Alleo Steele - Le Fasi del Caos

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Una delle ultime invenzioni di Asimov è l’universo immaginario (ma non troppo) in cui si svolgono le avventure narrate in Le fasi del caos. Dopo aver passato una vita a raccontare le vicende di una galassia popolata soltanto da uomini e robot, Asimov immagina qui un intrigo che vede coinvolte, oltre a quella umana, altre cinque razze che conoscono il volo interstellare: razze spesso ostili e sospettose l’una dell’altra, fra cui l’uomo non fa certo brutta figura. Stabilite questo premesse, che presto daranno luogo a una serie di rapide quanto pericolose avventure, Asimov passa la mano ad alcuni brillanti scrittori; suoi allievi ideali, che svolgono la vicenda all’insegna della suspense, ma senza dimenticare una punta di ironia in omaggio al loro ispiratore.

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Un ricordo si affacciò alla mente di Laurice, vivido come se si trovasse di nuovo seduta accanto a suo padre, mentre questi spiegava al consiglio le implicazioni che alcuni scienziati avevano discretamente sottoposto alla sua attenzione. — Forse avremmo dovuto studiare la situazione un po’ meglio prima di fare l’accordo — aveva detto col suo tono grave. — È stato constatato che Venafer si trova perennemente sull’orlo della catastrofe. Florasol era più freddo giga anni fa, quando la prima vita vi si è sviluppata e l’evoluzione ha tenuto il passo col lento riscaldamento del pianeta, ma oggi questo si trova al limite della zona di abitabilità. A mantenere le temperature dell’acqua liquida ci sono solo le estesissime foreste che coprono tutto il globo. La vegetazione dall’esterno non è in grado di rimpiazzarle; non c’è nulla, a nostra conoscenza, che possa assorbire il biossido di carbonio con la stessa efficienza. In questo modo le foreste riescono appena a mantenere la composizione dell’aria. Se Venafer ne perdesse una porzione significativa…

Effetto serra dilagante. Biossido di carbonio nell’atmosfera alle stelle che blocca altra energia solare. L’aumento di temperatura che fa evaporare altra acqua, il cui vapore anch’esso contribuisce all’effetto serra. Siccità, incendi, arretramento, desertificazione, mentre il calore aumenta. E mentre la vita che li rinnovava si estingue, l’ossigeno e l’azoto vengono di nuovo bloccati nei minerali. Gli oceani ribollono. Le molecole dell’acqua salgono in alta quota, dove i raggi ultravioletti le scindono; l’idrogeno fugge nello spazio, l’ossigeno in breve si trova imprigionato nelle rocce. Quando alla fine viene raggiunto un equilibrio, esso regna su un inferno incandescente, è la pace del cimitero o del deposito delle scorie.

— Non l’avevate previsto? — gridò Kristan. — Non ve ne importava?

Laurice ripeté le parole di suo padre: — Era in gioco il nostro onore. — Poi aggiunse: — Ricordi quale enorme servizio Copperhue ha reso non solo a Windfell o ad Ather o agli Erthumoi, ma a tutte le Sei Razze. Se i Pitoni avessero mantenuto il monopolio di quanto abbiamo poi appreso…

Laurice lo sentì cambiare di posizione nel sacco, ma quando Kristan parlò la sua voce era più tranquilla. — Immagino che sia così. Almeno in questo c’è forse una certa quantità di verità. Ciò nonostante una grande e fertile isola dove quel culto possa vivere come vuole è stato un pagamento piuttosto generoso. Non potevano limitarsi a quello?

— Questo è stato discusso dietro le quinte — ammise Laurice. — Alcuni dei leader Naxiani dissero che sarebbe stato giusto. Purtroppo non sarebbe stato applicabile. Le nuove generazioni in particolare finiscono con l’ignorare o disobbedire a qualsiasi proibizione in questo senso.

— Non lo farebbero se glielo imponeste — disse Kristan con voce dura. — Le armi le avete.

— Per attaccare dei civili disarmati? No! E poi le altre Case non lo permetterebbero. Anche loro hanno delle proprietà su Venafer.

— Avreste potuto condurre una politica comune.

La donna scosse la testa e i suoi capelli frusciarono contro il tessuto del sacco. — Ma lei è davvero così ingenuo? Le varie Casate spesso non sono d’accordo neppure sull’ora del giorno. Sì, avrebbero potuto formare un cartello a quello scopo, ma i cartelli sono sempre instabili. Vede, per diversi di loro una popolazione naxiana in espansione sul pianeta significa un mercato in crescita — per merci in conto capitale, servizi, per tutto — che li paga con la propria produzione. Alla fine Venafer diventerà un’impresa redditizia.

— Al prezzo della sua vita.

— Dall’estrapolazione non risulta che le conseguenze possano avere effetti radicali per almeno cinque secoli.

— Lei sarà ancora viva, signora. La maggior parte delle parti in causa lo saranno e potranno vedere quel che hanno fatto. Non guarda avanti lei?

— L’estinzione non si verificherà. Non siamo così stupidi e neanche i Naxiani. Non ha visto le proposte? — Forse no, pensò. Tutta questa faccenda è oscura, una cosa di poca importanza, sepolta da una valanga di notizie ben più importanti. E nessuno ne ha fatto un annuncio ben definito.

Perché finora nessuna decisione si è cristallizzata.

— Oh, sì. Piani grandiosi. Aumentare per compensazione l’albedo del pianeta, per esempio facendo orbitare attorno una nube di particelle riflettenti. O ridurre la luce solare piazzando un gigantesco riflettore nel punto L2, utilizzare parte dell’eccesso di energia per azionare il motore di una stazione, o… non importa. Non c’è dubbio che tutto questo si possa fare, se l’utile è sufficientemente attraente. Dal punto di vista ingegneristico, almeno, non ci sono difficoltà. Ma nessuna delle forme vitali di Venafer potrà sopravvivere a un mutamento così drastico. Non ci saranno altro che città, macchine e povere piantagioni corrette geneticamente. Un cadavere su cui banchettano vermi e funghi, un cadavere assassinato dall’avidità.

Un mondo che tu amavi, pensò Laurice.

Il vento e la pioggia cantavano la loro canzone attorno al rifugio. Attraverso gli alberi si sentiva il loro sibilo che proveniva dai monti. In un punto imprecisato risuonò il richiamo di un animale selvatico, simile a uno squillo di tromba nella notte. Sì, meraviglie, misteri e nessuno sapeva quali sarebbero stati i vantaggi e quali le conoscenze e le ispirazioni che sarebbero andate perse per sempre.

Laurice fu sul punto di dirgli qualcos’altro, ma no, non osava farlo, non doveva farlo. Lo conosceva troppo poco e quel che aveva intravisto di lui puzzava di fanatismo. Una fiamma non protetta può incendiare un’intera foresta.

— Basta, ormai siamo allo scontro frontale — disse Laurice. — Più tardi, se vuole, potremo discutere ancora, ma per ora sono esausta e domattina abbiamo un lavoro da fare. Buona notte.

Kristan mugugnò qualcosa e si girò sul fianco, voltandole le spalle. La pioggia ora cadeva più forte. La donna rimase sveglia per un po’ in preda a collera, paura e disperazione, finché non cadde in un sonno agitato.

Laurice aveva regolato il suo cervello perché la svegliasse di buonora col primo chiarore. A quelle latitudini e in quel periodo dell’anno le notti erano brevi. Quando emerse dal torpore, sussultò e si rizzò a sedere. Kristan aveva già gli occhi aperti. Occhi che si dilatarono, in segno d’apprezzamento, intuì Laurice, ma poi l’uomo passò il braccio su di essi prima che lei potesse incrociare le sue braccia sul seno. — Vuole vestirsi prima lei o lo faccio io? — mormorò Kristan. Una risata le sfuggì spontanea a quella domanda e la svegliò completamente.

La pioggia era cessata da un paio d’ore, alleviando i suoi peggiori timori. Quando uscì dalla tenda vide che la nebbia fumava sopra il suolo e tra gli alberi. Il freddo non apparteneva all’immaginario popolare di Venafer. Un mondo intero, un intero assortimento di miracoli quali non ne esistevano nell’universo… Come stava Copperhue? Si affrettò a controllare le ultime tracce che aveva rilevato la sera prima.

— Io preparo la colazione — si offerse Kristan alle sue spalle. Laurice annuì distrattamente, con la mente concentrata sul sottobosco, le foglie morte, il fango. Non era facile seguire ancora le tracce, la pioggia aveva cancellato quasi tutto. Si accorse vagamente che Kristan stava raccogliendo legna secca e usava l’accendino per accendere un fuoco, preparando una griglia di rametti verdi su cui scaldare il cibo dei contenitori. Era chiaro che doveva possedere certe capacità di sopravvivenza.

Quando la colazione fu pronta le portò una porzione, tenendone una per sé. Laurice, che stava acquattata sui calcagni, lo guardò dal basso in alto. Neanche lui aveva l’aria di aver dormito bene, ma, se era in grado di sorridere, l’avrebbe fatto anche lei. — Tenga. — Gli porse un ramo carico di bacche scarlatte che aveva tagliato da un cespuglio incontrato per caso. — Rossoline per dolcificante.

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