Stanislaw Lem - Cyberiade
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- Название:Cyberiade
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- Издательство:Marcos y Marcos
- Жанр:
- Год:2003
- Город:Milano
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Comunque, si dice che chi imbocca il tunnel è in grado di uscirne, mentre lo stesso non si può dire della Grande Coltre Desertica. E se la galleria trans-solare dovesse finire distrutta da un astroclasmo (o terremoto stellare), la sola rotta possibile costringerebbe i poveri marinai ad attraversare la Coltre, che è buia come la notte — come suggerisce il nome — perché la luce delle stelle ha paura di entrarvi.
Laggiù, come in un mortaio, ci sono continui scontri e collisioni — che fanno un chiasso terribile — di pezzi di metallo, lattine, frammenti di astronavi portate fuori rotta dalle insidie di Glossoronte, schiacciate nella stretta crudele di quegli infiniti vortici gravitazionali, poi abbandonate e destinate ad andare alla deriva fino alla consumazione dell’universo.
A est della Coltre c’è il regno dei Mascelli, a ovest degli Sgranocchi, e a sud ci sono strade piene di alte rocche fortificate, che portano alla più tranquilla sfera di Pigrulia, azzurra come il cielo, e dietro di essa c’è il piccolo Murdingham, dove l’arcipelago di stelle povere di ferro — noto come il Carro di Alcaronte — arde di un colore rosso sbiadito.
La Coltre stessa, come si diceva, è nera quanto il corridoio di Glossoronte è bianco. E la sua pericolosità non deriva soltanto dai vortici, dai frammenti che viaggiano a velocità incredibile, spinti dalle correnti, dalle meteore impazzite che vi si incontrano; infatti, molti riferiscono che in un luogo ignoto, in un regno di caverne cupe e crepuscolari, al fondo di un abisso insondato e insondabile, da intere epoche abita una creatura anomala e del tutto anonima, perché chiunque la incontri non sopravvive a sufficienza per poter comunicare il suo nome.
Si dice che l’Anonimoide sia un pirata e un mago, che abiti in un castello innalzato dalla forza della gravitazione nera, e che il fossato di quel castello sia una tempesta che non cessa mai di infuriare, le mura siano di non-essere, insuperabili nella loro non-esistenza, tutte le finestre cieche, e le porte mute.
L’Anonimoide giace laggiù in agguato, in attesa delle carovane, e ogni volta che sente la bramosia di oro e di scheletri, soffia sabbia nera sui soli che servono da fari, e quando li ha spenti, e qualche viaggiatore lascia il cammino sicuro, piomba dal vuoto, turbinando ferocemente, avvolge nelle proprie spire i malcapitati e li porta al suo castello dell’oblio, senza perdere neppure una spilla di rubini sintetici, perché si tratta di un mostro mostruosamente meticoloso.
Sparito l’Anonimoide, solo i poveri resti divorati lasciano il suo castello e vanno alla deriva lungo la Coltre, seguiti da lunghe file di bulloni provenienti dal fasciame della nave, che il mostro sputa come se fossero semi di cocomero. Ma negli ultimi tempi, da quando il tunnel di Glossoronte è stato aperto grazie al lavoro forzato di innumerevoli turbo-schiavi e tutta la navigazione passa per la più luminosa delle gallerie, l’Anonimoide urla di rabbia, perché non può più darsi al saccheggio, e il fuoco della sua collera si accende nell’oscurità della Coltre, e brilla di luce fosca, oltrepassando la barriera di gravitazione nera, come il teschio di un assassino che marcisce in un bozzolo fosforescente.
Ci sono degli increduli, è vero, che dicono che quel mostro non esiste e non è mai esistito… e lo dicono senza timore di venire smentiti, perché è difficile smentire parole su cui non ci sono prove, e per di più in luoghi lontani da coltri cosmiche e da conflagrazioni stellari.
Sì, è facile non credere ai mostri quando si è lontani da loro, mentre é assai più difficile sfuggire ai loro spaventosi artigli quando sono vicini. Lo stesso Gibernatoro di Murgundia, con un seguito di ottanta cortigiani su tre navi, non fu forse inghiottito dalla Coltre, e di quel magnate non rimase più nulla, tranne qualche fibbia smangiucchiata, scagliata sulle spiagge di Solara Minor da un’ondata nebulare e laggiù scoperta dagli abitanti del luogo?
E innumerevoli altre personalità non sono state forse divorate senza misericordia e senza appello? Perciò, che almeno le memorie elettroniche offrano un tacito tributo a quelle povere moltitudini insepolte, se non si può trovare un vendicatore, uno che si occupi di quel bandito come prescrivono le nostre antiche leggi siderali.
Tutto questo, Trurl lo lesse un giorno su un libro, ingiallito dal tempo, acquistato da un rigattiere di passaggio; lo portò subito a Klapaucius, e lo lesse una seconda volta ad alta voce, dall’inizio alla fine, tanto era affascinato dalle meraviglie che vi erano descritte.
Klapaucius, saggio costruttore che conosceva bene il Cosmo e aveva una buona competenza dei soli e delle nebulose di tutti i generi, si limitò a sorridere e a rivolgergli un cenno d’assenso, dicendo: «Non crederai, spero, a una sola parola di quelle sciocchezze?»
«E perché non dovrei crederci?» s’inalberò Trurl. «Guarda, c’è perfino un’incisione, ben disegnata, dell’Anonimoide che inghiotte due schooner a fotoni e nasconde il bottino nei suoi sotterranei. Del resto, esiste effettivamente una galleria che attraversa una supergigante. Betelgeuse, intendo dire. Certamente, con la tua conoscenza della cosmografia, non puoi escludere quella possibilità».
«Per quel che riguarda le illustrazioni, se ti disegnassi un drago con mille soli per occhio, accetteresti il mio disegno come prova della sua esistenza?» rispose Klapaucius. «E per le gallerie, quella che citi è lunga solo due milioni di miglia, non parecchi miliardi. Inoltre, la stella di cui parli è praticamente esaurita, e il viaggio interstellare in quelle regioni non presenta alcun pericolo, come sai perfettamente anche tu, essendoci stato di persona.
«Quanto alla cosiddetta Grande Coltre Desertica, è solo una discarica cosmica di spazzatura, larga circa dieci chiloparsec, che va alla deriva nella zona tra Meridia e Tetracidia, e non nella regione tra i Mascelli e gli Sgranocchi, che sono razze inesistenti; laggiù è buio, certo, ma solo perché c’è tutta quella spazzatura. Quanto al tuo Anonimoide, è chiaro che una simile creatura non è mai esistita! Non è neppure una rispettabile leggenda antica: è solo una storiella da niente, inventata da un pennivendolo da quattro soldi».
Trurl si morse il labbro.
«Tu dici che il tunnel è privo di rischi» disse «perché sono stato io a viaggiarci. Ma ne avresti un’altra idea, se fossi stato tu. Lasciamo perdere il tunnel, comunque. Per quanto riguarda la Coltre e l’Anonimoide, in casi come questo non mi accontento delle semplici parole. Andremo laggiù, e vedremo di persona» continuò, sollevando il pesante volume «quel che c’è di vero nel libro, e quel che c’è di falso!»
Klapaucius fece del suo meglio per dissuaderlo, ma quando vide che Trurl, ostinato come sempre, non aveva alcuna intenzione di tirarsi indietro da un’impresa nata in modo così singolare, dapprima dichiarò di non voler averci a che fare, poi si associò ai preparativi per il viaggio: non voleva che l’amico morisse da solo… insomma, in due si può guardare negli occhi la morte con maggiore serenità che da soli.
Alla fine, riempita la cambusa di una grande quantità di provviste, perché il viaggio li avrebbe portati in regioni smisurate e spoglie (non certo pittoresche come quelle descritte dal libro) partirono con la loro fida nave. Durante il viaggio si fermarono di tanto in tanto per chiedere la strada, soprattutto dopo essersi lasciati alle spalle i territori che conoscevano bene. Dai nativi del luogo, però, non si poteva apprendere molto, perché anch’essi conoscevano soltanto le loro immediate vicinanze: di quel che stava al di là, in luoghi dove non s’erano mai avventurati, davano le descrizioni più assurde, e molto particolareggiate, inventandosi i dettagli con grande piacere e insieme con un briciolo di timore. Klapaucius definì «corrose» quelle narrazioni, con riferimento alla sclerosi da corrosione che colpiva i cervelli di una certa età.
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