Joanne Rowling - Harry Potter e la pietra filosofale

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Harry Potter e la pietra filosofale: краткое содержание, описание и аннотация

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Un orfanello dotato di misteriosi poteri, due zii molto antipatici e… si entra nell’eccitante universo del Meraviglioso!
Un ragazzino con gli occhiali grossi ha conquistato la copertina del Time: si chiama Harry Potter. Nel giorno del suo undicesimo compleanno Harry si rende conto di essere dotato di straordinari poteri magici. E di potersi finalmente vendicare di tutte le angherie subite dagli odiosi zii che l’hanno allevato malvolentieri al posto dei genitori spariti nel nulla. Dovrà però frequentare la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, la migliore d’Inghilterra, in un castello dove è custodita la prodigiosa Pietra Filosofale che può sconfiggere le forze del male…

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La camera accanto era talmente buia che non si distingueva un bel niente. Ma mentre vi entravano, fu improvvisamente invasa da una gran luce, e la scena che si parò loro dinanzi fu stupefacente.

Si trovavano sull’orlo di un’enorme scacchiera, dietro ai pezzi neri, tutti molto più alti di loro e scolpiti in quella che sembrava pietra. Di fronte a loro, all’estremità opposta del vasto locale, c’erano i pezzi bianchi. Harry, Ron e Hermione ebbero un lieve brivido: erano altissimi e privi di volto.

«E adesso, che cosa facciamo?» sussurrò Harry.

«Ma è chiaro, no?» disse Ron. «Dobbiamo iniziare a giocare e via via attraversare la stanza fino ad arrivare dall’altra parte».

Dietro i pezzi bianchi si scorgeva un’altra porta.

«E come facciamo?» chiese nervosa Hermione.

«Penso» rispose Ron, «che dovremo far finta di essere anche noi dei pezzi degli scacchi».

Si diresse verso un cavallo nero e tese la mano per toccarlo. D’un tratto, la pietra di cui era fatto prese vita. Il cavallo si mise a raspare a terra con la zampa, e il cavaliere chinò il capo coperto dall’elmo per guardare Ron.

«Dobbiamo… ehm… dobbiamo venire con voi per attraversare?»

Il cavaliere nero annui. Ron si voltò verso i suoi compagni.

«Qua bisogna pensarci bene…» disse. «Credo che dovremo prendere il posto di tre dei pezzi neri…»

Harry e Hermione rimasero in silenzio, osservandolo mentre rifletteva. Alla fine, Ron disse: «Be’, non vi offendete, eh?, ma nessuno di voi due è molto bravo a scacchi…»

«Figurati se ci offendiamo» ribatté subito Harry. «Dicci soltanto che cosa dobbiamo fare».

«Allora, Harry, tu prendi il posto di quell’alfiere, e tu, Hermione, mettiti vicino a lui, al posto di quella torre».

«E tu?»

«Io farò il cavallo» disse Ron.

Sembrava che i pezzi degli scacchi li avessero sentiti, perché a quelle parole un cavallo, un alfiere e una torre voltarono le spalle ai pezzi bianchi e se ne andarono dalla scacchiera lasciando tre caselle vuote, che vennero occupate da Harry, Ron e Hermione.

«I bianchi muovono sempre per primi, a scacchi» fece Ron lanciando un’occhiata al lato opposto dell’enorme scacchiera. «E difatti, guardate…»

Un pedone bianco era avanzato di due caselle.

Ron cominciò a dirigere le mosse dei neri, che si spostavano silenziosamente seguendo i suoi ordini. A Harry tremavano le gambe: e se avessero perso?

«Harry… muoviti diagonalmente di quattro caselle verso destra».

Il primo choc vero arrivò quando fu mangiato l’altro loro cavallo. La regina bianca lo sbatté a terra e lo trascinò via dalla scacchiera: rimase immobile, faccia a terra.

«Ho dovuto lasciarglielo fare» disse Ron con aria sconvolta, «così tu, Hermione, sarai libera di mangiare quell’alfiere. Dài, muoviti».

Ogniqualvolta perdevano un pezzo, i bianchi si mostravano spietati. Ben presto i pezzi neri cominciarono ad allinearsi contro il muro, inerti come pupazzi. Per due volte Ron si accorse appena in tempo che Harry e Hermione erano in pericolo. Frattanto, schizzava da una parte all’altra della scacchiera, mangiando tanti bianchi quanti erano i neri che avevano perso.

«Ci siamo quasi» borbottò a un tratto. «Fatemi pensare… fatemi pensare».

La regina bianca volse verso di lui la testa senza volto.

«Si…» disse piano Ron, «è l’unico modo… devo lasciarmi mangiare».

«NO!» esclamarono Harry e Hermione.

«Ma a scacchi è così!» tagliò corto Ron. «Bisogna pur sacrificare qualche cosa! Ora farò un passo avanti e lei mi mangerà… e voi sarete liberi di dare scacco matto al re, Harry!»

«Ma…»

«Volete fermare Piton, oppure no?»

«Ron…»

«Sentite, se non vi sbrigate quello ruba la Pietra!»

Non c’era nient’altro da fare.

«Pronti?» gridò Ron, pallido ma con aria decisa. «Io vado… ma ricordate: non restate in giro a ciondolare, dopo che avrete vinto».

E così dicendo, fece un passo avanti e la regina lo colpì. Gli diede una forte botta in testa con il braccio di pietra e il ragazzo cadde a terra di schianto. Hermione si lasciò sfuggire un grido, ma rimase ferma sulla sua casella. La regina bianca trascinò Ron da una parte: il ragazzo sembrava proprio K.O.

Tutto tremante, Harry si spostò di tre caselle a sinistra.

A quel punto, il re bianco si tolse la corona di testa e la gettò ai piedi di Harry. I neri avevano vinto. I pezzi si divisero in due gruppi e ciascun gruppo si inchinò all’altro, lasciando intravedere la porta aperta in fondo alla stanza. Gettando un’ultima occhiata disperata in direzione di Ron, rimasto indietro, Harry e Hermione spiccarono la corsa, e varcata la porta si diressero di gran carriera lungo il corridoio.

«E se Ron…?»

«Andrà tutto bene» disse Harry, cercando di convincere soprattutto se stesso. «Secondo te, che cos’altro ci manca?»

«Be’, Sprite il suo tiro ce l’ha già giocato, con il Tranello del Diavolo… A stregare le chiavi sarà stato senz’altro Vitious… La McGranitt ha fatto una Trasfigurazione ai pezzi degli scacchi facendoli diventare vivi… Ci manca l’incantesimo di Raptor e poi quello di Piton…»

Intanto erano giunti davanti a un’altra porta.

«Tutto bene?» sussurrò Harry.

«Va’ avanti tu».

Harry spinse la porta.

Le loro narici furono invase da un odore nauseabondo, che costrinse entrambi a coprirsi il naso con il mantello. Con gli occhi pieni di lacrime videro, steso per terra davanti a loro, un mostro ancor più grosso di quello con cui avevano già avuto a che fare. Giaceva inerte con un bernoccolo insanguinato in testa.

«Meno male che non abbiamo dovuto vedercela anche con questo» mormorò Harry mentre, con circospezione, scavalcavano una delle zampone massicce. «Vieni, qui dentro non si respira».

Aprì la porta successiva tirandola a sé. Quasi non avevano il coraggio di guardare quel che avrebbero trovato. E invece non c’era nulla di particolarmente spaventoso: erano in una stanza con un tavolo su cui erano allineate sette bottiglie di forme diverse.

«Qua c’è lo zampino di Piton» fece Harry. «Che cosa dobbiamo fare?»

Varcarono la soglia e immediatamente, nello strombo della porta alle loro spalle, si accese un fuoco fiammeggiante. Non era un fuoco qualsiasi: era viola. Nello stesso istante, fiamme nere si sprigionarono dalla soglia della porta seguente. Erano in trappola.

«Guarda!» Hermione afferrò un rotolo di carta posato sul tavolo accanto alle bottiglie. Harry si sporse oltre la sua spalla per leggere quello che c’era scritto:

Davanti a voi è il pericolo, dietro la sicurezza
Due tra di noi vi aiutano, usate la destrezza
Una sola, di sette, vi lascerà avanzare
Se un’altra ne berrete, vi farebbe arretrare
Due son piene soltanto di nettare d’ortica
Tre, assassine, s’apprestano alla loro fatica.
Scegliete o resterete per sempre tra i supplizi.
Per aiutarvi a scegliere, vi diamo quattro indizi:
Primo, seppur subdolamente il velen non si svela,
Il vino delle ortiche alla sinistra cela;
Secondo, differenti sono quelle agli estremi
Ma per andare avanti rimangono problemi;
Terzo, come vedete, non ve n’è una uguale
Sol di nana e gigante il vin non è letale;
Quarto, la seconda a dritta e la seconda a sinistra
Sono gemelle al gusto, ma diverse alla vista.

Hermione si lasciò sfuggire un gran sospiro, e Harry, allibito, vide che sorrideva: era proprio l’ultima cosa che a lui sarebbe venuto di fare.

« Geniale! » disse la ragazza. «Questa non è magia: è logica. Si tratta di una sciarada. Ci sono tanti grandi maghi che non hanno un briciolo di logica: loro sì che resterebbero bloccati qui in eterno».

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