L'uomo fermò il nastro, lo riavvolse, e ricominciò ad ascoltarlo. Prese un appunto su di un foglio.
L'ufficiale della Guardia Costiera chiese a Hawks: — Posso aiutarla, dottore? Avremo trascritto tutto quanto fra poche ore, e glielo consegneremo. Non appena sarà pronto, lo manderemo direttamente nel suo ufficio.
Hawks sorrise: — Non sono venuto qui per darvi fastidio. Non si preoccupi, tenente. Volevo solo sapere come va, in generale. Barker parla in modo abbastanza sensato per esserle utile?
— Va magnificamente, signore. Le sue descrizioni delle cose che ci sono là dentro non concordano con quello che risulta dagli altri rapporti… ma sembra che nessuno veda le stesse cose. Ciò che conta è che i rischi sono sempre situati nelle stesse posizioni relative. Quindi noi sappiamo che lì c'è qualcosa , ed è sufficiente. — Il tenente, un uomo magro, solitamente tetro, sorrise. — E questo è molto meglio che cercare di ricavare un senso da uno scarabocchio tracciato su una lavagnetta. Barker ci ha dato una quantità enorme di materiale su cui lavorare, in un viaggio solo. — Il tenente si massaggiò la nuca. — È un sollievo. C'è stato un momento in cui abbiamo cominciato a pensare che avremmo maturato il diritto alla pensione prima che quella — e indicò la mappa — fosse finita.
Hawks sorrise, senza allegria. — Tenente, se non potessi fare la telefonata a Washington che ora potrò fare, questo lavoro sarebbe già finito.
— Oh, allora penso che faremmo meglio ad avere molta cura di Barker. — Il tenente scosse il capo. — Spero che duri. È un po' difficile, come carattere, secondo noi. Ma non si può avere tutto. Penso che lei abbia finalmente trovato l'uomo adatto per la parte scientifica, anche se non è tutto rose e fiori, qui, dal punto di vista pratico.
— Sì — disse Hawks. L'uomo al registratore spense l'apparecchio, si avvicinò al tavolo, avvitò un gessetto alla sua bacchetta e tracciò delicatamente un segno sulla plastica bianca. Lo guardò con aria critica, poi annuì soddisfatto.
Anche Hawks annuì. — Grazie, tenente — disse all'ufficiale e andò nel suo ufficio.
Quel giorno, il tempo durante il quale Barker riuscì a sopravvivere entro la formazione salì a quattro minuti e ventotto secondi.
Il giorno in cui il tempo di sopravvivenza salì a sei minuti e dodici secondi, Connington andò a trovare Hawks nel suo ufficio.
Hawks alzò gli occhi dalla scrivania, incuriosito. Connington attraversò lentamente l'ufficio. — Volevo parlarle — mormorò, sedendosi. — Mi sembrava necessario. — Il suo sguardo sfrecciava intorno, irrequieto.
— Perché? — chiese Hawks.
— Beh, non so, esattamente. Solo che non mi pareva giusto, lasciar cadere la cosa. C'è… non so come lo definirebbe lei, ma c'è uno schema nella vita… O almeno dovrebbe esserci, un inizio, una parte centrale e una fine dei capitoli, o qualcosa del genere. Voglio dire, deve esserci uno schema, altrimenti come si potrebbero dominare le situazioni?
— Capisco che può essere necessario crederlo — disse in tono paziente Hawks.
— Continua a non cedere di un millimetro, vero? — chiese Connington.
Hawks non rispose, e l'altro attese un momento, poi non insistette. — Comunque — fece — volevo farle sapere che me ne vado.
Hawks si appoggiò alla spalliera e lo guardò, senza espressione. — Dove va?
Connington fece un gesto vago. — All'Est. Mi troverò un posto là, credo.
— Claire viene con lei?
L'altro annuì, fissando il pavimento. — Sì. — Poi alzò gli occhi e sorrise disperatamente: — È un modo strano di finirla, non è vero?
— Proprio come aveva pianificato lei — osservò Hawks. — Tutto, tranne per quanto riguarda la sua eventuale nomina a presidente dell'azienda.
L'espressione di Connington divenne un sogghigno fisso, di sfida. — Oh, non ero molto convinto che fosse possibile. Volevo solo vedere cosa sarebbe successo se le avessi messo un po' di sale sulla coda. — Si alzò in fretta. — Bene, mi pare sia tutto. Volevo solo farle sapere come è andata a finire.
— Beh, no — disse Hawks. — Barker e io non abbiamo ancora finito.
— Io sì. — disse Connington, sempre in tono di sfida. — Ho fatto la mia parte. Qualunque cosa succeda, d'ora innanzi, io non c'entro.
— Allora il vincitore della gara è lei.
— Sicuro — disse Connington.
— È sempre così. Una gara. E poi ecco il vincitore, e così finisce quella parte della vita di tutti. Bene. Addio, Connington.
— Addio, Hawks. — L'altro si voltò, poi esitò. Girò la testa. — Penso sia tutto ciò che volevo dire.
Hawks non rispose.
— Avrei potuto farlo con un biglietto o una telefonata. — Arrivato sulla porta, disse: — Non ero tenuto a farlo. — Scosse il capo, perplesso, e guardò lo scienziato come cercando la risposta a una domanda che rivolgeva a se stesso.
Hawks disse gentilmente: — Teneva a farmi sapere chi era il vincitore, Connington. Ecco tutto.
— Credo di sì — fece insicuro Connington, e uscì, lentamente.
Il giorno successivo, quando il tempo di sopravvivenza salì a sei minuti e trentanove secondi, Hawks entrò nel laboratorio e disse a Barker: — Ho sentito che si trasferisce qui in città.
— Chi gliel'ha detto?
— Winchell. — Hawks guardò attento Barker. — Il nuovo direttore del personale.
Barker grugnì. — Connington è andato all'Est, da qualche parte. — Alzò gli occhi, con un'espressione perplessa. — Lui e Claire sono venuti a prendere la roba di lei, ieri, mentre c'ero io. Hanno fracassato tutte le vetrate del salone, che danno sul prato. Dovrò farle sostituire, prima di mettere in vendita la casa. Non avevo pensato che Connington fosse così.
— Vorrei che tenesse quella casa. Gliela invidio.
— Non è affar suo, Hawks.
Comunque, il tempo di sopravvivenza era stato portato a sei minuti e trentanove secondi.
Il giorno in cui salì a sette minuti e dodici secondi, Hawks era nel suo ufficio, e seguiva con le dita il tracciato sulla carta gualcita, quando il telefono squillò.
Gli lanciò un'occhiata rapida, aggobbì le spalle, e continuò a seguire ciò che stava facendo. Il dito si muoveva lungo l'incerta linea azzurra, tra le zone nere ombreggiate, contraddistinte dalle istruzioni e dalle relative indicazioni dei tempi, circondate da file di X rosse, come se la carta fosse il diagramma di una spiaggia preistorica, dove un organismo barcollante avesse lasciato una traccia faticosa sulla sabbia e tra le lunghe strisce di alghe inaridite e di detriti sparsi sotto il cielo coperto. Hawks guardò estatico la carta, muovendo le labbra, poi chiuse gli occhi, corrugò la fronte, ripeté direzioni e istruzioni, riaprì gli occhi e tornò a chinarsi sul foglio.
Il telefono squillò di nuovo, sommessamente, ma senza smettere. Hawks serrò per un attimo la mano a pugno, poi spinse da parte la carta e sollevò il ricevitore. — Sì, Vivian — disse.
Ascoltò, poi disse: — Bene. Chiami la guardiola, per favore, e faccia rilasciare un lasciapassare al dottor Latourette. Lo aspetterò qui. — Depose il microfono e girò lo sguardo sulle pareti nude dell'ufficio.
Sam Latourette bussò adagio all'uscio ed entrò, la bocca piegata in un mezzo sorriso intimidito, passi lenti e cauti.
L'abito che aveva indosso era gualcito, e la camicia bianca aveva il collo slacciato, senza cravatta. C'erano tagli lasciati da poco dal rasoio, sotto il mento e sul collo, come se si fosse raso solo qualche minuto prima. I capelli erano pettinati con cura, ancora umidi dell'acqua con cui li aveva bagnati, e disposti in grossi solchi tra i quali si scorgeva la cute, come se qualcuno avesse trovato un suo vecchio busto di cartapesta e, in un impulso di tenerezza, l'avesse riassettato per quanto era possibile, date le circostanze.
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