«Ehm… si, certo» disse Harry. Poi si rivolse di nuovo a Ron, Hermione e Nick-Quasi-Senza-Testa. «I fratelli e le sorelle di solito vanno nelle stesse Case, vero?» disse. Lo deduceva dai Weasley, che erano stati assegnati tutti e sette a Grifondoro.
«Oh, no, non necessariamente» disse Hermione. «La gemella di Calì Patil è a Corvonero, e sono identiche, ci si aspetterebbe che stessero insieme, no?»
Harry guardò il tavolo degli insegnanti. Sembrava che ci fossero più posti vuoti del solito. Hagrid, naturalmente, stava ancora tentando di attraversare il lago con quelli del primo anno; la professoressa McGranitt probabilmente stava sovrintendendo all’asciugatura del pavimento dell’ingresso, ma c’era anche un altro posto vuoto, e Harry non riuscì a capire chi altri mancasse.
«Dov’è il nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure?» chiese Hermione, guardando dalla stessa parte.
Non avevano ancora avuto un insegnante di Difesa contro le Arti Oscure che fosse durato più di tre trimestri. Il preferito di Harry, di gran lunga, era stato il professor Lupin, che aveva dato le dimissioni l’anno prima. Guardò il tavolo dei professori in lungo e in largo. Decisamente non c’erano facce nuove laggiù.
«Forse non sono riusciti a trovare nessuno!» disse Hermione preoccupata.
Harry scrutò il tavolo con maggiore attenzione. Il minuscolo professor Vitious, l’insegnante di Incantesimi, era seduto su una grossa pila di cuscini accanto alla professoressa Sprite, l’insegnante di Erbologia, che aveva il cappello di traverso sui capelli neri svolazzanti; stava parlando con la professoressa Sinistra di Astronomia. Accanto sedeva il giallastro, aquilino, untuoso insegnante di Pozioni, Piton — la persona meno gradita a Harry di tutta Hogwarts. Il disgusto di Harry per Piton era pari solo all’odio di Piton per lui, un odio che, se possibile, era aumentato l’anno prima, quando Harry aveva aiutato Sirius a fuggire sotto il lungo naso di Piton… Piton e Sirius erano nemici fin dai tempi della scuola.
Vicino a Piton c’era un posto vuoto, che Harry immaginò fosse quello della professoressa McGranitt. Oltre, esattamente al centro del tavolo, sedeva il professor Silente, il Preside, i capelli argentei e la barba fluente che brillavano alla fiamma delle candele, gli splendidi abiti verde cupo ricamati di numerose stelle e lune. Silente posava il mento sulle lunghe dita sottili, fissando il soffitto attraverso gli occhiali a mezzaluna come se fosse perso nei suoi pensieri. Anche Harry guardò il soffitto che rifletteva per magia il cielo fuori, e non l’aveva mai visto così tempestoso. Nuvole nere e viola lo attraversavano vorticando, e mentre rimbombava un altro tuono, saettò un fulmine.
«Oh, muovetevi» si lagnò Ron accanto a Harry. «Potrei mangiarmi un Ippogrifo».
Non fece in tempo a finire la frase che le porte della Sala Grande si aprirono, e cadde il silenzio. La professoressa McGranitt guidò una lunga fila di ragazzini del primo anno fino all’altro capo del salone. Se Harry, Ron e Hennione erano bagnati, non era niente a confronto dei nuovi arrivati: sembrava che invece di arrivare in barca avessero attraversato il lago a nuoto. Tutti tremavano di freddo e nervosismo mentre sfilavano lungo il tavolo degli insegnanti e si fermavano davanti al resto della scuola — tutti tranne il più piccolo, un ragazzino coi capelli color topo, avvolto in quello che Harry riconobbe come il cappotto di pelliccia di talpa di Hagrid. Il cappotto era così grande per lui che sembrava avviluppato in un tendone nero e peloso: il suo faccino spuntava da sopra il collo, quasi dolorosamente eccitato. Quando ebbe preso posto accanto ai suoi terrorizzati coetanei, incrociò lo sguardo di Colin Canon, alzò entrambi i pollici e articolò: «Sono caduto nel lago!» Sembrava decisamente divertito per l’accaduto.
La professoressa McGranitt posò uno sgabello a quattro gambe davanti alla fila e vi sistemò sopra un cappello da mago estremamente vecchio, sporco e rattoppato. I ragazzini lo fissarono. Così tutti gli altri. Per un attimo calò il silenzio. Poi uno strappo vicino all’orlo si spalancò come una bocca e il cappello prese a cantare:
Or son mille anni, o forse anche più,
che l’ultimo punto cucito mi fu:
vivevano allor quattro maghi di fama,
che ancora oggi celebri ognuno qui chiama.
Il fier Grifondoro, di cupa brughiera,
e Corvonero, beltà di scogliera,
e poi Tassorosso, signor di vallata,
e ancor Serpeverde, di tana infossata.
Un solo gran sogno li accomunava,
un solo progetto quei quattro animava:
creare una scuola, stregoni educare.
E Hogwarts insieme poteron fondare.
Ciascuno dei quattro una casa guidava,
ciascuno valori diversi insegnava:
ognuno stimava diverse virtù
e quelle cercava di accrescer vieppiù.
E se Grifondoro il coraggio cercava
e il giovane mago più audace premiava,
per Corvonero una mente brillante
fu tosto la cosa davvero importante.
Chi poi nell’impegno trovava diletto
del buon Tassorosso vinceva il rispetto,
e per Serpeverde la pura ambizione
contava assai più di ogni nobile azione.
I quattro, concordi, gli allievi diletti
sceglievan secondo criteri corretti.
Ma un giorno si dissero: chi li spartirà
quando ognuno di noi defunto sarà?
Così Grifondoro un modo trovava
e me dal suo capo veloce sfilava:
poi con i tre maghi una mente mi fece
capace di scegliere in loro vece.
E se sulle orecchie mi avrete calato,
voi state pur certi, non ho mai sbagliato:
nelle vostre teste un occhiata darò
e alla Casa giusta vi assegnerò!
Il Cappello Parlante finì e la Sala Grande risuonò d’applausi.
«Non è la stessa canzone che ha cantato quando ha diviso noi» disse Harry, applaudendo assieme a tutti gli altri.
«Ne canta una diversa ogni anno» disse Ron. «Dev’essere una vera pizza, essere un cappello, no? Immagino che passi tutto l’anno a preparare la prossima».
La professoressa McGranitt stava srotolando un gran rotolo di pergamena.
«Quando vi chiamo, dovete mettervi il Cappello e sedervi sullo sgabello» disse ai ragazzi in fila. «Quando il Cappello proclama la vostra Casa, andrete a sedervi al tavolo giusto.
«Ackerley, Stewart!»
Un ragazzo fece un passo avanti tremando visibilmente da capo a piedi, prese il Cappello Parlante, se lo mise e si sedette sullo sgabello.
« Corvonero! » strillò il Cappello.
Stewart Ackerley se lo tolse e corse al tavolo di Corvonero, dove tutti lo applaudirono. Harry colse di sfuggita Cho, la Cercatrice di Corvonero, che festeggiava il nuovo arrivato. Per un attimo fuggente, Harry provò lo strano impulso di unirsi al tavolo di Corvonero.
«Baddock, Malcolm!»
« Serpeverde! »
Il tavolo all’altro capo della Sala esplose in applausi; Harry vide Malfoy battere le mani mentre Baddock si univa ai Serpeverde. Harry si chiese se Baddock sapeva che la casa di Serpeverde aveva prodotto più Maghi e Streghe Oscuri di qualunque altra. Fred e George fischiarono mentre Malcolm Baddock si sedeva.
«Branstone, Eleanor!»
« Tassorosso! »
«Caldwell, Owen!»
« Tassorosso! »
«Canon, Dennis!»
Il piccolo Dennis Canon barcollò in avanti, inciampando nella pelliccia di talpa di Hagrid, proprio mentre quest’ultimo scivolava nella Sala attraverso una porta dietro il tavolo degli insegnanti. Alto due volte un uomo normale, e largo almeno tre, Hagrid, con la sua lunga barba nera aggrovigliata e incolta, aveva un aspetto vagamente inquietante — una falsa impressione, perché Harry, Ron e Hermione sapevano che Hagrid era di natura assai gentile. Il gigante fece loro l’occhiolino mentre sedeva all’estremità del tavolo degli insegnanti e guardava Dennis Canon infilarsi il Cappello Parlante. Lo squarcio vicino all’orlo si spalancò…
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