Oswald sorrise, anche se capiva la gravità di quella domanda. «Non dico che, quando una persona arriva agli alti incarichi che ho ricoperto negli ultimi anni, sia ricompensata da un misero stipendio. Ma lei sa bene, dottor Erma, che non è il denaro ciò che mi interessa. Il mio lauto compenso come capo del governo israeliano, così come quelli precedenti di capo del Mossad, dello Shin Beth, di membro della Knesset e dell’esecutivo, vengono da sempre versati sul mio conto presso la sede centrale della Bank of Israel, all’angolo di Kaplan Street a Gerusalemme. Non conosco nemmeno il saldo attuale del mio unico deposito bancario.»
«Prevedevo già la sua risposta, dottor Breil. La questione è quindi grave quanto io sospettavo.»
Sara era perfettamente consapevole che il cibo che le somministravano era stato narcotizzato. «Meglio dormire piuttosto che arrovellarsi in questa buia prigione d’acciaio», si era detta, mentre consumava quell’unico pasto che le veniva fornito giornalmente. E agli effetti del narcotico aveva attribuito quella sensazione di rollio. Poi si era resa conto che non era la sua mente a vacillare: si trovava su una grossa barca in navigazione.
Quando la porta si aprì, Sara rimase per qualche istante stordita dalla luce. Due uomini dagli occhi a mandorla vestiti con un’elegante divisa le passarono le braccia sotto le ascelle, non certo per aiutarla ad alzarsi, ma per evitare che tentasse una reazione. Sempre scortata, Sara percorse i corridoi interni della nave, entrò in un ascensore e salì verso i piani alti. Quando le porte dell’ascensore si aprirono, si trovò in un vasto salone arredato con lusso.
Riconobbe quasi subito l’uomo sul grande divano, che le faceva cenno di sedersi. Con un fremito Sara si rese conto che riconoscere uno dei suoi rapitori equivaleva alla sua condanna a morte, una volta che lei non fosse stata più utile ai loro scopi.
«Calma, Sara… Mantieni la calma», pensò. «È inutile accennare una qualsiasi reazione. Devi trovare un sistema per uscire da questo pericoloso impiccio.»
«Mi fa piacere averla nostra ospite, dottoressa Terracini», disse Grégoire Funet con un sorriso sinistro.
«Noto», rispose Sara indicando l’ambiente sfarzoso del salone dello Shimakaze , «che il ministero dei Beni Culturali francese tratta i propri funzionari molto meglio di qualsiasi altro ente pubblico o privato. Potrebbe intercedere per una mia assunzione? Caro collega: vorrei anch’io usufruire di soggiorni su panfili di lusso.»
«Non è nella posizione per fare battute spiritose, Sara. Lei è qui per fornire ogni dettaglio necessario al recupero della nave di Nerone.»
«Io credo invece che lei si sia infilato in un labirinto molto pericoloso, dottor Funet. Le consiglio di liberarmi immediatamente, altrimenti…»
«… altrimenti i suoi amici altolocati potrebbero intervenire. Vuole dire questo, dottoressa Terracini? Sappia che qualcuno ha provveduto anche in questo senso.»
La mente di Sara corse al piccolo uomo. Era certa che Breil in quello stesso momento stesse occupandosi della sua infelice situazione. Qualcuno lo aveva di sicuro avvertito della sua scomparsa e Oswald non l’avrebbe mai abbandonata al suo destino.
«Alle sette di domani mattina, ora della East Coast», riferì Erma con aria seria, «uno dei maggiori quotidiani americani diffonderà la notizia che lei, dottor Breil, primo ministro israeliano, è sospettato d’aver ricevuto tangenti per milioni di dollari da gruppi palestinesi legati aU’Intifada. Il servizio sarà corredato dalle foto del suo recente incontro segreto con la massima autorità palestinese. A sostegno delle informazioni giornalistiche, saranno raccolte ben tre testimonianze di altrettanti diversi funzionari di banche elvetiche e di Grand Cayman che sostengono di conoscerla personalmente e di aver versato cifre consistenti a scadenze fisse su alcuni conti cifrati riconducibili a lei con assoluta certezza. Il piano mi sembra molto bene organizzato, dottor Breil.»
«Già. Colpito da uno scandalo di tali dimensioni, non avrei altra scelta che dimettermi. E un politico in odore di corruzione puzza come una carogna di animale: nessuno vorrà avermi vicino o assicurarmi il suo appoggio. I miei meriti, anche all’interno di Israele, verrebbero infangati dalle gravi accuse che pendono sul mio capo e sarebbero dimenticati in pochi giorni. Non riusciamo a fermare l’articolo e l’inchiesta giornalistica?»
«Impossibile, dottor Breil. È ormai certo che domani le prime pagine del quotidiano americano saranno occupate dalle sue fotografie e dagli argomenti che le ho appena accennato. E questa sarà la prima rivelazione pubblica; poi seguiranno le altre, a valanga. Si immagini soltanto che cosa potrà significare una notizia del genere all’interno di Israele e quali meccanismi sarà in grado di mettere in moto.»
«A parte l’eco della stampa, dovrei subire un’inchiesta da parte del Controllore di Stato, il quale demanderà gli atti al procuratore generale. Suppongo che, data l’ottima regia, a nulla potrà valere la mia dichiarazione di innocenza di fronte a un cumulo di prove false.»
«Sì, dottor Breil. Le cose stanno proprio così. Se posso darle un consiglio, è quello di non tornare in Israele, per il momento: lei è ufficialmente in viaggio per visite private. Si rechi in una località sicura e lasci fare a noi. Ha ancora un paio di giorni, prima di dover pubblicamente rendere conto al paese delle accuse che gravano su di lei. Mi auguro che i miei uomini riescano a dimostrare in questo breve lasso di tempo che si tratta di una messinscena architettata per destabilizzare le istituzioni israeliane.»
I due aerei governativi si staccarono dalla pista di Sigonella a pochi minuti di distanza l’uno dall’altro.
Quello del primo ministro si allineò alla rotta atlantica: secondo gli ordini che lo stesso Breil aveva impartito all’equipaggio, sarebbe atterrato all’aeroporto internazionale Mc Carran di Las Vegas.
Derrick Erma, invece, istruì i piloti per fare ritorno in patria: il capo del Mossad era consapevole che il compito che si era prefissato era arduo, ma aveva vissuto esperienze ben più difficili dello smontare il palcoscenico di calunnie che qualcuno aveva costruito attorno a Oswald Breil.
L’aereo atterrò a Tel Aviv due ore più tardi. Avanzando lentamente sulla pista, il Falcon raggiunse la zona voli privati dell’aeroporto Ben Gurion. I reattori erano ancora accesi quando Derrick Erma si affacciò alla scaletta. La sua auto e le due degli agenti di scorta erano già ad attenderlo sulla pista.
Erma scese il primo degli otto scalini, indugiò sul secondo, piegò il capo all’indietro come se avesse urtato un oggetto invisibile. Un cerchio rosso dai contorni bruciacchiati si dipinse nel centro della fronte del capo del Mossad. Erma rimase per un istante impietrito, poi si accasciò e il suo corpo ruzzolò privo di vita lungo la scaletta dell’aereo.
Roma imperiale, anno di Roma 821 (68 d.C.)
Sin dalle prime ore del mattino, il porto di Ostia pareva animarsi come un palcoscenico all’inizio di una rappresentazione teatrale: file di schiavi carichi di sacchi di grano e anfore svuotavano le capienti stive delle navi ormeggiate, mentre altri conducevano carri carichi di tutto ciò che la grande Roma era capace di esportare. Il porto, voluto da Claudio a nord della foce del Tevere, era affollato di uomini e di navi.
«Come sono lontani i cortei imperiali con mille carri e decine di migliaia di cortigiani», si trovò a pensare Lisicrate mentre lui e Nerone, travestiti da pescatori, si avviavano verso l’imbarcazione che avrebbe dovuto condurli in salvo.
Non avevano potuto raccogliere che poche cose: l’imperatore aveva celato in un cesto che emanava un intenso odore di pesce gli oggetti che gli erano più cari. Lisicrate, invece, aveva racchiuso dentro un’anfora í suoi preziosi papiri.
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