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Marco Buticchi: Le pietre della Luna

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Marco Buticchi Le pietre della Luna
  • Название:
    Le pietre della Luna
  • Автор:
  • Издательство:
    Longanesi
  • Жанр:
  • Год:
    1997
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    88-304-1408-5
  • Рейтинг книги:
    3 / 5
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Le pietre della Luna: краткое содержание, описание и аннотация

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Tre misteriose statuette d’oro risalenti alla Roma del I secolo d. C., un enigma archeologico che gli studiosi hanno inseguito per secoli tra indizi confusi, testimonianze remote, sparizioni e ritrovamenti. Ma perché, adesso, anche i servizi segreti delle grandi potenze sono così interessati a questa vicenda? E quali sono i fili nascosti che collegano il passato delle Pietre al loro presente? Un vertiginoso slalom di avventure tra l’antica Roma e i giorni nostri, tra galeoni spagnoli e navicelle spaziali, tra agenti del Mossad e affascinanti scrittrici.

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Diversi piccoli schermi digitali inseriti nelle pareti, più uno appoggiato direttamente sul suo piano di lavoro, segnalavano con la massima tempestività ogni variazione di temperatura e tasso di umidità. Le due cifre erano quasi costantemente fisse sul 21 e sul 50. Se lo scostamento superava soltanto il mezzo grado o la mezza decina in più o in meno, il soffio sommesso ma perfettamente avvertibile dei condizionatori si affrettava in pochi secondi a ristabilire ai livelli ottimali. 21 gradi centigradi, 50 per cento di umidità. Le condizioni ideali per la sopravvivenza dei preziosissimi manufatti che in quel laboratorio venivano esaminati, studiati e decifrati, cedendo a poco a poco i loro secolari segreti.

Ma, nonostante il caldo della primavera romana, temperatura e tasso di umidità erano rimasti costantemente perfetti per tutto il pomeriggio. Il calore da cui si sentiva pervadere la giovane era di ben diversa origine. A provocarglielo erano i dati e le immagini che aveva cominciato a veder scorrere sulle due metà splittate in verticale del grande schermo davanti a cui era al lavoro, manovrando una tastiera molto più grande di quelle che di norma fanno da accessorio a un computer da scrivania.

Verificando la metà sinistra del monitor, zeppa di caselle e dati su uno sfondo argentato, modificò un’ultima volta i parametri. Di valori quasi infinitesimi rispetto all’ampiezza delle gamme possibili.

OPACITÀ SUPPORTO: +0,1

OUTPUT: +0,4

ILLUMINAZIONE MEZZI TONI: +3

CONTRASTO: -2

QUALITÀ: ExtraExtra +2

ROTAZIONE: Right 0,00001

Si morse il labbro superiore, intenta. Niente avrebbe potuto distrarla dal lavoro. Il pollice della mano destra andò a percuotere con estrema decisione il tasto di Ritorno. L’immediata scomparsa del lungo rettangolo argentato sulla sinistra dello schermo e una serie di ronzii e fremiti segnalarono che il lettore aveva ricevuto le istruzioni e le stava elaborando. Nessun bip di avvertimento venne a fermare il sordo crunk-crunk con cui la complessa apparecchiatura iniziava il suo ennesimo tentativo di interpretazione. I parametri erano stati accettati. Anche se questo non significava assolutamente che la lettura, possibile alla macchina, lo divenisse anche per lo schermo del computer e di conseguenza per gli occhi della bella studiosa. La quale, con la sinistra abbandonata sul fianco, compì un gesto tipico dello spirito popolaresco italiano: aprì indice e mignolo a formare due corna.

Per il resto rimase immobile, lo sguardo fisso sulla metà verticale destra dello schermo, ancora inesorabilmente bianca. Se nella stanza fosse riuscita a penetrare una mosca, il suo ronzio si sarebbe probabilmente levato alto sopra quello delle apparecchiature. Se accanto alla giovane ci fosse stata una persona, avrebbe con ogni probabilità potuto sentire il battere ritmico del suo cuore. Oltre a questo, silenzio e immobilità erano assoluti.

Nella parte bianca del video cominciarono a baluginare alcune forme grigiastre. Indefinite, indeterminabili, illeggibili per un occhio comune, per quanto acuto, ma non di sicuro per quello perfettamente addestrato di Sara Terracini.

La giovane si morse con rinnovata energia il labbro inferiore. Staccò il palmo della destra dalla tastiera e accostò tre dita ai pulsanti della luminosità, del colore e del contrasto, alla base dello schermo. La lunga esperienza le consentiva di manovrarli contemporaneamente. Le minuscole forme scure sulla colonna bianca dello schermo, a destra, si fecero più definite.

Sara si lasciò sfuggire un’espressione di trionfo che l’abituale controllo di sé le avrebbe certamente inibito. Ma ora tutte le sue facoltà erano spasmodicamente concentrate su quella metà dello schermo, che con una lentezza quasi crudele stava cominciando a rivelare il mistero della prima pagina dei quattro grossi volumi di carta antica, devastata dalle vicissitudini di assai più di una vita.

La giovane lesse le prime righe, comprensibilissime nonostante l’italiano arcaico in cui erano state puntigliosamente vergate quattro secoli prima, costellato di espressioni spagnole altrettanto arcaiche. Espressioni che risvegliarono in Sara Terracini un tumulto di emozioni. Era la lingua in cui si esprimevano i suoi abuelos materni, costretti a lasciare Granada più di un secolo prima che quei quattro volumi venissero vergati con cura certosina: un sontuoso castigliano antico che, nella sua famiglia, veniva tramandato di generazione in generazione per consentire la lettura dei diari che avevano fissato la memoria della cacciata di quella famiglia di ebrei dalla Spagna di Isabella la Cattolica, regina di Castiglia, e di Ferdinando II d’Aragona. Perché la memoria di quei lontanissimi, dolorosi eventi rimanesse viva. Fez, Algeri, Alessandria, Aleppo, Smirne, Salonicco, Costantinopoli. Com’era stato lungo il viaggio, prima che la famiglia si stanziasse definitivamente a Roma…

L’attenzione di Sara si tese spasmodicamente a cercar di interpretare quello che si cominciava a intravedere sulla parte bianca dello schermo. Per quanto fremente, l’attenzione non le consentì tuttavia di ignorare una bandierina colorata che, accompagnata dallo squillare imperioso di una campana, era scattata nell’angolo in alto a destra del suo computer: MESSAGE! MESSAGE! MESSAGE! Premette rapidamente uno dei tasti piccoli nella zona superiore della tastiera.

Nella parte bassa dello schermo, in orizzontale, si aprì una lunga e stretta finestra nera, dentro cui cominciò a scorrere in bianco il messaggio. Composto da una parola sola: ALLORA?

Sara sorrise e scosse la testa. Batté in rapida successione i tasti CTRL e R e poi poche lettere sulla tastiera. La sua risposta, anch’essa composta di una parola sola, scorse rapida nella striscia nera: EUREKA.

BRAVA, fu la laconica nuova risposta del sistema di comunicazione telematica. Una risposta che veniva da migliaia di chilometri di distanza. Chissà dov’era, in quel momento, il suo interlocutore. Diabolico individuo.

Sempre sorridendo al pensiero dell’amico da cui aveva ricevuto il messaggio elettronico — un vero mago nell’uso delle apparecchiature computerizzate di ricerca, un uomo a cui era legata da un’intensa simpatia personale oltre che da un’incrollabile stima professionale -, ma soprattutto, ancora, per il senso di trionfo da cui era pervasa, Sara riportò l’attenzione alla lunga strisciata sulla destra del computer, dove ormai si leggeva con discreta chiarezza un testo scritto a mano in un’antica calligrafia spigolosa, che tuttavia la macchina si era dichiarata in grado di decifrare.

Ormai sarebbe bastato tradurlo in una qualsiasi delle sette lingue moderne — oltre alle diverse antiche — che la giovane era perfettamente in grado di padroneggiare. L’italiano, naturalmente, ma anche il francese, lo spagnolo, l’inglese, il tedesco, il russo e l’ebraico. Più qualche concreto rudimento di arabo, cinese e giapponese, che le aveva consentito di badare molto bene a se stessa nei diversi viaggi di studio e piacere che aveva compiuto in Medio ed Estremo Oriente.

Con pochi movimenti di tasti e barre della tastiera, Sara provvide a salvare il testo originale con un programma di scrittura. In pochi istanti la macchina lesse il testo e lo fece comparire in una nuova finestra, sulla sinistra dello schermo, accanto a quella in cui si continuava a vedere il manoscritto quasi illeggibile. La giovane cominciò a leggere, provando, come le capitava ogni volta, quasi un senso di timore reverenziale nei confronti dei diabolici geek dell’elettronica capaci di elaborare un programma in grado di leggere qualsiasi calligrafia, per quanto involuta e antica potesse essere.

Il testo era ben lontano dalla perfezione. Il programma di decifrazione aveva tempestato quello di scrittura di una lunga serie di «~», a indicare un’altrettanto lunga serie di caratteri non interpretati. Ma, nel suo complesso, il testo era quasi perfettamente comprensibile. Salvata e chiusa la finestra del programma di decifrazione e aperta una nuova finestra del programma di scrittura di fianco a quella in cui la macchina aveva interpretato l’antico testo, cominciò velocemente a trascriverlo.

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