Stanislaw Lem - Cyberiade

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Intanto Klapaucius, che era stato allontanato da palazzo senza tanti complimenti, ritornò alla locanda, riflettendo — con una certa preoccupazione — sulle complicazioni che potevano nascere da un fatto come quello appena successo. «Senza dubbio» pensò «se mi fossi trovato nei panni di Trurl, la mia grande presenza di spirito avrebbe risolto immediatamente la situazione. Invece di fare una scena e di farneticare di trasferimenti telepatici, con il solo risultato di far sorgere sospetti sulla mia sanità mentale, avrei approfittato della mia presenza nel corpo del Re e ordinato alle guardie di prendere immediatamente in custodia Trurl, ossia Balerion, che adesso, invece, vaga libero per la città, chissà dove. Inoltre avrei ordinato all’altro costruttore di rimanere al mio fianco, come consigliere speciale. Ma quell’idiota… — (con queste parole si riferiva a Trurl) — …ha perso completamente la testa, e adesso dovrò fare appello a tutta la mia capacità tattica, perché questa faccenda rischia di finire male».

Cercò di ricordare tutto quel che sapeva del trasferitore di personalità, che non era certamente poco. Il massimo pericolo, secondo lui, era che Re Balerion, correndo spensieratamente di qua e di là, nel corpo di Trurl, inciampasse e colpisse con le corna qualche oggetto inanimato. In tal caso, la coscienza di Re Balerion si sarebbe immediatamente trasferita in quell’oggetto e, poiché le cose inanimate non possedevano coscienza, l’oggetto non avrebbe dato al trasferitore una coscienza da restituire, e di conseguenza il corpo di Trurl sarebbe caduto a terra privo di vita; quanto al Re, sarebbe rimasto intrappolato per l’eternità in una pietra, o in un lampione, o in una scarpa vecchia.

Inquieto, Klapaucius accelerò il passo, e non lontano dalla taverna sentì alcuni cittadini discutere animatamente tra loro. Interrogandoli, venne a sapere che il suo collega, Trurl, era uscito di corsa dal palazzo reale — come se il diavolo si fosse impadronito di lui — e che, scendendo per i lunghi, alti scalini che portavano alle banchine, era incespicato e si era rotto una gamba.

L’incidente l’aveva spinto a una strana frenesia; mentre giaceva a terra, si era messo a gridare di essere Re Balerion Medesimo, aveva ordinato di far accorrere l’archiatra reale, una barella con cuscini di piume, balsami ed essenze profumate; e, mentre la gente rideva per la sua follia, si era messo a strisciare sul lastricato, imprecando in modo spaventoso e stracciandosi le vesti, finché un misericordioso passante non aveva provato pietà e si era chinato ad aiutarlo. Allora il costruttore si era tolto il cappello, rivelando — c’erano dei testimoni disposti a ripeterlo sotto giuramento — le corna del diavolo.

Il racconto proseguiva dicendo che con quelle corna il costruttore aveva colpito in testa il buon samaritano, poi era caduto a terra, rigido ed esanime, e si era messo a gemere debolmente, mentre il buon samaritano era improvvisamente cambiato — come se uno spirito malvagio si fosse impadronito di lui — e danzando, saltellando, allontanando a spintoni chiunque fosse sulla sua strada, si era lanciato al galoppo per gli scalini che scendevano al porto.

Klapaucius si sentì svenire, quando venne a conoscenza di tutto questo, perché capì che Re Balerion, dopo aver danneggiato il corpo di Trurl (e dopo averlo usato per così poco tempo) l’aveva astutamente scambiato con quello di uno sconosciuto.

«A questo punto» si disse, inorridito «come trovare Re Balerion, nascosto in un corpo che io non conosco? Dove iniziare a cercarlo?»

Tentò di farsi rivelare dai presenti chi fosse il passante che con tanta nobiltà di spirito si era accostato allo pseudo-Trurl ferito, e anche quel che era successo ai due corni del costruttore. Del buon samaritano si sapeva soltanto che, a giudicare dai vestiti, doveva essere un forestiero: un marinaio, sceso da qualche nave giunta da lontani pianeti; quanto ai corni, nessuno sapeva che dire al costruttore.

Poi, per fortuna, un certo mendicante dalle gambe completamente arrugginite (era vedovo, e non aveva nessuno che gliele tenesse lucide e impermeabili), costretto dunque a muoversi su quattro rotelline fissate ai fianchi — cosa che, naturalmente, gli dava un ottimo punto di vista su tutto quel che traspariva a livello del suolo — riferì a Klapaucius che il degno marinaio aveva strappato le corna dalla testa del costruttore (mentre questi era prono sul terreno), con una tale rapidità che soltanto lui se n’era accorto.

Così, a quanto pareva, Re Balerion era di nuovo in possesso del trasferitore e poteva continuare la sua pericolosa attività di balzare da un corpo all’altro.

La notizia che adesso la sua mente occupava il corpo di un marinaio era particolarmente sgradevole.

«Tra tutti, proprio un marinaio doveva scegliere!» gemeva Klapaucius, tra sé. «Scaduto il suo permesso di sbarco, non trovandolo a bordo (e come potrebbe trovarsi sulla nave, non sapendo qual è?) il capitano denuncerà il fatto alle autorità portuali, che arresteranno il disertore, e Nostra Altezza si troverà in gattabuia! E se mai dovesse, per la disperazione, battere la testa contro il muro, senza preventivamente essersi tolto le corna… che il Cielo ci protegga!»

Le possibilità di rintracciare il marinaio che era Re Balerion erano poche o nessuna, ma Klapaucius si affrettò a raggiungere il porto. La fortuna, però, pareva essere dalla sua, perché subito scorse una ragguardevole folla e, con un certo presentimento di trovarsi sulla giusta traccia, si mescolò tra la gente e presto venne a sapere, da quel che sentì dire qua e là, che si era verificato quanto temeva.

Pochi minuti prima, un rispettabile comandante di nave, padrone di un’intera flottiglia di mercantili, aveva riconosciuto un suo marinaio, persona fidatissima ed estremamente morigerata; eppure, proprio in quel momento, il fidatissimo individuo era intento a insultare chi gli passava davanti; a coloro che gli consigliavano di smettere prima che arrivasse la polizia, il marinaio gridava di poter diventare chiunque volesse, e che nel «chiunque» era compreso l’intero corpo di polizia della nazione.

Scandalizzato da quel comportamento, il comandante aveva rampognato il suo marinaio, che, come tutta risposta, gli aveva dato una bastonata.

Poi era arrivata sulla scena una squadra di poliziotti, che perlustrava regolarmente il porto — luogo dove liti e disordini erano prevedibilmente frequenti — e il caso aveva voluto che ne fosse a capo il Commissario di quartiere.

Questi, nel vedere che il marinaio riottoso si rifiutava di ritornare alla ragione, aveva ordinato di imprigionarlo seduta stante. Ma, mentre gli agenti effettuavano l’arresto, il marinaio si era scagliato all’improvviso contro il Commissario, a testa in avanti, come se il demonio si fosse impossessato di lui, e lo aveva colpito con quelli che sembravano due corni. Subito dopo, aveva cominciato a urlare di essere un poliziotto, e non un poliziotto qualsiasi, ma il comandante delle forze di polizia portuali, mentre il Commissario, invece di incollerirsi per quelle farneticazioni insolenti, aveva riso come se si trattasse di una divertente burla. Poi, però, aveva ordinato ai suoi subalterni di accompagnare in prigione il disturbatore senza perdere altro tempo, e di non risparmiare i colpi di mano e di sfollagente.

Cosi, in meno di un’ora, Re Balerion era riuscito a cambiare per ben tre volte la sua residenza corporea, e attualmente si trovava nel corpo di un Commissario di polizia, il quale, anche se Dio sapeva quanto fosse innocente, era finito in qualche cella buia e umida e si trovava nei guai.

Sospirando, Klapaucius si recò al comando di polizia: un grosso edificio di pietra, situato sulla costa. Nessuno gli sbarrò la strada; il costruttore proseguì per tre o quattro stanze vuote, finché non si trovò davanti a un vero gigante, in un’uniforme da ufficiale di polizia parecchie taglie più piccola, e armato fino ai denti.

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