Sembrò che il commesso volesse impedire loro di uscire, ma poiché arrivava a stento alla cintola di Hagrid parve ripensarci. Si incamminarono in fretta, i Granger ancora spaventati e la signora Weasley fuori di sé per la rabbia.
«Bell’esempio da dare ai tuoi figli… una rissa in pubblico… che cosa avrà pensato Gilderoy Allock…»
«Era tutto contento» disse Fred. «Non lo hai sentito mentre uscivamo? Stava chiedendo a quel tizio della Gazzetta se nel suo articolo poteva accennare alla rissa… ha detto che era tutta pubblicità».
Ma era un gruppo ormai placato quello che giunse al Paiolo magico, da dove Harry, i Weasley e tutti i loro acquisti avrebbero fatto ritorno alla Tana usando la Polvere Volante. Si accomiatarono dai Granger, che stavano uscendo dal pub diretti dalla parte opposta, per raggiungere i quartieri dei Babbani. Il signor Weasley cominciò a chiedergli come funzionavano le fermate degli autobus, ma vista la faccia della moglie si affrettò a interrompersi.
Prima di prendere una manciata di Polvere Volante Harry si tolse gli occhiali e li mise in salvo nella tasca. Decisamente, non era il suo modo preferito di viaggiare.
Capitolo 5
Il Platano Picchiatore
La fine delle vacanze estive arrivò troppo presto per i gusti di Harry. Non vedeva l’ora di tornare a Hogwarts, ma il mese passato alla Tana era stato il più felice della sua vita. Gli riusciva difficile non invidiare Ron quando pensava ai Dursley e al benvenuto che doveva aspettarsi da parte loro, non appena avesse rimesso piede a Privet Drive.
L’ultima sera mamma Weasley organizzò una cena sontuosa con tutte le pietanze preferite di Harry e, per finire, un budino di melassa da far venire l’acquolina in bocca. Fred e George conclusero degnamente la serata con uno spettacolo di fuochi d’artificio Filibuster inondando la cucina di stelle rosse e blu che rimbalzarono dal soffitto alle pareti per una buona mezz’ora. Infine, venne il momento di un’ultima tazza di cioccolata calda, e poi a letto.
La mattina dopo ci volle la mano di dio per riuscire a partire. Si erano alzati al canto del gallo, ma non si sa come tutti avevano un mucchio di cose da fare. Mamma Weasley correva di qua e di là in cerca di calzini spaiati e di penne d’oca; nel trambusto, tutti si scontravano su e giù per le scale, mezzi svestiti e masticando panini, e poco mancò che il signor Weasley non si rompesse il collo inciampando in una gallina di passaggio mentre attraversava il cortile per caricare in macchina il baule di Ginny.
Harry non capiva in che modo otto persone, sei grossi bauli, due gufi e un topo potessero entrare in una piccola Ford Anglia. Ma naturalmente non aveva fatto i conti con le modifiche speciali apportate dal signor Weasley.
«Non una parola con Molly» bisbigliò quest’ultimo a Harry quando apri il bagagliaio e gli mostrò l’incantesimo che aveva fatto per allargarlo, così da farci entrare comodamente i bauli.
Quando finalmente furono tutti in macchina, mamma Weasley dette un’occhiata al sedile posteriore, dove, comodamente seduti uno accanto all’altro, c’erano Harry, Ron, Fred, George e Percy e disse: «I Babbani ne sanno più di quanto noi non crediamo, non è vero?» Lei e Ginny si installarono sul sedile anteriore, che era stato allungato tanto da assomigliare a una panchina del parco. «Voglio dire, dal di fuori non si direbbe mai che questa macchina è così spaziosa, non trovate?»
Il signor Weasley mise in moto e l’auto si avviò fuori del cortile. Harry si voltò a dare un’ultima occhiata alla casa. Ma non aveva fatto in tempo a chiedersi quando l’avrebbe rivista, che già erano tornati indietro: George aveva dimenticato la scatola dei suoi fuochi d’artificio Filibuster. Cinque minuti dopo, nuova brusca frenata nel cortile perché Fred doveva correre a prendere il suo manico di scopa. Avevano quasi raggiunto l’autostrada, quando Ginny, con uno strillo, disse di aver dimenticato il diario. Quando la ragazzina si fu di nuovo arrampicata in macchina erano decisamente in ritardo e gli animi si stavano surriscaldando.
Il signor Weasley guardò l’orologio, poi sua moglie.
«Molly, mia cara…»
« No, Arthur».
«Ma nessuno ci vedrebbe. Questo bottoncino qui è il Turbo Invisibile che ho installato… che ci farebbe sollevare… e poi voleremmo sopra le nuvole. Arriveremmo in dieci minuti e nessuno ne saprebbe niente…»
«Ho detto di no, Arthur, non in pieno giorno».
Arrivarono alla stazione di King’s Cross alle undici meno un quarto. Il signor Weasley attraversò di corsa la strada per procurarsi i carrelli portabagagli e poi, tutti insieme, si precipitarono in stazione.
Già l’anno prima Harry aveva preso l’Espresso per Hogwarts. Il difficile era arrivare al binario nove e tre quarti, ben nascosto agli occhi dei Babbani. Per riuscirci bisognava passare attraverso la robusta barriera che divideva le banchine nove e dieci. Non faceva male, ma era un’impresa che richiedeva molta concentrazione perché i Babbani non si accorgessero che uno spariva.
«Prima Percy» disse mamma Weasley guardando nervosamente il grande orologio della stazione, dal quale risultava che avevano soltanto cinque minuti per scomparire tutti quanti disinvoltamente attraverso la barriera.
Percy spiccò una corsa e sparì. Seguirono il signor Weasley, Fred e George.
«lo vado con Ginny, e voi due venite dietro di noi» disse mamma Weasley a Harry e a Ron, afferrando la mano della ragazzina e avviandosi. In un batter d’occhio erano scomparse anche loro.
«Andiamo tutti e due insieme, abbiamo solo un minuto di tempo» disse Ron a Harry.
Harry si assicurò che la gabbia di Edvige fosse ben fissata sopra al baule e portò il suo carrello di fronte alla barriera. Si sentiva perfettamente sicuro di sé; questo non era difficile come usare la Polvere Volante. Tutti e due i ragazzi si chinarono sull’impugnatura dei loro carrelli e si incamminarono verso la barriera, acquistando velocità. A pochi metri di distanza spiccarono una corsa e…
CRASH.
Entrambi i carrelli urtarono contro la barriera e rimbalzarono all’indietro. Il baule di Ron ruzzolò con un gran tonfo. Harry fu scaraventato a terra, la gabbia di Edvige rimbalzò sul pavimento consumato e l’uccello rotolò via, gridando tutto indignato. La gente lì vicino li guardava con tanto d’occhi e una guardia li apostrofò: «Ma cosa diavolo vi salta in mente?»
«Abbiamo perso il controllo del carrello» ansimò Harry tastandosi le costole mentre si rimetteva in piedi. Ron fece una corsa a riprendere Edvige, a causa della quale il capannello di curiosi riuniti lì intorno aveva cominciato a inveire contro le crudeltà verso gli animali.
«Perché non riusciamo a passare?» sibilò Harry a Ron.
«Non lo so…»
Ron si guardò disperatamente intorno. Una dozzina di curiosi li stava ancora osservando.
«Perderemo il treno» bisbigliò Ron. «Non riesco a capire perché l’uscita si è sbarrata…»
Harry alzò gli occhi sul gigantesco orologio con una sensazione dolorosa alla bocca dello stomaco. Dieci secondi… nove secondi…
Portò avanti il suo carrello con cautela finché fu proprio contro la barriera e a quel punto spinse con tutte le sue forze. Il metallo rimase impenetrabile.
Tre secondi… due secondi… un secondo…
«È andata» disse Ron frastornato. «Il treno è partito. E se papà e mamma non riescono a tornare indietro? Hai mica qualche soldo dei Babbani?»
Harry rise cupamente. «I Dursley non mi danno la paghetta da circa sei anni».
Ron appoggiò l’orecchio contro la barriera gelida.
«Non si sente niente» disse tutto teso. «E ora che facciamo? Non so quanto ci metteranno papà e mamma a tornare indietro».
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