«Dicci cosa vuoi o sparisci, Malfoy» disse Hermione seccamente, da sopra il Manuale di Incantesimi.
Un sorriso gioioso si aprì sul volto pallido di Malfoy.
«Non dirmi che non lo sai » disse, deliziato. «Hai il padre e un fratello al Ministero e non lo sai nemmeno? Santo cielo, mio padre me l’ha detto secoli fa… l’ha sentito dire da Cornelius Caramell. Ma certo, mio padre ha sempre contatti di alto livello al Ministero… forse tuo padre è troppo in basso per saperlo. Weasley… sì… probabilmente non parlano di cose importanti in sua presenza…»
Con un’ultima risata, Malfoy fece un cenno a Tiger e Goyle e scomparvero tutti e tre.
Ron scattò in piedi e chiuse la porta scorrevole con tanta forza da mandare in frantumi il vetro.
« Ron! » esclamò Hermione. Poi estrasse la bacchetta, bisbigliò « Reparo! » e i frammenti di vetro volarono indietro a formare una sola lastra che tornò sulla porta.
«Be’… sembra sempre che lui sa tutto e noi no…» ringhiò Ron. « Ma certo, mio padre ha sempre contatti di alto livello al Ministero… papà avrebbe potuto avere la promozione quando voleva… è solo che gli piace stare dove sta…»
«Ma certo» disse Hermione piano. «Non lasciare che ti provochi, Ron…»
«Lui! Provocarmi! Figuriamoci!» disse Ron, afferrando uno dei dolci rimasti e riducendolo in poltiglia.
Il cattivo umore di Ron durò per tutto il viaggio. Non parlò molto mentre indossavano la divisa della scuola, ed era ancora incupito quando l’Espresso di Hogwarts finalmente rallentò e si fermò nel buio impenetrabile della stazione di Hogsmeade.
Mentre le portiere si aprivano, in alto echeggiò un rombo di tuono. Hermione avvolse Grattastinchi nel suo mantello e Ron lasciò l’abito da cerimonia sopra Leo mentre scendevano dal treno, le teste chine e gli occhi ridotti a fessure per il diluvio. La pioggia ora scendeva così fitta e rapida che era come se sulle loro teste venissero continuamente rovesciati secchi d’acqua ghiacciata.
«Ciao, Hagrid!» gridò Harry individuando una sagoma gigantesca all’estremità della banchina.
«Tutto bene, Harry?» urlò di rimando Hagrid, agitando il braccio. «Ci si vede alla festa se non si affoga prima!»
Quelli del primo anno per tradizione approdavano al castello di Hogwarts attraversando il lago in barca con Hagrid.
«Oooh, non mi piacerebbe affatto attraversare il lago con questo tempo» disse Hermione convinta, tremando mentre avanzavano lentamente lungo la banchina buia col resto della folla. Un centinaio di carrozze senza cavallo erano schierate in attesa fuori dalla stazione. Harry, Ron, Hermione e Neville si arrampicarono con sollievo in una di esse, la porta si chiuse con un colpo secco e, qualche momento dopo, la lunga processione di carrozze si fece strada rombando e schizzando acqua su per il sentiero che conduceva al castello di Hogwarts.
CAPITOLO 12
IL TORNEO TREMAGHI
Le carrozze avanzarono pesantemente attraverso i cancelli, fiancheggiati da statue di cinghiali alati, e su per il ripido viale, oscillando pericolosamente in quella che stava diventando in fretta una tempesta. La fronte contro il finestrino, Harry vide Hogwarts avvicinarsi, le molte finestre illuminate confuse e tremolanti al di là della fitta cortina di pioggia. Un fulmine dardeggiò nel cielo mentre la loro carrozza si fermava davanti ai grandi portoni di quercia in cima alla rampa di gradini di pietra. Chi era a bordo delle carrozze davanti a loro già si affrettava a salire e a entrare nel castello; anche Harry, Ron, Hermione e Neville balzarono giù e sfrecciarono per gli scalini, alzando lo sguardo solo quando si trovarono al riparo nell’imponente Sala d’Ingresso illuminata dalle torce con la sua grandiosa scalinata di marmo.
«Accidenti» disse Ron, scuotendo la testa e schizzando acqua dappertutto, «se continua cosi, il lago strariperà. Sono anneg… ARGH!»
Un grosso palloncino rosso pieno d’acqua era caduto giù dal soffitto sulla testa di Ron ed era esploso. Inzuppato e sputacchiante, Ron barcollò e urtò Harry; un secondo palloncino mancò per un soffio Hermione ed esplose ai piedi di Harry, sollevando un’ondata di acqua fredda sulle sue scarpe da tennis e fin dentro i calzini. I ragazzi intorno strillarono e presero a spintonarsi nel tentativo di uscire dalla linea di tiro. Harry alzò la testa: sei metri più su, a mezz’aria, Pix il Poltergeist, un omino con il berretto coperto di campanelle e il papillon arancione, prendeva la mira con la faccia maligna deformata dalla concentrazione.
«Pix!» urlò una voce adirata. «Pix, vieni giù IMMEDIATAMENTE!»
La professoressa McGranitt, vicepreside della scuola e direttrice della Casa di Grifondoro, era arrivata di fretta dalla Sala Grande; scivolò sul pavimento bagnato e si aggrappò al collo di Hermione per non cadere. «Oops… Chiedo scusa, signorina Granger…»
«Non è niente, professoressa!» esclamò Hermione col fiato mozzo, massaggiandosi la gola.
«Pix, scendi SUBITO!» abbaiò la professoressa McGranitt, raddrizzandosi il cappello a punta e gettando un’occhiataccia in su attraverso gli occhiali con la montatura squadrata.
«Non faccio niente!» ridacchiò Pix, scagliando una bomba d’acqua contro alcune ragazze del quinto anno, che urlarono e si precipitarono in Sala Grande. «Sono già bagnati, no? Piccoli presuntuosi! Vaaaaaaai!» E colpi un gruppo di ragazzi del secondo anno che erano appena arrivati.
«Chiamerò il Preside!» gridò la professoressa McGranitt. «Ti avverto, Pix…»
Pix tirò fuori la lingua, scagliò gli ultimi gavettoni e sfrecciò via su per la scalinata di marmo, ridendo come un pazzo.
«Be’, avanti, adesso!» disse severa la professoressa McGranitt alla folla in subbuglio, «in Sala Grande, andiamo!»
Harry, Ron e Hermione attraversarono sdrucciolando la Sala d’Ingresso e attraversarono la doppia porta sulla destra, con Ron che borbottava inviperito a mezza voce mentre si spingeva via dalla faccia i capelli inzuppati.
La Sala Grande era magnifica come sempre, decorata per il banchetto d’inizio anno. Piatti e calici d’oro scintillavano alla luce di centinaia e centinaia di candele che galleggiavano a mezz’aria sopra i tavoli. Le quattro lunghe tavolate delle case erano affollate di studenti vocianti; in fondo alla Sala, gli insegnanti sedevano lungo un solo lato di un quinto tavolo, di fronte ai loro allievi. Lì dentro faceva molto più caldo. Harry, Ron e Hermione passarono oltre i Serpeverde, i Corvonero e i Tassorosso e si sedettero con gli altri di Grifondoro all’estremità della Sala, vicino a Nick-Quasi-Senza-Testa, il fantasma di Grifondoro. Nick quella sera portava il suo solito farsetto, con una gorgiera particolarmente ampia, che serviva al doppio scopo di avere un’aria festaiola e di assicurare che la testa non ciondolasse troppo sul collo in parte tagliato.
«Buonasera» disse sorridendo.
«La sapete una cosa?» disse Harry sfilandosi le scarpe e svuotandole dell’acqua. «Spero che si sbrighino con lo Smistamento, sto morendo di fame».
La Cerimonia dello Smistamento degli studenti alle Case si svolgeva all’inizio di ogni anno scolastico, ma per una sfortunata serie di circostanze Harry non aveva assistito a nessuna, dopo la sua. Aveva una certa voglia di vederla.
In quell’istante, una voce affannata e molto su di giri gridò dall’altra parte del tavolo: «Ehilà, Harry!»
Era Colin Canon, uno del terzo anno per il quale Harry era una specie di eroe.
«Ciao, Colin» rispose Harry cauto.
«Harry, indovina un po’? Quest’anno c’è anche mio fratello! Mio fratello Dennis!»
«Ehm… bene!» disse Harry.
«È davvero emozionato!» esclamò Colin, praticamente saltellando. «Spero solo che finisca a Grifondoro! Incrocia le dita, eh, Harry?»
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