Robert Jordan - Il Drago Rinato
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"Dove mi trovo?" si domandò Rand. “E dov’è finito Ba’alzamon?"
Quasi in risposta, una barra incandescente, simile a quella creata da Moiraine, saettò dalle ombre fra le colonne, dritta contro il suo petto. D’istinto Rand mosse la spada; e fu l’istinto, più che altro, a fargli riversare in Callandor flussi di Saidin , un fiotto di Potere che rese la spada più luminosa anche della barra che stava per colpirlo. Il suo incerto equilibrio fra esistenza e distruzione ondeggiò. Di sicuro quel torrente l’avrebbe consumato.
La barra di luce colpì la lama di Callandor... e si sdoppiò lungo il bordo, si biforcò per fluire ai lati. Rand sentì la giubba strinarsi, sentì il puzzo di lana bruciata. Alle sue spalle, i due rebbi di fuoco gelido, di luce liquida, colpirono le colonne di granito: dove toccarono, la pietra smise di esistere: le barre ardenti penetrarono in altre colonne, facendole svanire all’istante. Il Cuore della Pietra fu squassato dal rombo delle colonne che crollavano e si sminuzzavano in nubi di polvere, in nebbiolina di pietrisco. Ciò che cadeva nella luce, però, smetteva semplicemente d’esistere.
Un ringhio di rabbia provenne dalle ombre: la barra di luce svanì.
Rand mosse Callandor come per colpire qualcosa di fronte a sé. La luce bianca che celava la lama si estese, brillò più avanti, penetrò fra le colonne di granito che nascondevano quel ringhio, affettò come seta la pietra levigata. Le colonne tagliate tremarono; una parte si staccò dal soffitto e crollo in enormi pezzi smozzicati. Mentre il rombo svaniva, Rand udì il rumore di stivali su pietra. In fuga.
Callandor in pugno, si lanciò all’inseguimento di Ba’alzamon.
Quando raggiunse il vano d’uscita dal Cuore, l’alto architrave crollò, trascinando con sé l’intera parete in nuvole di polvere e di roccia, quasi a volerlo seppellire; ma Rand lanciò contro di esso il Potere e tutto divenne polvere galleggiante nell’aria. Rand continuò a correre. Non sapeva bene che cosa avesse fatto, né come, ma non aveva il tempo di riflettere. Corse dietro il rumore di passi di Ba’alzamon, che echeggiava nei corridoi della Pietra.
Myrddraal e Trolloc sbucarono dal nulla, giganteschi corpi bestiali e facce prive d’occhi distorte per la furia d’uccidere, a centinaia, tanto da bloccare il corridoio, davanti e dietro di lui, con spade a forma di falce e lame di micidiale acciaio nero. Senza sapere come, Rand li mutò in vapore, che si aprì davanti a lui... e svanì. L’aria divenne a un tratto fuliggine soffocante che gli turava le narici, che gli mozzava il respiro; ma Rand la rese di nuovo pulita, una fresca nebbiolina. Fiamme guizzarono dal pavimento sotto i suoi piedi, schizzarono dalle pareti, dal soffitto: getti furiosi che incendiarono arazzi e tappeti, che ridussero in cenere tavoli e cassapanche, che ridussero in gocce d’oro fuso ornamenti e lampade. Rand bloccò le fiamme, le solidificò in glassa rossa sulla pietra.
Intorno a lui le rocce svanirono come nebbia; la Pietra svanì. La realtà tremò: Rand la sentiva sfaldarsi, sentì se stesso sfaldarsi. Era spinto fuori di, lì, in un altro luogo dove nulla esisteva. Callandor gli brillava in pugno come sole e Rand pensò che si sarebbe fusa. Pensò che lui stesso si sarebbe fuso per il flusso di Potere che lo pervadeva, il flusso che in qualche modo riuscì a dirigere per sigillare il foro che si era spalancato intorno a lui, per tenere se stesso dal lato giusto dell’esistenza. La Pietra tornò solida.
Rand non avrebbe saputo nemmeno immaginare che cosa aveva fatto. L’Unico Potere infuriava in lui, tanto che Rand a stento riconosceva se stesso, a stento era se stesso: la sua stessa sostanza quasi non esisteva. La sua precaria stabilità vacillò. Ai lati c’era una caduta senza fine, l’annullamento mediante il Potere che attraverso di lui fluiva nella spada. Solo nella danza lungo il filo del rasoio c’era un’incerta sicurezza. Callandor gli risplendeva in pugno, come se lui reggesse il sole. In lui, confusa e tremolante come fiamma di candela nella tempesta, c’era la certezza che, impugnando Callandor , poteva fare qualsiasi cosa. Qualsiasi cosa.
Corse per corridoi senza fine, danzò sul filo del rasoio, diede la caccia a un essere che poteva ucciderlo, che lui doveva uccidere. Non poteva esserci altra conclusione: stavolta uno di loro due doveva morire! Era chiaro che pure Ba’alzamon lo sapeva. Fuggiva sempre, restava sempre fuori vista un po’ più avanti, tanto che solo il rumore della sua fuga attirava Rand, ma anche nella fuga rivolgeva contro Rand questa Pietra di Tear che non era la Pietra di Tear; e Rand ribatteva con l’istinto, le intuizioni, il caso, combatteva e correva lungo quel filo di rasoio, in perfetto equilibrio col Potere, l’utensile e l’arma che l’avrebbe completamente distrutto, se lui avesse vacillato.
L’acqua riempì da cima a fondo i corridoi, densa e nera come il fondo del mare, gli tolse il respiro. Rand la rese di nuovo aria, senza accorgersene, e continuò a correre; e all’improvviso l’aria ebbe peso, tanto che lui ebbe l’impressione di sopportare su ogni lembo di pelle una montagna, di essere spremuto da ogni direzione. Un attimo prima d’essere schiacciato nel nulla, scelse correnti dal flusso di Potere che infuriava in lui e senti svanire la pressione. Inseguì Ba’alzamon e l’aria stessa fu all’improvviso solida roccia, poi pietra fusa, poi vuoto assoluto. Il terreno lo attirò come se ogni libbra pesasse a un tratto mille libbre; poi il peso svanì, cosicché un passo lo mandò a roteare a mezz’aria. Fauci invisibili si spalancarono per strappargli dal corpo la mente, per portargli via l’anima. Rand fece scattare a vuoto ogni trappola e continuò a correre; ciò che Ba’alzamon distorceva per distruggerlo, lui rimetteva a posto senza rendersi conto di come ci riusciva. Vagamente sapeva d’avere riportato in qualche modo ogni cosa al proprio equilibrio naturale, d’averla rimessa in quadro con la sua stessa danza lungo quella linea di separazione, assurdamente sottile, fra l’esistenza e il nulla; ma questa nozione era remota. Tutta la sua consapevolezza era concentrata nell’inseguimento, nella caccia, nella morte che doveva porre fine a tutto.
E poi fu di nuovo nel Cuore della Pietra, attraversò lo squarcio pieno di macerie che era stato una parete. Ora alcune colonne pendevano come denti spezzati. E Ba’alzamon arretrava di fronte a lui, con occhi ardenti, ammantellato d’ombra. Linee nere come fili di ferro parevano correre da Ba’alzamon alle tenebre ammassate intorno a lui, svanire in altezze inimmaginabili e remote nell’oscurità.
«Non mi lascerò disfare!» gridò Ba’alzamon. La sua bocca era fuoco; il suo grido echeggiò fra le colonne. «Non posso essere sconfitto! Aiuto!»
Una parte delle tenebre che lo velavano si librò nella sua mano, si coagulò in una palla così nera da assorbire perfino la luce di Callandor. Un improvviso lampo di trionfo attizzò le fiamme nei suoi occhi.
«Sei distrutto!» gridò Rand. Roteò Callandor. La luce della spada intorbidò le tenebre, recise le linee d’acciaio intorno a Ba’alzamon e quest’ultimo fu scosso da convulsioni. Come sdoppiato, parve raggrinzirsi e dilatarsi al tempo stesso. «Sei disfatto!» Rand tuffò nel petto di Ba’alzamon la spada rilucente.
Ba’alzamon urlò e le fiamme nella sua faccia divamparono follemente. «Stupido!» ululò. «Il Sommo Signore delle Tenebre non può mai essere sconfitto!»
Rand estrasse la lama di Callandor. Il corpo di Ba’alzamon crollò e iniziò a cadere, mentre le tenebre intorno a lui svanivano.
E all’improvviso Rand fu in un altro Cuore della Pietra, circondato da colonne ancora intatte e da uomini che urlavano e morivano, uomini velati e uomini in elmo e corazza. Moiraine giaceva ancora in un mucchio alla base della colonna di granito. E ai piedi di Rand giaceva il corpo di un uomo, disteso sulla schiena, con un foro dai bordi bruciati nel petto. Sarebbe potuto essere un bell’uomo di mezz’età, ma al posto d’occhi e bocca aveva solo abissi da cui si levavano riccioli di fumo nero.
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