Così andai a parlare con Dougie. Lui rise e m’invitò ad andare a bermi un drink. Disse che aveva troppo da fare per ascoltare le mie stupidaggini.
Questo fu ciò che disse, e senza dubbio era vero perché ristrutturare gli impianti era un lavoro duro e bisognava organizzare bene il party. Il ricevimento sarebbe servito a dare il pubblico annuncio della cosa che tutti quelli dell’ambiente conoscevano ormai da settimane, ovvero che noi saremmo andati a cercare il freddo alle grandi profondità. Dougie aveva invitato gente della flotta russa e di quella giapponese, un certo numero di nostri più assidui clienti della terraferma, e naturalmente aveva invitato Betsy. Poiché May me lo chiese, fui molto gentile con lei… esattamente come lo fui con il comdandante Tsusnehshow e il vecchio Barone Akagana quando vennero a bordo. La salutai con modi urbani, le offrii un drink, la aiutai a sistemarsi nell’appartamento messo a sua disposizione; poi me ne andai per ricevere le quattro May. Se anche erano un tantino meno giovani dell’ultima volta che le avevo viste, in compenso erano assai più belle e affascinanti. Tse-Ling Mei era una delle stelle del cinema più amate. Maisie Gerstyn, che una volta era Maisie Richardson, aveva portato con sé il suo simpatico marito e i loro due graziosi gemelli. Ci sedemmo tutti sulla veranda del mio vecchio appartamento — dove li avevamo fatti sistemare — e spettegolammo godendo della reciproca compagnia finché il sole fu basso e per loro venne il momento di cambiarsi per il party.
Io non avevo fretta di cambiarmi, né a dire il vero di partecipare al ricevimento. Stavo camminando lentamente verso la stanza in cui avevo lasciato la valigia quando l’interfono chiamò il mio nome. Desmond MacLean desiderava vedermi sul ponte di coperta, e la sua voce suonava strana.
La principale ragione per cui il suo tono m’era sembrato strano era che aveva già bevuto qualche bicchierino di troppo. Non era solo, inoltre. Sedeva a un tavolino, rosso in faccia e con la lingua che gli s’inceppava sulle parole più lunghe, e accanto a lui, che gli teneva testa un drink dopo l’altro, c’era Betsy Zoll. — Tu, grosso idiota! — lo rimproverai. — Non devi venire a giocare in serie A. Non capisci che questa signora ti sta spremendo informazioni riservate?
Lui scosse il capo, ottusamente: — Non è così — borbottò. — Non, umpf, mi capisci? Non è affatto così: è lei che parla.
Non volevo essere paziente con lui… né con Betsy, del resto, che sedeva lì serena e sorridente. Chiamai un medico, gli feci somministrare dell’ossigeno e un paio di caffè forti. — Meglio che tu non partecipi al party — gli dissi, secco, — o farai la disgrazia di questa Flotta. — Lui si strinse nelle spalle, sconsolato. — Maledizione! — esclamai. — Si può sapere che ti prende? Non vedi che stai facendo la parte dello sciocco? E fra l’altro, perché mi hai chiamato?
Si volse a Betsy. — Diglielo tu — mugolò, e si sottomise alle attenzioni del medico che gli premette la maschera a ossigeno sulla faccia.
Mentre MacLean trangugiava caffè e inalava ossigeno puro, cedendo malvolentieri alle mani del medico, Betsy si alzò. Avrei scommesso che aveva bevuto molto più di Desmond, ma il suo solo sintomo era una maggiore cautela nei movimenti, come se il pavimento fosse instabile. E la sua voce era controllatissima. — Quello che gli ho detto, vecchio — disse, — è soltanto una cosa che potresti vedere benissimo da solo. Basterebbe che ti guardassi intorno.
— Dove, di preciso? — chiesi. Lei indicò una finestra.
Ma fuori non c’era da vedere niente che io non sapessi già. In distanza, all’orizzonte, c’era l’ammiraglia di Betsy, un’altra isola della sua flotta e due della nostra… ma sapevo che, per una ragione o per l’altra, negli ultimi giorni ci eravamo avvicinati alquanto a varie isole galleggianti. L’unica altra cosa per qualche verso insolita era la flottiglia di aliscafi e hovercraft che galleggiavano tutto intorno a noi. E la loro presenza era ben spiegabile. Dovevano servire a portare avanti e indietro i nostri ospiti, ovviamente… benché fosse, come riflettei osservandoli meglio, un po’ strano che gli equipaggi di quelle imbarcazioni indossassero tutti la divisa rossa della manodopera appena assunta.
— Non so bene cos’è quello che sto guardando — ammisi, irrigidendomi.
Betsy rise e si volse al medico. — Fuori — ordinò. L’uomo mi guardò, le lanciò un’occhiata offesa e poi uscì. — Sei stato sulla pista d’atterraggio? — chiese Betsy.
— No. Perché avrei dovuto? — Ma mi sporsi a guardare anche in quella direzione. Parcheggiati a lato della pista c’erano dozzine di velivoli, e invece di trasferirli sottocoperta il personale ne stava facendo affluire altri con i montacarichi.
— Vecchio — disse lei, sprezzante, — non puoi vedere quello che non vuoi vedere. Io so da settimane quel che sta succedendo: sono venuta soltanto per esserne sicura.
— Sicura di cosa?
— Ah, Jason, quanto sei sciocco! Non sai riconoscere una forza d’invasione quando ne vedi una?
— Non credo che Dougie abbia bisogno d’invadere l’isola — dissi, fraintendendola, — dal momento che May gli ha dato l’intera Flotta.
— Non la tua Flotta, razza d’idiota… la mia! Vuole rubarmi le mie isole galleggianti!
— Tanto per cominciare, anche tu le hai rubate — dissi testardamente, rifiutando di prenderla alla leggtera. — O lo ha fatto quel bastardo di tuo padre.
Lei mi fissò, sprezzante. — Tutti rubano tutto. In quale altro modo qualcuno può diventare ricco? Come avrebbe potuto far fortuna il commodoro se tu non avessi rubato e imbrogliato per lui? Dio ti aiuti, vecchio, perché sei diventato cieco. Se non vuoi credere a me, chiedilo a questo tuo amico ubriacone. — Scosse il capo, con un sogghigno, e uscì dal ponte.
Desmod aveva quasi recuperato le sue facoltà mentali. Tuttavia gli occorse un po’ di tempo per tirar fuori l’intera storia. Betsy lo aveva ridotto balbettante e stordito, forse con l’aiuto di qualche pillola nelle bevande, e ciò che balbettò fu quello che avrei dovuto arrivare a capire da solo. Desmond aveva esaminato il materiale arrivato per i lavoratori subacquei e trovato che c’erano pompe, tubature, motori… ma anche armi portatili di vario genere, esplosivi, equipaggiamenti da assalto e perfino armi molto peggiori e pericolose. I lavori in corso erano stati una scusa per portare a bordo truppe addestrate. Il party era una scusa anch’esso: soprattutto per avere Betsy fra le mani come ostaggio.
Dio solo sa da quanto tempo Dougie progettava quella follia. Dio solo sa quanta gente di Betsy avesse cercato di corrompere e quali somme avesse speso per acquistare gli armamenti e procurarsi quella truppa. Dio solo sa… ma anch’io avrei dovuto saperlo! Se non me ne fossi andato in Nuova Zelanda per una sciocca ripicca avrei potuto accorgermene e far qualcosa per impedirlo. Ma anche così avrei dovuto capire ugualmente, e da mesi, che Dougie non si sarebbe accontentato della metà di una cosa. Lui voleva tutta la Flotta, non soltanto le isole di May.
Ma avrebbe dovuto capire che una manovra così complessa e in grande stile presentava dei pericoli, e soprattutto che corrompere gli uomini di Betsy significava soltanto spingerli a chiedere a lei una bustarella più sostanziosa. Mentre m’incamminavo verso il ponte di comando di Dougie sentii un rombo di motori, e vidi l’aliscafo di Betsy sollevarsi e filare via veloce sui suoi pattini. Le imbarcazioni armate ne furono colte di sorpresa, o forse gli uomini in tuta rossa non pensarono che lei fosse a bordo, e Dougie restò con le pive nel sacco. Quando entrai in plancia, poco dopo, vidi il volto di lei che gli parlava dallo schermo di un visifono. — Devi disarmare i lanciamissili delle tue barchette — gli stava dicendo. — E rifondermi il costo delle armi che mi hai costretto a comprare: altrimenti le userò.
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