelli spauriti.

— Le sgarberie me le avete dette voi a me, – esclamò Vera.

— Madama de Genlis! madama de Genlis! – suonarono delle voci ironiche di là dall’uscio.

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