28 Agosto 1983
Ore 12,10 del mattino — Agente Nyla Christophe
Con tutto quello che stava succedendo nessuno prestò molta attenzione alla Bowquist e a me, mentre ci muovevamo verso la dispensa. Se avessero analizzato la sua espressione forse ci avrebbero letto qualcosa che avrebbe spinto qualcuno a farle una domanda, finché io non le dissi di sorridere. Allora lei sorrise. Oltre la dispensa c’era una stanza da bagno, e al di là di questa la porta che dava sulle scale.
Nessuno ci vide uscire.
— Aspettiamo un minuto qui, Bowquist — dissi, e la tenni d’occhio. Era una bella donna. Pesava almeno cinque chili più di me, cinque chili di cui io non ero mai stata in possesso grazie ai faticosi esercizi con gli attrezzi ginnici e sui tappeti da judo, ma le stavano bene addosso. Non era certo grassottella, solo più arrotondata di me. Aveva anche un odore inatteso. Io usavo il profumo, ogni tanto. Perché no? Agli uomini piace, e a me piaceva che desiderassero tutto di me quando andavamo a letto. Ma lei aveva l’aria di chi lo mette sempre; e poi c’era l’acconciatura dei suoi capelli. Li portava una ventina di centimetri più lunghi dei miei, pettinati in morbide onde. — Chi è Bowquist? — le chiesi.
— Ferdinand Bowquist è mio marito — rispose. Non si mostrava spaventata, anche se probabilmente lo era. Io lo sarei stata.
— Lo supponevo. Mi è parso che ti strusciassi parecchio con quel senatore, però.
A questo non rispose. Be’, non l’avrei fatto neanch’io d’altronde; ma per qualche ragione ero soddisfatta di vedere che questa donna bella e rispettabile correva anche la cavallina, all’occasione. — Cosa vuoi farmi? — chiese.
Dissi: — Tranquilla, dolcezza. Ti ho sentito dire che hai una stanza in quest’albergo. Quel che faremo è di prenderla in prestito per un poco.
La porta si aprì. Era quel che aspettavo. Comparve Moe, spingendo davanti a sé i due Larry, e anche questo era ciò che aspettavo. Il Larry straniero aveva l’aria preoccupata, ma il mio vecchio beneamato Larry era addirittura grigio in faccia. — Nyla — ansimò. — Sei impazzita? Non so cosa stai cercando di fare, ma non puoi…
Dissi: — Tappati la bocca, tesoro. Adesso facciamo una piccola passeggiata.
Non fu piccola e non fu esattamente una passeggiata. Dovemmo arrampicarci su per quelle scale e poi scendere giù per ben quindici piani — ventotto rampe di scalini — mentre fin lì nelle viscere dell’albergo sentivamo colpi d’arma da fuoco nelle strade, e di quando in quando anche nei cortili su cui si aprivano le porte di sicurezza.
Ce n’era abbastanza per innervosire chiunque. E infatti il nostro Larry stava perdendo le braghe. — Nyla, per amor di Dio! — gemette alle mie spalle. — Dove ci stai portando? Quella è gente che prima spara e poi fa le domande!
Ero in un bagno di sudore, e fui contenta di fermarmi un momento. — Nessuno ci proverà, razza di coglione! — dissi. — Ci fermeranno, ci faranno domande, e con ciò? Noi non siamo né contro gli uni, né contro gli altri. — A parte Nyla Bowquist, dissi a me stessa; ma chi avrebbe mai sparato a lei? — E poi ci sono solo altri tre piani.
I piani li avevo contati bene. Quello con cui non pensavo di dover fare i conti era l’alto tasso di criminalità di Washington: le porte della scala erano del tipo che si apre solo dall’interno. Peggio ancora, erano porte antincendio, rivestite in lamiera e con cardini fatti per resistere alle deformazioni da calore. Guardai Moe, dubbiosa. — Pensi di farcela ad aprire?
La sua risposta fu un grugnito piuttosto incerto. Prese la rincorsa, si scaraventò avanti, e colpì il battente con una spallata dietro cui c’erano tutti i suoi centodieci chili di forza bruta.
La porta non tremò neppure. Il rimbombo fu notevole, il risultato nullo. Moe si massaggiò il braccio e mi guardò con aria infelice. Scossi le spalle. — Provaci ancora — dissi, ma prima che potesse muoversi o protestare sull’impossibilità della cosa la porta si aprì. Sulla soglia comparve un soldato in uniforme da campagna verde oliva, che ci puntò addosso un fucile automatico. Appariva allarmato. Ma non quanto me, alla vista dell’arma.
— Che diavolo state facendo qui, voialtri? — sbottò.
Per un attimo la mia mente girò a vuoto intorno a una serie di risposte, senza riuscire a trovarne una sola valida. Ma — forse perché quelle circostanze strane l’avevano reso più baldanzoso, forse semplicemente perché aveva più fiato di noi — fu Moe a prendere in mano la situazione.
— Piano con quello sputafuoco, amico — disse con un sogghigno rassicurante. — Questi sono dei VIP, e tocca a me portarli al sicuro. Sono dell’FBI. Adesso stai calmo e tirerò fuori di tasca la mia tessera. Lo farò molto lentamente…
E lo fece, e il soldato era abbastanza giovane e abbastanza sciocco da avvicinarsi per esaminare il tesserino, e questo fu il suo errore. Oooff! rantolò, quando Moe, prima che potessi fermarlo, gli conficcò il coltello sotto lo sterno.
Così avemmo la strada libera verso la camera della Bowquist, e in più ci procurammo un’arma; ma soprattutto avevamo risolto il problema di quella gente, commettendo finalmente un crimine per cui potessero punirci senza difficoltà giurisdizionali.
Nella camera di Nyla, appuntato sul cuscino, c’era un biglietto:
Cara Nyla,
mi hanno detto che devo lasciare l’albergo. Sto andando a casa del senatore Kennedy, dove ti aspetterò. Spero che tu stia bene!
Amy
Si può immaginare quanto mi rattristai per l’assenza di questa Amy. Ciò che aveva attirato il mio sguardo erano intanto gli armadi aperti, pieni di biancheria fine e di bei vestiti appesi alle grucce, e un elegante bagno fornito di doccia, Lasciai Moe a minacciare i prigionieri con la sua grinta dura e andai subito sotto la doccia.
Mi fece sentire meglio; inoltre la doccia è il posto dove riesco a pensare con più chiarezza. Ne avevo un gran bisogno, perché la situazione aveva preso una piega che scombussolava i miei piani.
Avere un’arma era intanto un fatto positivo. Non ne avevo mai viste di quel tipo, ma era fornita di sicura, di mirino, di un grilletto, e di un caricatore ricurvo, perciò non dubitavo che avrei saputo usarla. Un sacco di gente non riesce a credere che io possa manovrare un fucile mitragliatore, senza pollici come sono. Qualcuno di loro aveva perso del denaro a scommettere con me, e uno o due qualcosa in più del denaro. Quando avete sparato con tutto quello che c’è nell’armeria dell’FBI, non avete particolari problemi a usare qualunque cosa costruita per far scoppiare polvere a un’estremità ed emettere una pallottola dall’altra.
Questo non è molto femminile, ma io non avevo mai avuto troppo tempo per concentrarmi su quello che per altre significava essere donna.
Non sto parlando del fare all’amore. Potrei scovarvi fuori una dozzina di uomini disposti a testimoniare che come femmina potrei giocare in Serie A. Voglio dire quell’altro genere di cose. Il genere di cose di Nyla Bowquist. I capelli splendenti e curati, il leggero tocco di ombretto che le dava luce agli occhi, quel modo di camminare sui tacchi alti come se ci fosse nata sopra. Questo è un esempio delle riflessioni che mi vengono sotto la doccia, quando assaporo il getto d’acqua calda e lascio che i miei pensieri vaghino liberi dove vogliono.
Quella volta non li lasciai vagare lontano. C’erano troppe cose che me li inchiodavano alla realtà, e buona parte di quella realtà era irta di spine pericolose.
Più pericolose ancora, adesso che ci eravamo lasciati un cadavere alle spalle.
In realtà poteva trattarsi di una cosa poco importante: doveva essere pieno di cadaveri lì intorno, con quegli scontri in strada. Però la cosa non mi era andata giù. Non ero mai stata uno di quegli agenti dal grilletto facile. Non mi piaceva che gli uomini che lavoravano per me uccidessero, salvo quando era assolutamente necessario, ovviamente, e da lì a non molto avrei fatto in modo che Moe si pentisse di quella faccenda.
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