Marco Buticchi - La nave d'oro
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- Название:La nave d'oro
- Автор:
- Издательство:Longanesi
- Жанр:
- Год:2003
- Город:Milano
- ISBN:978-88-304-1850-9
- Рейтинг книги:3 / 5. Голосов: 1
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«Una persona come te è rara da trovarsi, Lisicrate. Te lo dice una donna che potrebbe esserti madre.» Ma lo sguardo che Giulia lanciò a Lisicrate non lasciava trasparire alcun sentimento materno.
Improvvise, le mani forti del giovane corsero verso quelle di Giulia Litia. Le strinsero, le accarezzarono senza dire una parola, poi scesero lungo la tunica, si attardarono sui seni. Gli occhi della donna non si staccavano dai suoi e li seguirono fino a che i visi non furono vicinissimi. Le loro bocche si sfiorarono, poi un bacio appassionato e travolgente colse entrambi di sorpresa, anche se era quello che volevano dal primo momento in cui si erano incontrati.
Il pesante tavolo da lettura era ingombro di papiri. La mano di Lisicrate fece cadere a terra quanto vi si trovava sopra.
Le sue braccia muscolose sollevarono Giulia, sino ad adagiarla sul legno.
Si baciarono a lungo, mentre le mani della donna esploravano il corpo del giovane. Di lì a poco, la luce delle lanterne illuminò i loro profili uniti.
«Desideravo questo da quando ti ho vista», disse Lisicrate con la voce scossa per l’affanno. La sentì mentre gli si concedeva, aperta e indifesa. La guardò un solo istante, vide i suoi occhi verdi, socchiusi, la sua bocca carnosa e rossa, la sua pelle ancora levigata.
Lisicrate sentì su di sé le mani della donna, mani esperte e sapienti. Lo stavano guidando e lui le assecondò. Provò intenso piacere non appena fu dentro di lei.
Giulia sentì la forza e la linfa della giovinezza impossessarsi del suo corpo e della sua mente. Godette dell’inesperienza con la quale quel ragazzo la stava facendo sua. Si eccitò neU’indicargli vie sconosciute, nell’insegnargli modi e movenze per raggiungere l’estasi.
Lisicrate si abbandonò sopra di lei quando la sentì gemere e Giulia si aprì ancora di più per accogliere ogni stilla del suo piacere.
Poi il ragazzo si stese al suo fianco, come un guerriero stanco alla fine di una battaglia. Il suo torace era scosso dall’affanno. Nello sguardo aveva dipinta un’espressione estatica e soddisfatta.
Giulia Litia si rivestì e lo baciò ancora: «È ormai calata la notte, devo allontanarmi», mormorò.
«A domani», disse Lisicrate, premendo le sue labbra contro quelle della donna.
Il giovane si immerse di nuovo nello studio, dopo aver raccolto i testi che aveva gettato sul pavimento. Certo, non aveva la mente sgombra. I momenti vissuti poco prima riaffioravano di continuo dinanzi ai suoi occhi. Si sforzò per riacquistare la calma e sconfiggere l’eccitazione che lo dominava. Solo questo e null’altro era ciò che lo legava a Giulia Litia. Non si trattava di amore, anche se sentiva dell’affetto per la patrizia romana. Ma il sentimento del giovane greco era sopra ogni cosa indotto da una brama cieca, dalla voglia di varcare nuovi confini, dalla necessità di manifestare istinti.
Nelle sale buie risuonarono dei passi. Era da troppo tempo che Lisicrate si trovava ad Alessandria per non riconoscere l’andatura di Cherèmone al solo sentirla.
«Sei ancora qui, Lisicrate?» domandò Cherèmone con voce all’apparenza severa.
«Sì, volevo andare avanti con il compito che mi hai affidato e ultimare il lavoro per Giulia Litia prima del previsto. La signora mi ha chiesto di accompagnarla a visitare il Faro e le altre meraviglie della nostra città prima di partire per Roma. E io avrei intenzione di dedicare a questo scopo l’ultimo giorno di permanenza ad Alessandria della delegazione.»
«Sono abbastanza anziano per riconoscere la passione che arde in te e non posso darti torto, Lisicrate: Giulia è una donna bellissima. Stai in guardia, mio giovane amico. Non lasciarti mai travolgere dai sentimenti. Sappi che noi sacerdoti di Osiride abbiamo un compito da portare a termine che travalica qualsiasi emozione degli uomini.»
Lisicrate non poté non meravigliarsi per quelle parole. Aveva immaginato che se Cherèmone avesse scoperto la sua relazione, lo avrebbe punito. Invece una tra le persone più influenti dell’Egitto romano si comportava con lui come il più affettuoso dei padri, pronto a giustificare e condividere i sentimenti di un figlio.
Lisicrate sorrise a Cherèmone: «Non temere, ho bene a mente chi io sia e che cosa debba fare».
Derrick Erma vestiva in maniera ricercata. Non era molto alto, i capelli grigi sulle tempie e gli occhiali con una sottile cerchiatura d’oro lo facevano sembrare un qualsiasi manager di un gruppo industriale. Sotto gli abiti eleganti si indovinava un fisico atletico e asciutto. Aveva risalito ogni scalino della carriera interna dei servizi fino a diventarne capo quando colui che Erma considerava il suo unico maestro aveva lasciato la guida del Mossad.
Erma doveva molto a Oswald Breil, e tuttora ascoltava i consigli del piccolo uomo come se fossero le sole chiavi di lettura in grado di risolvere la più complessa delle indagini.
Il capo del Mossad visionò ancora una volta il filmato. Quando giunse al termine sedette alla scrivania con un’aria pensosa. Prese tra le mani il rapporto riservato che una giovane agente aveva appena inviato dal Giappone, utilizzando il complesso e inviolabile sistema telematico di cui si servivano gli informatori per le loro comunicazioni.
Kuniko Sagashi aveva fatto un buon lavoro. I sospetti che Erma nutriva sulla Water Enterprise sembravano fondati.
«Vorrei il capitano Bernstein e il maggiore Milano qui da me», disse Erma pigiando sul tasto dell’interfono.
Pochi minuti più tardi i due ufficiali del Mossad erano nel suo ufficio.
Erma non si perse in convenevoli, fece cenno ai due uomini di accomodarsi e incominciò a parlare: «I terribili attentati dei giorni scorsi in America e in Israele hanno necessariamente fatto passare in secondo piano molte indagini in corso. Da allora le pratiche ordinarie si sono accumulate in maniera preoccupante, mentre la nostra attività si è concentrata quasi esclusivamente sulla minaccia che proviene dagli integralisti islamici. Per fortuna, uno dei nostri agenti in Giappone non si è lasciato ipnotizzare dalle immagini delle torri gemelle che crollano e ha continuato a lavorare, seguendo una pista che ritengo molto interessante. Come certo sapete, nel nostro paese ogni fornitura di energia elettrica o idrica è sotto stretto controllo dello Stato. Questo per ovvie ragioni di opportunità e di sicurezza. Sei mesi or sono la Mekorot, l’ente statale israeliano che distribuisce acqua potabile, ha espresso la necessità di rinnovare la rete idrica. Tenete presente che il lago di Tiberiade, principale fonte di approvvigionamento per Israele, Palestina e Giordania, non riesce a fornire i due miliardi di metri cubi annui necessari. Si sono quindi rese prioritarie da un lato sostanziali migliorie della rete, dall’altro il potenziamento o la costruzione di desalinizzatori di acqua marina. Così, la Mekorot ha indetto un bando di gara per l’appalto. Tra le sei compagnie che hanno presentato una regolare offerta, una in particolare ha stupito gli addetti per i livelli praticati: proponendo un ribasso del trenta per cento rispetto al prezzo medio indicato dagli altri concorrenti, la giapponese Water Enterprise ha messo i responsabili governativi dinanzi a una scelta quasi obbligata. A questo punto è stata richiesta a noi del Mossad una verifica della compagnia giapponese: un’indagine di routine da parte dei nostri uffici per valutare la consistenza e l’attendibilità di chi ci mettiamo in casa. Il nostro solerte funzionario ha controllato solidità e serietà della multinazionale giapponese, ma, quando si è trovato dinanzi ad alcuni aspetti che riguardano la persona del suo fondatore, ha pensato bene di informare me delle scoperte che aveva fatto».
Erma fece una breve pausa e poi continuò: «Yasuo Maru è uno degli uomini più ricchi al mondo. La sua ‘creatura’, la Water Enterprise, controlla a oggi circa il venti per cento delle riserve idriche sul nostro pianeta. Potete bene immaginare che cosa questo voglia dire. Di fatto, Maru agisce in situazione di monopolio per un bene essenziale come l’acqua: nessun altro fornitore privato raggiunge percentuali superiori al due per cento dell’intero fabbisogno mondiale. Per fare un semplice paragone, nei grandi gruppi industriali a capitale frammentato, un pacchetto del quattro o cinque per cento garantisce il controllo della società. E questo Signore delle Acque — così è chiamato Yasuo Maru — controlla addirittura i fabbisogni idrici, e quindi la sopravvivenza, di quasi due miliardi di persone e di innumerevoli industrie e attività. I metodi utilizzati da Maru per arrivare a questo livello, inoltre, sono del tutto discutibili: si va dalle intimidazioni nei confronti delle dirigenze di gruppi che poi sono stati acquisiti dalla Water Enterprise a scalate borsistiche, fino a qualche sparizione o incidente sospetto capitato a chi si opponeva alle vantaggiose offerte del Signore delle Acque. Yasuo Maru e i suoi uomini travolgono ogni cosa con l’impeto di un bulldozer e certo non è interesse dello Stato di Israele far entrare nel proprio territorio una società come quella giapponese, anche se il nostro rapporto si dovrebbe concludere al termine del periodo contrattuale. Noi abbiamo il sospetto che questa sia una prima mossa per introdursi, con buone credenziali, all’interno delle strutture dello Stato. Una volta accolta, la Water Enterprise potrebbe diventare un partner insostituibile per le istituzioni, fino a rappresentare, di fatto, l’unico socio di riferimento in grado di garantire la sopravvivenza di Israele. Non sto andando troppo lontano con la fantasia: quello che denuncio è un pericolo reale e imminente, dato che siamo già in ritardo con l’assegnazione dei lavori, secondo il bando di gara. C’è poi un altro aspetto che mi rende inquieto: siamo ormai quasi certi che Yasuo Maru appartenga alla Yakuza».
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