Il dromone stava incrociando al largo delle coste siciliane in cerca di villaggi da assalire, come un predatore che si aggira nel mare sconfinato a caccia di cibo.
Dicembre 2001
Il dossier riguardante Genji Enshigoju era sul tavolo del maggiore Milano. Le foto dell’anziana signora giapponese corredavano una decina di pagine di notizie e fatti riguardanti la sua vita. L’ufficiale del Mossad si rese conto che l’agente Bushido doveva essere messa al corrente di quanto i suoi uomini avevano scoperto.
La scena all’interno dei grandi magazzini si ripeté, analoga a quella di pochi mesi prima. Kuniko Sagashi consegnò all’uomo un tubetto di rossetto e Milano le indicò invece una trousse da trucco.
La sola variante al rigoroso copione furono poche parole che l’ufficiale pronunciò prima di dirigersi verso la cassa.
«A volte mi piacerebbe fare un altro mestiere», disse Milano, perdendosi negli occhi neri di Kuniko.
Il sorriso che illuminò il volto della giovane era sincero.
«A volte… farebbe piacere anche a me…» rispose lei e riprese a osservare con interesse i prodotti esposti nel banco dei cosmetici.
La Range Rover di Vittard era ferma dinanzi alla passerella del C’est Dommage. Grandi stava per scendere a terra, quando uno sconosciuto si avvicinò alla poppa del catamarano.
«Buongiorno, cercavo il signor Vittard», disse l’uomo con modi gentili.
«Sono io», rispose Henry, impegnato a chiudere con una doppia mandata il passauomo d’accesso della tuga.
«Ho saputo… Ho saputo la brutta notizia, signor Vittard», riprese quello non appena Henry fu sulla banchina. «Credo che lei abbia bisogno di un nuovo marinaio, signore. Ho ottime referenze e sono un buon velista. Non le sarà facile governare da solo un mostro come il C’est Dommage. »
«Ci scusi un secondo», disse Grandi, traendo in disparte Vittard.
«Quell’uomo ci è utile, Henry», proseguì Grandi quando fu certo che l’altro non avrebbe udito la conversazione. «E trovo anche che abbia ragione: lei non può fare affidamento soltanto su se stesso per governare la sua imbarcazione. E se per caso si dovesse affrontare un nuovo viaggio? Un vecchio marinaio come me può servire soltanto a tracciare una rotta o fare un punto nave con strumenti ormai obsoleti. Mi dia retta, Henry. Provi a mettere alla prova quel ragazzo e vediamo come si comporta. Lasciare incustodito il C’est Dommage in porto potrebbe essere ancora pericoloso.»
«È altrettanto pericoloso mettersi in casa uno sconosciuto, ammiraglio. A bordo non c’è nulla che possa indicare quello che abbiamo scoperto, fatta eccezione per un’antica anfora di scarso valore. È il futuro che mi preoccupa: la mia imbarcazione è stata custode di ogni nostro segreto e le sue pareti hanno ascoltato anche i nostri pensieri. Che cosa succederebbe se, al posto del fedele Akir, ci trovassimo di fronte a un emissario di quelli che ci danno la caccia? Non le sembra strano che, mentre il corpo di Akir è ancora all’obitorio, un marinaio provetto si presenti a poppa per chiedere un imbarco?»
«Da buon militare, non posso fare altro che rimettermi agli ordini del mio comandante.»
«Ci scusi», disse Henry, tornando verso il marinaio. «Purtroppo la perdita di Akir mi ha lasciato molto scosso. Ritengo prematuro assumere un suo sostituto. Magari tra qualche mese, per preparare il C’est Dommage alla stagione estiva… Sempre che lei non abbia trovato un altro impiego… Signor…?»
«Jalard… Etienne Jalard. Mi perdoni se mi permetto di insistere. Capisco la sua diffidenza, dopo quello che è successo. Sono una persona riservata, onesta e fedele che potrebbe esserle d’aiuto in molte occasioni. Amici molto influenti e altrettanto riservati della dottoressa Terracini hanno a cuore la sua sicurezza.»
Grandi e Vittard si guardarono perplessi. Il moto d’ira dei due uomini nei confronti di Sara, colpevole di aver violato la consegna del silenzio, si spense repentinamente: di fronte a una situazione grave, era legittimo che anche la donna corresse ai ripari. E Sara Terracini sembrava tutto fuorché una persona dalle decisioni avventate. Grandi e Vittard dovevano fidarsi ciecamente di lei, se volevano arrivare a capo di quella faccenda.
Pochi istanti più tardi, mentre la Range Rover di Vittard dirigeva verso la Corniche, Etienne Jalard, arruolato come marinaio, saliva a bordo del C’est Dommage.
Taka guardava il responsabile della sicurezza con aria interrogativa, quasi non riuscisse a immaginare che le sue supposizioni fossero errate.
«Pochi amici, rare uscite. La bella Kuniko Sagashi sembra tutta casa e Water Enterprise», spiegò il capo della sicurezza indicando il rapporto che aveva appena consegnato al segretario particolare di Yasuo Maru. «L’abbiamo pedinata per giorni e le sue uniche deroghe alle abitudini sono state un paio di visite all’università, una giornata dedicata allo shopping, qualche hamburger e nulla di più. Sembra essere l’impiegata modello. Credo sia molto difficile trovare conferma alle sue supposizioni, Taka sama. »
Il segretario particolare del presidente si alzò di scatto e, muovendosi con la consueta andatura effeminata, raggiunse l’ampia vetrata che dava sul parco. Comunque la pensasse quell’esule dei servizi segreti, ora responsabile della sicurezza della Water Enterprise, Kuniko Sagashi continuava a non piacergli.
Kuniko vestiva una vestaglia con preziosi ricami, indossata sopra un pigiama di lana scura che doveva aver fatto parte di qualche corredo militare.
Sedette dinanzi al computer che si trovava nella sua stanza da letto. Inserì il microdisco nel lettore: sapeva di dover immagazzinare nella mente ogni informazione. Al termine della connessione, il contenuto del microdisco si sarebbe automaticamente cancellato.
Le sue labbra si schiusero in un sorriso, mentre leggeva il rapporto.
«Una puttana», disse tra sé Kuniko mentre faceva scorrere le parole sullo schermo. «Genji Enshigoju non è altro che una puttana o, meglio, la tenutaria di una scuderia di prostitute d’altissimo bordo. Buono a sapersi. Il nostro presidente Yasuo Maru lascia trasparire un punto debole.»
L’elicottero verde smeraldo e grigio atterrò con precisione millimetrica sulla piattaforma posta tra i due fumaioli dello Shimakaze. L’espressione trafelata di Grégoire Funet non cambiò, nemmeno quando il funzionario delle Belle Arti francesi scese la scaletta, ritrovandosi sul ponte della nave. Quella superficie simile alla terraferma, dopo un viaggio in un elicottero scosso da turbolenze, parve a Funet un’oasi nell’arsura del deserto. Ma, come un miraggio, l’oasi scomparve alla seconda ondata e Funet si precipitò con la testa fuori dal parapetto, riversando nell’immensità del Mediterraneo i resti di quanto aveva mangiato nelle ore precedenti.
Quando il funzionario francese incontrò il Signore delle Acque, il suo colorito verdastro faceva pensare che, tra i due, fosse lui l’appartenente a una razza orientale.
«Novità?» domandò semplicemente Maru, stringendo tra le dita un grosso Montecristo.
«Be’, se proprio devo essere sincero… le informazioni che ho avuto modo di avere attraverso canali estremamente riservati… mi inducono a pensare che Vittard e Grandi non siano riusciti a recuperare nulla… Le mie importanti fonti…»
«Cazzate!» lo interruppe Maru. «La smetta, Funet! Le sue ‘importanti fonti’ non le hanno saputo rivelare che il suo compagno di studi ha recuperato un’anfora, della quale ancora ignoriamo il contenuto, e che, assieme al suo amico ammiraglio, si è precipitato a Roma come un fulmine, dopo aver lasciato il C’est Dommage nel porto di Montecarlo. Nella capitale italiana, Vittard si è recato in un importante laboratorio di ricerca diretto da una certa Sara Terracini. Se non erro le sue ‘importanti fonti’ avevano escluso un contatto tra i due.»
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