L’antropoide dell’FBI agitò minacciosamente un dito. — Cosa vi siete messi in testa di fare con noi, eh? — grugnì.
La donna aveva incrociato le braccia sul petto, ed ebbi la strana impressione che il pupazzo si stesse muovendo e parlando senza l’aiuto del ventriloquo. — Come avvocato — ruggì l’uomo-scimmia, sorprendendomi ancor di più, — ti avverto che stai violando i nostri diritti civili in un milione di modi, Charlie. Tanto per cominciare non ci hai lasciato telefonare, per impedirci l’habeas corpus. E non ci hai letto i nostri diritti. E non ci hai detto quali sono gli indizi o le accuse a nostro carico. Esigiamo di metterci in contatto col nostro avvocato. Chiaro?
— Hai appena detto di essere tu un avvocato — ritorsi.
— Anche un avvocato ha il diritto di avere un avvocato — protestò virtuosamente lui. — Così che accidenti pensi di fare, eh, Charlie?
A disagio mi rivolsi alla donna. — Questo scimmione è veramente un avvocato?
Lei sogghignò e si strinse nelle spalle. — Dice di esserlo. È così che è stato assunto nel Bureau. Personalmente credo che abbia comprato il titolo da un venditore di diplomi. Comunque, lei che mi dice?
— Di cosa?
— Di quello che intende farci — disse con calma. — Perché, onestamente, Moe ha ragione. Qui dovete pur avere un codice penale, e io sono pronta a scommettere che lo state infrangendo da cima a fondo.
Era maledettamente troppo vicina a quel che pensavo anch’io per farmi sentire a mio agio su quell’argomento. Cercai di prenderla da un altro lato. — Lei che farebbe, se fosse al mio posto?
— Aah! — Sorrise. — Comincerei a mettere da parte ogni cent di paga per saldare l’avvocato, se andremo in tribunale. Così dopo averci pagato i danni forse le resterà anche abbastanza da abbonarsi per dieci anni filati alla «Rivista del carcerato».
E anche questa non sembrava un’ipotesi troppo irreale. Voglio dire, se avessero assunto un avvocato di media abilità costui si sarebbe messo a ridere, e avrebbe fatto l’elenco dei modi in cui mangiarmi vivo. Non era questo il genere di grane a cui m’ero preparato, entrando a far parte del progetto.
Era un rospo duro da ingoiare. Io avevo visto i lividi sul corpo di Nicky DeSota. L’avevo sentito raccontare ciò che gli avevano fatto questi due. Diritti civili? E loro, quali diritti civili avevano dato a lui?
Tuttavia nella linea temporale da cui venivano non avevano certo infranto la legge. Loro erano la legge!
Strinsi le palpebre. — Penso che non abbiate ancora capito in che situazione state sbattendo la faccia.
— Allora ditecelo — mi invitò lei.
Esitai. Poi tornai all’ascensore e sollevai l’interfono. Quando la capo-hostess rispose, dissi: — Vuole per favore chiedere ai signori del 22-A e del 22-F di scendere qui? E già che c’è, può portare un po’ di colazione per tutti?
Guardare se stessi è più spiacevole di quanto non crediate. L’avevo fatto abbastanza spesso attraverso gli apparecchi-spia, sbirciando l’uno o l’altro Dominic DeSota in questa o quella linea temporale… anche se era peggio quando non riuscivo a trovare proprio nessun Dominic DeSota (o qualche volta nessun essere umano. Ma non mi soffermavo volentieri a riflettere su quelle linee temporali).
Ciò che mi metteva più a disagio era chiedermi dove io avevo sbagliato. O qualche volta dove avevo agito bene. Non avrei potuto accusare il senatore Dom d’aver fatto degli errori; anche in quella sudicia e sformata tuta da fatica, mentre masticava le poco appetitose polpette del suo vassoio, aveva l’aspetto di un uomo che era riuscito a costruire bene la sua vita.
Ma che dire dell’altro?
Certamente non sembrava un individuo destinato al successo personale. Un vestito completo tutto spiegazzato… pantaloni lunghi! Immaginate un po’, pantaloni lunghi in Agosto! Non potevo definirlo uno sciocco, delresto. Parlava come se fosse molto deluso del suo mondo, e il paragone col nostro l’aveva infine alquanto immalinconito.
Adesso, mentre mangiava, vedevo il suo morale risalire un po’. Al momento del decollo la potenza con cui il pulsojet s’era sollevato lo aveva scosso; s’era schiacciato nella poltroncina a occhi chiusi, quasi cercasse di sparirvi dentro. Io bado ad avere sempre con me delle pillole contro il mal d’aria, quando l’aereo entra ed esce dalla stratosfera, perciò non me l’ero sentita di biasimarlo. Non aveva mai visto un pulsojet, e certo era salito di rado sui goffi velivoli col motore a pistoni del suo mondo.
Non sapevo se avrei fatto una riuscita migliore al suo posto. No, ora stavo sbagliando. Non avrei fatto né di meglio né di peggio.
D’altronde non ero sicuro che sarei giunto in alto come il senatore, benché il fatto che lui c’era riuscito fosse incoraggiante. Seduto accanto a Nicky lo stava aiutando a togliere dalla plastica le uova in camicia, e mi gettò un’occhiata come in attesa che dicessi qualcosa. Quando vide che tacevo, senza sapere come cominciare una conversazione, parlò lui. — Dom — disse, — apprezzo molto che tu ci abbia portato in salvo, ma nella mia linea temporale ho delle responsabilità. Puoi rimandarmi là?
— Spero di sì, Dom — dissi.
Mi fissò negli occhi. — Avresti potuto risparmiarci un sacco di guai se mi avessi detto cosa stava succedendo, la prima volta che ci siamo visti.
— Io faccio quel che mi vien detto di fare, Dom — risposi. — Qui abbiamo molte difficoltà. — La donna sbuffò; doveva aver sentito spesso la gente tenersi sulle generali, quando scendere in particolari sarebbe stato imbarazzante. Arrossii. — Vi dirò quello che vorrete sapere — dichiarai, — poiché tutti voi ne avete il diritto. Ma lasciatemi partire dalle premesse, d’accordo? Sapete già che ci sono universi paralleli. In numero infinito. Noi non possiamo raggiungerli tutti, neppure coi soli apparati-spia… be’, questo è implicito nella parola «infinito» dopotutto. Le sole linee temporali che siamo riusciti a contattare sono quelle che si sono separate dalla nostra negli ultimi novanta o novantacinque anni al massimo. Appena poche centinaia, fino a oggi, e non poche di esse sono interessanti. In alcune i comunisti si sono impadroniti dell’Europa dal 1933, grazie a quel genio militare che era Trotsky. Poi ce n’è un intero gruppo dove Franklin D. Roosevelt è sfuggito al tentativo d’assassinio ed è diventato Presidente, e in tal modo la nazione non è caduta sotto il potere dei militari e il successivo interregno, causato dal fatto che la Costituzione non dice chi deve diventare Presidente quando un Presidente appena eletto muore prima di assumere il mandato. Fu così che Garner e Hoover reclamarono entrambi la presidenza, finché l’esercito intervenne imponendo la legge marziale. Poi ci sono altre…
— Dom — disse il senatore, paziente. — Suppongo che non ci sia nulla di meglio con cui ammazzare il tempo fino all’atterraggio, ma non so se la storia sia l’argomento che più ci interessa.
— Stavo solo dandovi un’infarinatura.
— Sicuro. Ma abbiamo già capito questa faccenda degli universi paralleli… be’, no, questo non è vero. Io non capisco. Ma ne so abbastanza per capirci fra noi. Ogni volta che, tanto per dire, un sasso cade da una parte invece che dall’altra, ci sono due linee temporali e da lì si crea tutto un nuovo universo. Giusto? Qualcosa di questo genere? Bene, perché non siete passati nel mondo più vicino, invece che in altri diversi dal vostro in una quantità di particolari?
— Ah! — dissi, annuendo. — Questa è una buona domanda. — Ora mi sentivo un terreno più solido sotto i piedi: avevo dovuto spiegarlo alla commissione senatoriale quando s’era trattato di ottenere i fondi. — Prima vi darò la risposta tecnica: la causa è quella che Steve Hawking chiama «permeabilità alla vicinanza n -dimensionale», se questa definizione vi è di qualche aiuto. — Non lo era, naturalmente: un grugnito da parte di Moe, l’antropoide, ed espressioni di vacuo distacco degli altri uomini. Fatto abbastanza curioso, Nyla Christophe era la sola a mostrare un amichevole interesse. M’incoraggiò con un cenno del capo, spazzando via con la forchetta le sue uova in camicia. Non guardava il vassoio ma, pollici o meno, non lasciava cadere una briciola. E non si perdeva una parola. — Vi farò un’analogia. Pensate alle relazioni fra gli universi come a quelle che ci sono fra i vari punti di una molla d’acciaio, e immaginateli allineati lungo la curva a spirale, uno dietro l’altro. Se voi li numerate, naturalmente il numero cinque si troverà fra il quattro e il sei, e questi dunque sono vicini. Ma sopra e sotto ci sono le altre spirali della molla. Di conseguenza il cinque potrà sfiorare anche il seicentocinquantadue, per dire un numero, e dall’altra parte anche il millecinquecento e qualcosa. Questo dipenderà da quanto larga è la curvatura. Mi state seguendo finora?
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