Stanislaw Lem - Cyberiade

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Dopo qualche tempo, i Ferrolini cominciarono a preoccuparsi, perché non capivano che cosa stesse succedendo; intanto, Trurl usava corrieri espresso in porto assegnato, raccomandate con ricevuta di ritorno e tassa a carico del destinatario — una serie infinita di lettere di sollecito, note di addebito, diffide, ingiunzioni — e si fece aprire un paio di conti correnti, che al momento non contenevano neppure un soldo, ma in futuro non si sa mai.

Infatti, dopo qualche tempo si poteva già notare che la Cosa non sembrava orribile come prima, specialmente di profilo, e che, effettivamente, si era un po’ rimpicciolita.

I Ferrolini chiesero a Trurl: «E adesso?»

«In questo ufficio non si fanno discorsi personali» rispose Trurl, e continuò a mettere timbri, a graffare fogli, a controllare permessi, a revocare concessioni, a mettere i puntini sulle i, a convocare giurì, a chiedere a chi tocca, spiacente, l’ufficio è chiuso ritornate tra un’ora, l’orario della mattina è terminato, il caffè s’è raffreddato, il latte si è cagliato, le ragnatele hanno coperto tutto l’ammezzato, dal cassetto della segretaria è saltato fuori un vecchio paio di calze di nailon tutto bucato, il nuovo armadietto per le pratiche è laggiù che va montato e questo è grave, c’era qualcuno che intendeva corrompere il magistrato, e c’erano una pila di problemi e un problema di pile, un mandato di esecuzione, con incarcerazione per illecita appropriazione, protocolli con decine di bolli.

E la macchina da scrivere proseguì:

«…perciò, non avendo l’Occupante, in osservanza dell’atto di precetto notificatogli, lasciato e riconsegnato gli immobili abusivamente detenuta, ’habere facias possessionem’, p. Ord. della Corte di Cassazione della Repubbl. Cybernet., che, ’in vacuo et ex nihilo’, dispone con la presente l’immediata evacuazione dei suddetti immobili.

La presente decisione non è appellabile».

Trurl inviò il messo e a tempo debito intascò la ricevuta. Poi si alzò e, con ordine, scagliò nello spazio interstellare le scrivanie, le sedie, i timbri, i sigilli, gli armadi porta-archivi e tutto il resto. Rimase soltanto la macchina del caffè.

«Che diavolo fai?» gli gridarono i Ferrolini, che ormai si erano abituati a vedere quell’ufficio.

«Come osi?»

«Sst, miei cari» rispose il costruttore. «Invece di lamentarvi, date un’occhiata!»

Infatti, i Ferrolini diedero un’occhiata e rimasero a bocca aperta… ehi, non c’era più niente, lassù, la Cosa era sparita, come se non ci fosse mai stata! Ma dov’era andata? Evaporata nell’aria?

La Cosa si era ritirata codardamente, ed era diventata così piccola, ma così piccola, che occorreva la lente per vederla.

I Ferrolini si radunarono attorno a essa ma poterono trovare soltanto una macchiolina un po’ umidiccia, come se fosse caduta una goccia, ma di che, o da chi, non si sapeva.

«Proprio come pensavo» riferì Trurl. «Fondamentalmente miei cari, l’impresa è stata abbastanza semplice: nel momento in cui ha accettato la prima comunicazione e ha firmato la ricevuta, la vostra creatura era finita. E questo perché ho usato una macchina speciale, la macchina che inizia per B: da quando esiste il Cosmo, nessuno è mai riuscito a sconfiggere la B maiuscola!»

«D’accordo, ma perché buttare via i documenti e tenere solo la macchina del caffè?»

«Perché non divorasse anche voi!» rispose Trurl. E volò via, sorridendo loro con gentilezza… e il suo sorriso brillava come una stella

LA SESTA FATICA OVVERO COME TRURL E KLAPAUCIUS CREARONO UN DEMONE DI SECONDA CLASSE PER SCONFIGGERE IL PIRATA PUGG

Ci sono soltanto due carovaniere che portano a sud dalla Regione dei Soli Superiori. La prima, che è la più antica, va dal Quadrilatero Stellare al Grande Glossoronte, stella estremamente pericolosa, perché la sua magnitudo varia, e quando è al minimo la fa assomigliare alla Stella Nana degli Abissiri, cosicché i naviganti, sbagliando rotta, finiscono nella Grande Coltre Desertica, da cui solo una carovana su nove fa ritorno.

La seconda — e più recente — carovaniera è quella aperta dall’impero Myrapoclide, i cui turboschiavi hanno scavato una galleria di sei miliardi di miglia, attraverso il cuore del Grande Glossoronte stesso.

L’imboccatura settentrionale della galleria si può rintracciare nel modo seguente: partendo dall’ultimo dei Soli Superiori, procedere verso il Polo per il tempo occorrente a recitare sei volte l’Angelo di Dio che sei il mio custode». Poi virare a sinistra, fino a raggiungere la parete di fuoco che costituisce la corona esterna e la cromosfera di Glossoronte, e vedrete subito l’apertura, perché è un puntolino nero in mezzo all’abbagliante candore di quella gigantesca fornace spaziale.

Fate rotta verso quel puntolino, e non abbiate paura, perché la galleria è così larga che ci passano — tribordo contro babordo — fino a otto navi. Lo spettacolo che vedrete dai vostri oblò non ha davvero uguali.

Per prima incontrerete la famosa Fonte di Fiamma Flogisto, e quello che incontrerete successivamente dipende dal tempo: se gli abissi della stella sono spazzati da tempeste piromagnetiche che scoppiano a un miliardo di miglia — o più — di distanza, si vedono grandi masse tormentate di fuoco, arterie pulsanti, gonfie di macchie bianche e ardenti. Se invece la tempesta è più vicina, o è un tifone del settimo ordine, il soffitto della galleria prende a tremare, come se la bianca nube di incandescenza stesse per cadere, ma si tratta solo di un’illusione, perché il fortunale passa attorno alla galleria ma non la spezza, e il suo calore non può consumare coloro che sono all’interno: a tenere a bada la tempesta ci pensano i Fasci di Forza Faffiani che formano la fasciatura della galleria.

Eppure, quando si vede muoversi il centro della grande eruzione, e avvicinarsi le lunghissime lingue di fiamma delle sub-fonti chiamate Infernotti, è meglio tenere ben saldo il timone, e orientarsi guardando le viscere della stella, invece della carta siderale, perché occorre dare fondo a tutta la propria abilità di pilota.

In effetti, quella grande galleria non ha mai due volte lo stesso aspetto; l’intero tunnel scavato dentro Glossoronte si contorce continuamente, si agita come una serpe in lotta con una mangusta. Perciò, lustratevi bene gli occhi, e tenete a portata di mano i pacchi refrigeranti, per coprire di uno strato di ghiaccio trasparente i vostri visori, e guardate con attenzione le pareti di fiamma che si avventano contro di voi, tendete l’orecchio perché vi parrà di sentir cedere la chiglia, fidatevi soltanto dei vostri collaudati riflessi.

Dovete però ricordare che non tutte le fiammate e non tutti i sobbalzi della galleria corrispondono a un terremoto stellare o a una bonaccia nella sua materia; tenendo in mente anche questo, il marinaio esperto non griderà: «Agli idranti!» quando vede accendere un cerino, e più tardi non dovrà affrontare le irrisioni dei suoi colleghi, i quali lo paragonerebbero a quel tale che voleva spegnere la luce eterna di una stella servendosi di un termos di azoto liquido.

A chi invece volesse sapere che fare se un vero terremoto stellare piombasse sulla sua nave, i vecchi dello spazio risponderebbero che si riesce a malapena a trarre un sospiro, perché manca perfino il tempo di recitare una preghiera o di fare testamento; quanto agli occhi, si può tenerli aperti o chiusi: è indifferente, perché il fuoco li consumerebbe in qualsiasi caso.

Simili disastri, comunque, sono estremamente rari, perché gli anelli e i puntelli installati dall’impero Myrapoclide resistono mirabilmente, e in verità il volo interstellare, quando si arriva al centro di Glossoronte e si passa in mezzo al suo idrogeno metallico, scintillante come argento vivo o come uno specchio liquido, è un’esperienza affascinante.

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