J. K. Rowling
Harry Potter e il calice di fuoco
A Peter Rowling, in memoria del signor Ridley e a Susan Sladden, che ha aiutato Harry a uscire dall’armadio
Gli abitanti di Little Hangleton la chiamavano ancora Casa Riddle, anche se erano passati tanti anni da quando i Riddle ci abitavano. Si trovava sulla collina che dominava il villaggio: alcune delle finestre erano inchiodate, al tetto mancavano delle tegole e l’edera cresceva incolta sulla facciata. Un tempo Casa Riddle era stata una dimora elegante, certo l’edificio più vasto e grandioso nel raggio di chilometri, ma ora era umida, desolata e disabitata.
Gli hangletoniani convenivano tutti che la vecchia casa era “sinistra”. Mezzo secolo prima, qualcosa di strano e terribile era successo là dentro, qualcosa di cui gli abitanti più anziani del villaggio amavano ancora discutere quando erano a corto di pettegolezzi. La storia era stata ripetuta così tante volte, e vi erano stati aggiunti cosi tanti fronzoli che nessuno era più certo di quale fosse la verità. Ogni versione del racconto, comunque, cominciava allo stesso modo: cinquant’anni prima, all’alba di una bella giornata d’estate, quando Casa Riddle era ancora ben tenuta e imponente, una cameriera era entrata in salotto e aveva trovato morti tutti e tre i Riddle.
La cameriera era corsa urlando giù per la collina fino al villaggio, e aveva radunato tutte le persone che poteva.
«Sono là stesi con gli occhi spalancati! Freddi come il ghiaccio! Ancora vestiti per la cena!»
Fu chiamata la polizia, e tutta quanta Little Hangleton si crogiolò in una curiosità atterrita e in una malcelata eccitazione. Nessuno si sforzò di fingersi addolorato per i Riddle, che erano stati assolutamente impopolari. Gli anziani signori Riddle, marito e moglie, erano ricchi, snob e sgarbati, e il loro figlio ormai adulto, Tom, era anche peggio. Tutto quello che importava agli abitanti era l’identità dell’assassino: chiaramente, tre persone in apparenza sane non morivano di colpo per cause naturali nella stessa notte.
L’Impiccato, il pub locale, fece affari d’oro quella sera: il villaggio al completo accorse per discutere gli omicidi. E la ricompensa per quell’uscita serale arrivò quando la cuoca dei Riddle fece un ingresso teatrale e annunciò al pub improvvisamente silenzioso che un uomo chiamato Frank Bryce era stato appena arrestato.
«Frank!» gridarono in molti. «Impossibile!»
Frank Bryce era il giardiniere. Viveva solo in un cottage malridotto sulla proprietà dei Riddle. Frank era tornato dalla guerra con una gamba molto rigida e un gran disgusto per la folla e i rumori, e da allora lavorava per i Riddle.
I presenti fecero a gara per pagare da bere alla cuoca e farle raccontare altri dettagli.
«Sempre detto che era uno strano» disse, dopo il quarto sherry, agli abitanti in avido ascolto. «Scontroso, ecco. Gli ho offerto da bere un sacco di volte, mica una. E lui… mai dato confidenza, mai».
«Sì, però» disse una donna al bancone, «ha fatto la guerra, Frank, gli piace star tranquillo. Che motivo aveva di…»
«E chi ce l’aveva la chiave della porta dietro, eh?» abbaiò la cuoca. «C’è sempre stata una chiave in più appesa nella casa del giardiniere, sempre, per quello che mi ricordo! Nessuno ha scassinato la porta! Niente finestre rotte! Frank non ha dovuto far altro che strisciare fino alla casa grande mentre dormivano tutti…»
I presenti si scambiarono sguardi cupi.
«Io l’ho sempre pensato che aveva l’aria cattiva, ecco» borbottò un uomo al bancone.
«Se volete saperlo, la guerra l’ha fatto diventare strano» disse il padrone.
«Te lo dicevo, Dot, che non avrei mai voluto pestargli i piedi» disse una donna in tono animato.
«Un caratteraccio» annuì Dot con fervore. «Mi ricordo che quando era piccolo…»
Entro la mattina dopo, quasi tutti a Little Hangleton erano certi che Frank Bryce avesse ucciso i Riddle.
Ma nella vicina città di Great Hangleton, nella buia, squallida stazione di polizia, l’ostinato Frank continuava a ripetere che era innocente, e che la sola persona che aveva visto nei dintorni della casa il giorno della morte dei Riddle era un ragazzino, uno straniero pallido, coi capelli scuri. Nessun altro al villaggio aveva visto un ragazzo del genere, e la polizia era piuttosto convinta che Frank se lo fosse inventato.
Poi, proprio mentre le cose si facevano molto serie per Frank, giunse il referto dell’autopsia effettuata sui Riddle, e questo cambiò tutto.
La polizia non aveva mai letto un referto così strano. Una commissione di medici aveva esaminato i corpi, e aveva concluso che nessuno dei Riddle era stato avvelenato, pugnalato, colpito da pallottole, strangolato, soffocato o (per quello che se ne poteva desumere) ferito in qualche modo. E aggiungeva, in tono di inequivocabile meraviglia, che in effetti i Riddle sembravano in perfetta salute, a parte il fatto che erano morti tutti e tre. I dottori, come a voler trovare a tutti i costi qualcosa che non andava nei cadaveri, osservarono che ciascun Riddle aveva un’espressione di terrore sul volto: ma come disse la polizia delusa, chi ha mai sentito di tre persone morte di paura ?
Poiché non c’erano prove che i Riddle fossero stati assassinati, la polizia fu costretta a rilasciare Frank. I Riddle furono sepolti nel cimitero di Little Hangleton, e le loro tombe furono per un po’ oggetto di curiosità. Con sorpresa di tutti, e in una nube di sospetto, Frank Bryce tornò nella sua casetta sulla proprietà dei Riddle.
«Per quello che ne so, li ha uccisi lui, e non m’importa di quel che dice la polizia» dichiarò Dot all’ Impiccato. «E se avesse un po’ di decenza, se ne andrebbe: lo sa che sappiamo che è stato lui».
Ma Frank non se ne andò. Rimase a badare al giardino per conto della famiglia che venne ad abitare a Casa Riddle, e di quella dopo: perché nessuna delle due si fermò a lungo. Forse anche per via di Frank, ogni nuovo proprietario sosteneva infatti che su quel posto tirava una brutta aria. E questo, in assenza di abitanti, cominciò ad andare in rovina.
* * *
Il proprietario di Casa Riddle, a quei tempi, era un ricco signore che non ci abitava né la utilizzava in alcun modo; al villaggio dicevano che la teneva per “ragioni fiscali”, anche se nessuno diceva chiaramente quali potessero essere. Il ricco proprietario continuò comunque a pagare Frank perché badasse al giardino: lui ormai si avvicinava al suo settantasettesimo compleanno, era piuttosto sordo e la sua gamba ferita era più rigida che mai, ma lo si vedeva ancora affaccendarsi attorno alle aiuole quando c’era bel tempo, anche se le erbacce cominciavano ad avere la meglio.
Le erbacce non erano la sola cosa con la quale Frank dovesse combattere. I ragazzi del villaggio si divertivano a tirare sassi alle finestre di Casa Riddle; sfrecciavano in bicicletta sui prati che Frank faticava tanto a mantenere ben curati, e una o due volte s’intrufolarono nella vecchia casa, per scommessa. Sapevano che il vecchio Frank era devoto alla casa e alla proprietà, e li divertiva vederlo zoppicare per il giardino, brandendo il bastone e urlando contro di loro con voce gracchiante. Dal canto suo Frank era convinto che i ragazzi lo tormentassero perché, come i loro genitori e i loro nonni, lo credevano un assassino. Così, quando Frank si svegliò una notte d’agosto e vide qualcosa di molto strano su alla vecchia casa, si limitò a pensare che i ragazzi ne avessero inventata un’altra per punirlo.
Fu la gamba ferita a svegliare Frank; nella vecchiaia lo torturava come non mai. Si alzò, scese le scale zoppicando e andò in cucina con l’idea di riempire di nuovo la borsa dell’acqua calda per dare sollievo al ginocchio. In piedi davanti al lavandino, mentre riempiva il bollitore, guardò verso Casa Riddle e vide balenare delle luci alle finestre del piano superiore. Frank capì all’istante che cosa stava succedendo: i ragazzi erano penetrati di nuovo nella casa, e a giudicare dal riverbero avevano appiccato un incendio.
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