Per una volta la reazione dei miei ospiti fu identica: tutti mi fissarono sbalorditi. — Che cos’è l’hula-hoop? — chiese Larry Tau.
— Un giocattolo, nulla di più. Ma non sto parlando solo di robetta simile, ci sono cose che valgono molto di più. Cercate di vederla a questo modo: se ogni Paratempo spende, diciamo, un miliardo di dollari l’anno in ricerche industriali, e voi avete la possibilità di scremare i risultati da cinquanta Paratempi diversi… be’, non occorre la calcolatrice per fare il conto dei quattrini che avete risparmiato e dei vantaggi che avete ottenuto!
Ci furono alcuni secondi di silenzio mentre digerivano quella riflessione. Poi Nicky disse, pensoso: — Credo di capire cosa volevi dire, Dom. Non puoi sapere esattamente cosa scopri finché non l’hai scoperto, e così c’è un rischio in ogni ricerca scientifica. Va bene. E suppongo che aggiungere le scoperte di altri popoli a quelle del tuo sia un grosso aiuto. Va bene anche questo. Però… onestamente, Dom, io non vedo come tu possa aspettarti che questo sia davvero qualcosa di buono per l’uomo della strada, come me.
— Si potrebbero salvare milioni di vite, per dirne una — ribattei.
— Ma via! Stai parlando di annientare un nemico prima che lui annienti te, o roba di questo genere?
— Niente affatto. Forse sarebbe fattibile, certo, ma non è a questo che mi riferivo. Sapete cos’è l’inverno nucleare? La morte ecologica conseguente al pulviscolo disperso nell’atmosfera dalle esplosioni atomiche, a causa del quale non passerebbero abbastanza raggi solari per consentire la vita alla maggior parte delle piante, agli animali, e forse anche all’uomo?
Non ne avevano mai sentito parlare, ma afferrarono il concetto. Nyla Christophe sbuffò acremente: — E questo tu lo chiami un beneficio? Ammazzare tutti quanti?
— Naturalmente no, ma ci sono linee temporali dove questo è accaduto. Abbiamo raggiunto universi paralleli dove non restano in vita mammiferi più grossi di un topo… perché cinque o dieci anni prima la razza umana si è semplicemente sterminata con le sue stesse mani.
— Divertente!
Repressi un fremito d’ira. Non fu facile. Quella donna riusciva a penetrarmi sotto la pelle… e aveva lo stesso effetto, o un effetto equivalente, anche sul senatore, perché vedevo che la fissava con un’espressione che potrei definire quasi affascinata. — No — borbottai fra i denti, — non è divertente per nulla. È solo un fatto. In alcune linee temporali c’è un pianeta tornato alla preistoria. Ci sono terre e foreste, qualche volta ci sono anche le città in rovina, ma non ci sono esseri umani sotto il sole.
«E poi ci sono altre linee temporali, inclusa la nostra, dove esiste gente che muore di fame, e non ha terra arabile, non ha una casa o una patria. Negli ultimi decenni la nostra Africa è piombata da una calamità all’altra. Certe zone dell’Asia vanno altrettanto male. Vi sono linee temporali in cui l’America Latina è in perpetua carestia.
«Supponiamo di prendere questi popoli affamati, senza terra, per lasciarli emigrare in un pianeta fertile e disabitato — conclusi.
Nicky DeSota esclamò: — Questo è meraviglioso , Dom! Voi avete dato una nuova vita a milioni di persone! Come se la cavano nel loro nuovo mondo?
Era estasiato. Capivo bene quel che provava. Io stesso l’avevo provato… una volta. Cautamente dissi: — Avranno bisogno di aiuto. Non si tratta solo di spostare gente. Occorreranno mandrie e greggi, macchinari, e spesso dottori e tecnici che mostrino loro come coltivare terreni a loro sconosciuti… o almeno questo sarebbe ciò che accadrebbe. Non lo abbiamo mai fatto.
L’euforia di Nicky crollò come un castello di carte. Nyla Christophe ebbe una smorfia sprezzante. — L’inferno è lastricato di buone intenzioni — disse, e scosse il capo.
— Perché no? — mi chiese Nicky.
— Per tre ragioni — risposi. — La prima è che ci scontreremmo col problema del rimbalzo balistico. Se anche riuscissimo a prevenirlo, o almeno a controllarlo, non potremmo rischiare trasferimenti su larga scala. Anzi, potremmo dover rinunciare del tutto all’uso dei portali. E, secondo… — Tornai a fissare il nostro Larry Douglas. — C’è la situazione che si sta sviluppando in Gamma.
Lui si agitò a disagio ma non disse verbo. S’era già lamentato d’esser stato costretto a fornire loro il portale, e non aveva nulla da aggiungere.
Il senatore aggrottò le sopracciglia. — Stai parlando della gente che ha invaso Sandia.
Sospirai. — La cosa non è più circoscritta a Sandia, Dom. Adesso sta scoppiando una guerra. Non molto grossa. Riguarda solo Washington. Ma Gamma ha occupato i ponti sul Potomac, la stessa Casa Bianca e il National Airport… quello che voi chiamate il Campo Hoover. E lì si sono liberate grosse quantità di energia. A un nostro primo calcolo, hanno generato almeno cinquecento rimbalzi balistici chissà dove. E quel che dobbiamo fare adesso, visto che siamo in parte responsabili, è di mettere fine a questo sconquasso… se ci sarà possibile.
L’attenzione del senatore s’era fatta spasmodica. — Oh, Dio! — disse.
Cercai di rassicurarlo. — In questo momento i combattimenti sono cessati — lo informai. — Un’ora fa non si segnalava che qualche fucilata occasionale… naturalmente ci sono ancora delle perdite di vite umane, fra la popolazione civile…
Avevo toccato un tasto sbagliato. — Civili! — gridò. — Ma perché non li… voglio dire, avrebbero almeno potuto… perché non hanno evacuato la popolazione civile, per l’amor di Dio?
— Credo che stiano facendo qualcosa del genere, sì — dissi, stupito dalla sua reazione. Mi aveva già detto che la sua famiglia era distante un migliaio di miglia, a Chicago.
— Devo tornare indietro — dichiarò con fermezza.
— È quello che stiamo cercando di fare, Dom — dissi. — Almeno credo. Tu capisci che non dipende da me. Però è quanto ho caldamente raccomandato. In realtà ho proposto che tutti noi possiamo trasferirci alla Washington di Epsilon, la tua linea temporale, senatore, per spiegare loro quel che sta succedendo e offrire l’aiuto che possiamo dare. Quasi tutti, cioè — mi corressi, con un’occhiata eloquente a Douglas, che si strinse nelle spalle rassegnato.
L’altro Larry Douglas intervenne dicendo: — Io non voglio tornare proprio da nessuna parte.
— Prego?
— Reclamo il diritto d’asilo! — esclamò vivacemente. — Non voglio tornare nel mio mondo a causa di… uh, persecuzioni politiche. E non voglio che mi si costringa a saltare di qua e di là per essere coinvolto in qualche dannata guerra da qualche parte. Voi avete degli obblighi verso di me. Voglio restare qui.
Il grosso scagnozzo dell’FBI si alzò minacciosamente. Il sorvegliante della compagnia aerea lo imitò all’istante, mettendo mano alla fondina della pistola ad aghi che aveva al fianco. La Christophe fu però svelta a placare Moe con un cenno, e l’individuo tornò a sedersi, non senza aver incenerito Douglas-Tau con uno sguardo omicida.
— Di questo riparleremo dopo — disse la Christophe, conciliante. — Occupiamoci di una cosa alla volta. Ci ha detto che i vostri problemi sono tre. Ma ha parlato soltanto dei primi due.
— Già, certo — mormorai. — L’elemento nuovo di questa equazione. Ci siamo accorti che qualcun altro ci spia. Non sappiamo chi, né che scopi abbia. Ma ne siamo certi.
La Christophe ridacchiò. — Benvenuti al club!
Il nostro Larry la rimbeccò rabbiosamente — Aah, chiudi la bocca, tu! Dom, è questo che è successo da quando io, mmh, sono andato via?
Accennai di sì. — Non ne conosciamo l’origine. Non siamo riusciti a seguire il raggio-spia e… ci sono elementi probanti che costoro usino una tecnologia molto superiore alla nostra. Ma abbiamo letture strumentali da almeno cinquanta posti diversi. Qualcuno ci sta guardando, e lo sta facendo da ormai tre mesi.
Читать дальше