Marco Buticchi - La nave d'oro

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La nave d'oro: краткое содержание, описание и аннотация

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Nel XIV secolo, in uno scenario che vede lo scontro fra Occidente cristiano e Oriente musulmano, Hito Humarawa, un ex samurai macchiato dal disonore e troppo amante della vita per darsi la morte, si ritrova al fianco di un mercante veneziano e gli viene affidato il compito di combattere un giovane eroe con un passato da nobile cristiano. Oggi l’anziano ammiraglio Grandi ha rinvenuto nel corso di un’immersione alcuni reperti che l’hanno indotto a pensare che proprio in quel punto fosse naufragata la nave d’oro di un imperatore romano. Forse quella scoperta è l’unica scintilla che può ridare un senso alla vita di Henry Vittard, un celebre navigatore transoceanico che da poco ha perduto la moglie.

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Si soffermò un solo istante dinanzi a una figura di donna il cui capo era parzialmente coperto da un velo. La tela misurava circa ottanta centimetri per sessanta. La Velata di Raffaello pareva osservare l’orientale con uno sguardo severo. Ne avrebbe avuto certo motivo, se il resto del mondo fosse stato a conoscenza che, una volta terminata la mostra giapponese, alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti era ritornata soltanto una perfetta copia dell’opera.

La stessa sorte era toccata a un altro dipinto che era stato trafugato e sostituito mentre veniva scaricato dall’aereo arrivato dall’Italia. In una targhetta in ottone posta sulla cornice, si poteva leggere la dicitura: Botticelli (Sandro Filipepi), 1445–1510, La scoperta del corpo di Oloferne , inventario 1890 / nr. 1487.

Yasuo Maru amava l’arte in modo assoluto e l’insana passione che lo spingeva a possedere l’opera di cui si era invaghito scatenava in lui impulsi irrefrenabili e maniacali.

Tra tutte le opere, però, quelle risalenti all’antica Roma erano l’espressione d’arte che il Signore delle Acque prediligeva.

Yasuo continuò ad aggirarsi all’interno di quel museo privato, ricavato in un solido bunker posto alla sommità del grattacielo. Dall’esterno nessuno, nemmeno l’osservatore più attento, avrebbe potuto rendersi conto di quella sorta di doppio fondo in cemento, collocato tra l’appartamento del Signore delle Acque e la pista di atterraggio per gli elicotteri, velivoli che spesso Maru pilotava personalmente, situata sul tetto del palazzo. All’interno del nascondiglio segreto erano racchiusi secoli e secoli d’arte e di storia.

Maru seguì un percorso obbligato, lungo il quale erano disposti, come lungo un asse del tempo, oggetti di diversa epoca, forma e fattura, con un unico punto in comune: si trattava di pezzi unici, di valore inestimabile, sottratti alle più famose gallerie e collezioni, dove, nella maggior parte dei casi, erano stati sostituiti con copie identiche all’originale.

Arrivò in un angolo della sala che era come una stanza a sé, quasi spoglia, se paragonata alla ricchezza dell’intero museo clandestino. Vi si trovavano soltanto un busto in marmo e alcune monete raffiguranti l’imperatore. Una delle pareti era parzialmente coperta da un’epigrafe marmorea sulla quale spiccava un nome: Nero Claudius Drusus Germanicus Caesar.

Yasuo appoggiò i tre oggetti sopra un piedistallo. La luce alogena illuminò la pisside in oro, la statua di fanciulla e l’anello con raffigurato il ratto di Proserpina. Maru rimase a osservare il suo tesoro. Era certo che presto quella zona dedicata al personaggio del passato che più ammirava si sarebbe riempita di nuovi reperti: ognuno dei suoi uomini più fidati, compresi quelli che operavano nello sconfinato mercato clandestino di opere d’arte di cui spesso si serviva, era sguinzagliato alla ricerca di oggetti neroniani e informazioni sulle origini di quei tre tesori.

Nell’atrio del palazzo, Kuniko Sagashi osservò i sei membri della delegazione cinese entrare nell’ascensore privato che conduceva allo studio del presidente. Doveva trattarsi di persone importanti, almeno a giudicare dagli alamari e dalle onorificenze che risaltavano sul verde militare delle divise indossate da due dei delegati.

Da quando Zhu Ling aveva assunto, quattro anni prima, la presidenza della Commissione centrale militare, non amava che anteponessero il suo grado militare al nuovo titolo acquisito. Sebbene nelle occasioni ufficiali vestisse la divisa da generale dell’armata della Repubblica Popolare Cinese, ognuno si rivolgeva a lui chiamandolo presidente.

Zhu Ling era un uomo ambizioso, che aveva costellato la sua carriera militare con una serie di azioni meritorie agli occhi dei diretti superiori, fino a raggiungere il livello più alto nella scala gerarchica.

La Commissione centrale che presiedeva era il braccio politico-amministrativo dell’intera Armata Popolare di Liberazione. Sebbene il governo della Repubblica Popolare Cinese fosse dotato di un ministro alla Difesa, ogni importante decisione in materia militare veniva presa dalla Commissione centrale. Dal gennaio 1997, il presidente della Repubblica, Jiang Zemin, aveva voluto che il numero di rappresentanti della commissione venisse elevato da nove a ventiquattro, forse anche per ridimensionare il potere incontrastato della dirigenza, una volta che egli stesso avesse abbandonato la reggenza della struttura. Subito dopo quella piccola rivoluzione, infatti, per accontentare le numerose correnti interne del Partito Comunista Cinese, Jang Zemin si era dimesso dalla carica, lasciando che il volere del Congresso Nazionale del Popolo, peraltro opportunamente indirizzato, eleggesse il generale Zhu Ling a presidente della Commissione centrale militare. Con quella nomina, veniva interrotta una lunga tradizione che aveva visto sia Mao Zedong che Deng Xiaoping ricoprire, oltre alla carica di premier e segretario del Partito Comunista Cinese, anche il più alto grado all’interno della commissione.

Zhu Ling era stato il primo presidente della commissione «laico» e il suo potere si era andato via via consolidando nel corso del quadriennio della reggenza. Se non fosse stato per la sua spiccata indole marziale, Zhu Ling avrebbe potuto essere un ottimo candidato alla successione del premier Jiang Zemin. Purtroppo, i modi spesso discutibili del generale avevano fatto sì che all’interno del Congresso Nazionale del Popolo si formasse una corrente contraria a una sua eventuale elezione alla presidenza. La determinazione di Zhu Ling era comunque tale da non lasciare che la brillante carriera del militare si esaurisse con un posto di sicuro prestigio, ma sempre in secondo piano rispetto alla presidenza della Repubblica Popolare Cinese.

Yasuo Maru era seduto sul lato destro del grande tavolo da riunione in noce. Accanto a lui avevano preso posto due legali della compagnia, esperti in materia contrattuale. Dinanzi al Signore delle Acque, il capofila della delegazione cinese stava leggendo gli ultimi capoversi dell’accordo.

Non appena Zhu Ling fece un cenno di assenso con il capo, il segretario di Yasuo Maru porse una penna al Signore delle Acque. Questi appose la sua sigla sul documento e, a seguire, ognuno dei componenti della delegazione cinese firmò con solennità. Nello stesso istante in cui il segretario asciugava l’inchiostro con un tampone di carta assorbente a mezza luna, la Water Enterprise e l’Armata Popolare di Liberazione, il più numeroso esercito al mondo, si erano indissolubilmente legate.

Il contratto aveva infatti sancito, da parte della multinazionale giapponese, la fornitura di acqua potabile, oltre alla manutenzione della rete idrica, a tutte le installazioni militari fisse presenti nello sconfinato territorio cinese.

Zhu Ling accettò di buon grado il sigaro che gli veniva offerto. Aspirò due profonde boccate, una volta che il segretario di Yasuo glielo ebbe acceso. L’aroma del Montecristo riempì la stanza. Gli occhi neri di Zhu Ling si fissarono in quelli, altrettanto scuri e glaciali, del Signore delle Acque.

«Mi è giunta voce che è un grande estimatore d’arte antica, presidente Maru.»

«La stessa cosa si dice di lei, presidente Ling.»

«La mia passione è dilettantistica e la mia conoscenza è irrisoria se paragonata alla sua esperienza in materia. Ritengo comunque che sarebbe interessante rivederci, presidente Maru. Credo che potremmo trovare molti punti in comune sui quali discutere.»

Gli sguardi dei due uomini si incrociarono ancora una volta. La loro trama non lasciava presagire nulla di buono: un’intesa tanto potente quanto pericolosa era appena stata siglata. Alcune alleanze sono in grado di minacciare seriamente la sopravvivenza dell’intero genere umano.

PARTE SECONDA

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