Frederik Pohl
Il lungo ritorno
John William Washington, chiamato “Sandy” dalla sua vecchia tutrice e dai suoi sei amici, ha un’età biologica di 22 anni 11 mesi. Egli stesso sì considera più o meno un 22enne, anche se nell’astronave hakh’hli il tempo non viene misurato secondo i parametri terrestri. In ogni caso, la sua età non riflette il tempo effettivamente trascorso dal giorno della sua nascita. La grande nave interstellare infatti ha percorso buona parte della sua strada a velocità relativistiche, e la conseguente dilatazione temporale ha mandato a farsi friggere tutti gli orologi. Sandy è un ottimo esemplare dal punto di vista fisico, a parte un piccolo difetto di udito (al quale i suoi compagni di viaggio hanno posto facilmente rimedio costruendogli un apparecchio acustico) e il fisico un po’ tarchiato. È alto appena 1 metro e 65 centimetri, ma pesa 90 chili. Questo almeno sarebbe stato il suo peso sulla Terra; di fatto, nella gravità artificiale dell’astronave hakh’hli, pesa esattamente il 30 per cento in più. Sandy è comunque abbastanza forte da sostenere tutto il suo peso con una mano sola, con il braccio allungato. Albert Einstein però, come in molti altri casi, aveva perfettamente ragione quando sosteneva che tutto è relativo. Infatti, fra gli hakh’hli che vivono in quell’enorme nave interstellare, Sandy è considerato fragile come un cucciolo. Tanto che il suo secondo soprannome, quello che i suoi compagni usano quando sono arrabbiati con lui, è “Mingherlino”.
— Staccati, Sandy-Mingherlino, staccati! — disse una voce nei sogni di Sandy. Solo che non era un sogno. Era la voce affettuosa e insieme irritata alla sua compagna di coorte Polly. Risultava molto debole per Sandy solo perché il suo apparecchio acustico si era nuovamente staccato durante la notte. — Abbiamo un sacco di lavoro da fare stamattina! — insistette Polly respirandogli fra i capelli con il suo fiato un po’ acido ma gradevole. Sandy cercò di allontanarsi dalla fonte di disturbo. Polly non era certo la più grande fra i sei hakh’hli della coorte di Sandy Washington, ma in certi casi risultava senz’altro la più tirannica.
A quel punto Sandy mollò la sua presa su Elena da un lato e su Demmy dall’altro, si alzò a sedere, si stiracchiò e sbadigliò. Rimise a posto il suo apparecchio acustico e si guardò attorno. L’intera coorte dormiva ammucchiata su un tappetino in un angolo della sala per gli esercizi, e non era affatto inconsueto per Sandy svegliarsi con l’immensa gamba destra di Chiappa premuta sulla schiena o magari con l’artiglio doppio di Titania infilato in bocca. Questa volta però si trovava in cima al mucchio, quindi ne approfittò per balzare immediatamente giù prima che iniziasse l’inevitabile parapiglia mattutino.
Si lavarono e si strofinarono tutti assieme mentre uno di loro andava a prendere il carrello della colazione. Questa non aveva nulla a che vedere con gli enormi bocconi di radici e carne che avrebbero divorato durante il pasto di mezzogiorno; consisteva invece nel brodo con i wafer che usavano chiamare “latte con biscotti”. Dato che erano tutti ancora piuttosto addormentati, non si dissero quasi nulla. Gli hakh’hli però odiavano il silenzio almeno quanto un qualunque direttore di aeroporto terrestre, e infatti la musica mattutina era già stata accesa. Il programma speciale per la sezione della nave riservata alla coorte stava trasmettendo melodie terrestri. Sandy canticchiò il motivo Yesterday dei Beatles mentre tirava fuori i suoi abiti dall’armadietto e si protendeva in avanti per baciare la fotografia di sua madre appesa all’interno della porta dell’armadietto. Poi, dato che era un giorno lavorativo, si affrettò verso il carrello della colazione, dove gli altri stavano già consumando velocemente il brodo fumante e i croccanti wafer. Il pasto non venne accompagnato da alcuna cerimonia particolare (nelle giornate lavorative non perdevano mai tempo per il Gioco della Cucina o per il Gioco del Ristorante) e non appena ebbero finito si affrettarono subito tutti quanti verso lo sportello stagno della loro sezione. Si udì un secco schiocco, un sibilo acuto e un tonfo forte e profondo, dopodiché lo sportello pressurizzato si aprì davanti a loro. Sandy deglutì mentre attraversavano la camera di decompressione. Il cambio di pressione fra la loro sezione, che veniva mantenuta sullo standard terrestre di 1.000 millibar, e quella degli hakh’hli, che era di 1.200 millibar, non avrebbe dovuto ormai causargli alcun dolore alle orecchie, ma invece gliene procurava regolarmente. Naturalmente, i suoi compagni hakh’hli non si accorgevano nemmeno della differenza.
Obie si protese temerariamente in avanti per rivolgere una rapida occhiata in entrambe le direzioni del corridoio. — ChinTekki-tho non c’è! — esclamò. — È in ritardo! Magari ci daranno la giornata libera!
— Sì, e magari la tua cacca prenderà il volo! Rientra immediatamente! — ordinò Polly afferrando la tozza coda del suo compagno.
— Ma fa caldo — ribatté con voce lamentosa Obie mentre si rialzava sulle zampe molleggiate e offriva la coda a Sandy affinché lo confortasse. La coda era lì da leccare, e Sandy la leccò. Del resto, tutti i componenti della coorte sapevano bene che aveva ragione Polly; Obie non avrebbe dovuto uscire dalla loro sezione senza permesso, poiché adesso era vietato per tutti loro. Tuttavia, l’intera coorte risentiva della tirannia di Polly, e inoltre Obie era il migliore amico di Sandy.
Polly si assunse la responsabilità di fornire le spiegazioni del caso. — La nave è calda — disse in tono severo — semplicemente perché i navigatori hanno dovuto portarci in prossimità di questa stella per compiere la manovra di cambiamento di rotta. Non potevano farne a meno, e comunque adesso l’ambiente si sta gradualmente raffreddando.
— Siano benedetti i navigatori — ribatté istintivamente Obie.
— Che siano benedetti! — gli fece eco Elena. Naturalmente, lo disse solo per ingraziarsi Obie. Elena stava infatti preparandosi anticipatamente per il momento, non molto lontano, in cui Obie sarebbe entrato nel suo periodo di fertilità. Quando sarebbe giunto quel momento, un semplice capriccio di Obie avrebbe potuto rappresentare per lei la differenza fra un secco rifiuto e un riuscito accoppiamento in anfilassi.
Ma Obie non la stava nemmeno ascoltando. Si era già ripreso e stava scrutando temerariamente il corridoio. — Arriva MyThara! — gridò un attimo dopo.
Si fecero tutti avanti per venirle incontro. Sandy in particolare, sorridendo per l’inaspettato piacere di vederla apparire al posto del Tutore Primario, le balzò sulla schiena non appena entrò dallo sportello. MyThara però se lo scrollò immediatamente di dosso, zoppicando sotto il suo peso, e assunse un atteggiamento irato. — Staccati immediatamente! — sbottò. — Che cofa ti prende, Lifandro? — Sandy trasalì; il fatto che si fosse rivolta a lui usando il suo nome completo significava che doveva essere realmente arrabbiata. — Un fimile gefto da parte di un cheth in procinto di portare a termine un compito importante può effere confiderato come un efempio di condotta impropria! ChinTekki-tho non ha potuto venire oggi, quindi farò io a condurvi al voftro lavoro odierno. Feguitemi, tutti quanti!
Versando lacrime di divertimento, il gruppetto seguì la tutrice attraverso la nave. Tutti i componenti della Coorte Missione Terra amavano la vecchia MyThara, anche se soltanto Sandy la considerava come la cosa più vicina a una vera madre che avesse mai avuto. Il suo nome completo era Hoh’My’ik per Thara-tok 3151. L’“Hoh” e l’”ik” avevano a che fare con la sua discendenza familiare, mentre “My” si riferiva al suo stato sociale (era un’adulta matura, ma non un’Anziana). Thara-tok era il suo nome personale, e il “per” si riferiva invece alla sua età; la vecchia tutrice era ormai prossima alla fine della sua vita, come Sandy ben sapeva ma cercava di non ricordare troppo spesso. In quanto al numero, questo serviva per distinguerla da altri elementi della sua stessa stirpe e generazione, ed era lo stesso numero di serie delle sue uova fertilizzate e congelate. In alcune occasioni Sandy arrivava fino al punto di chiamarla Thara-tok, ma la forma che di regola andava usata nei suoi confronti da giovani adulti come quelli della coorte era “MyThara”.
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