Alleo Steele - Le Fasi del Caos

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Una delle ultime invenzioni di Asimov è l’universo immaginario (ma non troppo) in cui si svolgono le avventure narrate in Le fasi del caos. Dopo aver passato una vita a raccontare le vicende di una galassia popolata soltanto da uomini e robot, Asimov immagina qui un intrigo che vede coinvolte, oltre a quella umana, altre cinque razze che conoscono il volo interstellare: razze spesso ostili e sospettose l’una dell’altra, fra cui l’uomo non fa certo brutta figura. Stabilite questo premesse, che presto daranno luogo a una serie di rapide quanto pericolose avventure, Asimov passa la mano ad alcuni brillanti scrittori; suoi allievi ideali, che svolgono la vicenda all’insegna della suspense, ma senza dimenticare una punta di ironia in omaggio al loro ispiratore.

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Si infilarono in spalla i sacchi.

— Quel che è accaduto a Copperhue è evidente — disse Laurice.

— È scappato nel bosco, in salita. Un lyco l’ha seguito, ma solo per poco, perché i cespugli lo impacciavano più di quanto impacciassero il Naxiano e sembrava più facile uccidere le prede nella radura. Il rumore alle spalle di Coperhue e la ferocia che avvertiva l’hanno fatto scappare il più in fretta possibile, per quanto è concesso alla sua razza, il che vuol dire abbastanza veloce, e ha continuato a scappare a lungo. Anche i filosofi possono farsi prendere dal panico. Infine, dopo essersi calmato e riposato, ritengo, deve aver cercato di tornare indietro. Del resto dove avrebbe potuto andare altrimenti? Ma in una foresta fitta, una persona priva di esperienza può perdersi completamente a meno di un chilometro dal proprio obiettivo e allontanarsi sempre più senza neanche accorgersene. Questo è particolarmente facile su Venafer, dove non esistono ombre nette o corpi celesti o comunque punti di riferimento facilmente individuabili. Spero solo che Copperhue si sia reso conto che l’unica cosa sensata era di fermarsi e aspettare di essere ritrovato. Spero solo che sopravviva all’attesa.

I due entrarono nella foresta. Per qualche metro procedere non fu difficile. Laurice si infilava agilmente in mezzo agli alberi coperti di spine simili a ganci; con le braccia davanti al viso, allontanava i vimini, passava oltre e li lasciava andare adagio dando il tempo a Kristan di intercettarli prima che lo colpissero con forza. Poi la pista, fino a quel momento chiara per un occhio esercitato, si addentrò nel macchione che aveva sconfitto il lycosauroide. No, non si trattava di un boschetto, ma piuttosto di una vera e propria muraglia, troppo ampia per aggirarla e avere ancora qualche probabilità di ritrovare le peste dall’altra parte. Bisognava procedere piegati, a volte abbassandosi sulle mani e sulle ginocchia, aprendosi un varco a colpi di machete e facendo lunghe pause per individuare un altro rametto spezzato, gli alberelli ammaccati, le zolle di terreno smosse che contrassegnavano il punto in cui la paura era scomparsa. Stavano scendendo le tenebre e si sentiva un odore rancido. Il sudore ruscellava sulla pelle, si appiccicava agli abiti e puzzava, diventava appiccicoso col freddo sempre più pungente. Grida, gracchiamenti e sibili li schernivano da bocche invisibili.

Kristan imprecò. Laurice si stupì per la ricchezza del vocabolario. Doveva cercare di ricordare qualcuna di quelle frasi. L’uomo si interruppe bruscamente, segno evidente che si era ricordato della presenza di lei. Guardandosi alle spalle, Laurice lo vide dibattersi tra i rami. — Lo temevo — sospirò. — I pali della tenda prendono dentro dappertutto. Meglio sbarazzarsene. Anzi, butti via tutta quanta la tenda.

— Merdaio che no! — ringhiò Kristan, Aveva i capelli neri incollati alla fronte. — È la migliore… sa che cosa costa? E come siamo cronicamente a corto di fondi?

— Provi a programmare i suoi computer per metterglielo nel culo a quelli dell’amministrazione. — No, approccio sbagliato. Laurice fece uno sforzo per parlare gentilmente. — Quella tenda potrebbe farci perdere ore che non abbiamo a disposizione. La lasci. La recupereremo al ritorno.

— Be’, il mio sacco a pelo è impermeabile. E il suo? — chiese Kristan alleggerendosi del carico.

Quando si liberarono del boschetto, procedere non fu molto più veloce. A quella quota leggermente più alta, gli alberi crescevano più radi e il sottobosco era meno intricato. Ma questo voleva anche dire tratti di terreno o roccia nudi, dove si potevano perdere vari minuti per cercare di individuare le tracce. Il vento ruggiva più forte adesso, le foglie frusciavano e le nubi si rincorrevano basse e nere sopra di loro.

— Avrei pensato che il serpente sarebbe ritornato sulle proprie tracce — osservò a un tratto Kristan.

Laurice si impose di non risentirsi per il termine che l’uomo aveva usato. Anche lei in passato aveva commesso di tanto in tanto quel peccato. — Io non posso fare altro che cercare di scoprire da che parte è andato — gli ricordò. — Del resto che altro avrebbe potuto fare non conoscendo i posti?

— No, no… ha ragione. Che domanda stupida. Sono stanco e il cervello comincia a non funzionare più. Come fa lei a mantenersi in forma?

Laurice fu costretta a ridere. — E fragrante? Dopo aver scorrazzato nei boschi, si impara a dosare le proprie forze. O, almeno, è il nostro corpo che lo fa.

— È notevole come se la cava. Non mi sarei aspettato che l’esperienza su un pianeta sarebbe stata utile anche su altri.

— Oh, ci sono innumerevoli differenze, naturalmente, ma i principi generali sono gli stessi e le tecniche si possono sempre adattare. Quando ne ho accennato a Copperhue, è stato proprio questo a dargli l’idea di persuadermi a entrare a far parte della sua équipe per qualche anno.

Di colpo cadde il gelo. Laurice gli aveva ricordato quanto si fosse opposto a tutta la faccenda.

Le tracce deviarono. Copperhue evidentemente aveva notato di essere salito più in alto del campo e aveva cercato di ritornare in basso. Sfortunatamente, su quel terreno così irregolare non si trattava semplicemente di scegliere una direzione piuttosto dell’altra. Un controllo col radiofaro del velivolo mostrò che la direzione del sentiero da lui preso andava in generale in senso perpendicolare a quella che avrebbe dovuto prendere. Dopo un po’ la discesa divenne più brusca. Qui i batteri e l’erosione avevano reso sottile lo strato di terra, di modo che gli alberi si ergevano a distanza di tre o quattro metri e i knorrig contorti erano più frequenti degli spinati. Tra un albero e l’altro crescevano i grigi cespugli di tridente, e ovunque c’erano detriti di ogni genere, sassi e terriccio.

— A questo punto avrebbe dovuto capire di trovarsi sul percorso sbagliato — disse Kristan con voce rauca.

— Certo — convenne Laurice. — Ma sospetto che fosse terribilmente assetato e si fosse messo alla ricerca di un ruscello o comunque di qualche pozza d’acqua. — Loro avevano vuotato le borracce durante la marcia e le avevano riempite presso una sorgente che Laurice aveva trovato e che era sfuggita al Naxiano.

L’uomo alzò lo sguardo verso il cielo scuro e rumoreggiante. — Non mancherà certo l’acqua per stasera.

— E ormai manca poco al tramonto. Oh, maledizione!

— Abbiamo le torce elettriche. Io posso ancora continuare se lei ce la fa.

Laurice ebbe l’impressione che, più che decidere liberamente, la scelta le fosse imposta. — No. Con la pioggia e le tenebre venaferiane sarebbero inutili. Meglio che ci rintaniamo da qualche parte a riposare. Riprenderemo dopo l’alba.

Ancora una volta, come avevano spesso fatto nelle ore precedenti, gridarono fino a perdere la voce. Nessuna risposta. Laurice sforzò la vista per penetrare le prime tenebre del crepuscolo. Al di là degli alberi più vicini, la sagoma del bosco si stagliava in una massa impenetrabile. Si intuiva che al di là il pendio prendeva a salire piuttosto ripido e Laurice ricordò da quanto aveva visto dal velivolo che dall’altra parte il costone dava su un canyon in cui Copperhue non si sarebbe certo avventurato.

No, non può essere lontano, pensò. Siamo arrivati tardi e abbiamo dovuto cercare le tracce e interpretarle, ma sono pronta a giurare che Copperhue ha rallentato l’andatura ed è prossimo all’esaurimento. Magari basterebbe procedere di un pezzetto soltanto. Ma in che direzione? Questo dannato vento ci ricaccia le grida in gola. Oh, povero caro Copperhue che muore di fame e di sete, tutto solo, in preda ai brividi…

— Peccato che abbiamo dovuto abbandonare la tenda — disse Kristan. — Per quanto siano robusti i nostri sacchi a pelo, se conosco le condizioni meteorologiche di queste colline un tetto non avrebbe fatto male.

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