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Marco Buticchi: La nave d'oro

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  • Название:
    La nave d'oro
  • Автор:
  • Издательство:
    Longanesi
  • Жанр:
  • Год:
    2003
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    978-88-304-1850-9
  • Рейтинг книги:
    3 / 5
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La nave d'oro: краткое содержание, описание и аннотация

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Nel XIV secolo, in uno scenario che vede lo scontro fra Occidente cristiano e Oriente musulmano, Hito Humarawa, un ex samurai macchiato dal disonore e troppo amante della vita per darsi la morte, si ritrova al fianco di un mercante veneziano e gli viene affidato il compito di combattere un giovane eroe con un passato da nobile cristiano. Oggi l’anziano ammiraglio Grandi ha rinvenuto nel corso di un’immersione alcuni reperti che l’hanno indotto a pensare che proprio in quel punto fosse naufragata la nave d’oro di un imperatore romano. Forse quella scoperta è l’unica scintilla che può ridare un senso alla vita di Henry Vittard, un celebre navigatore transoceanico che da poco ha perduto la moglie.

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Quattro dei tecnici della Taiwan Water Main Supply uscirono dalla sede dell’acquedotto. Percorsero a piedi poche decine di metri, dopo di che uno di loro forzò un portone in ferro che si trovava nei pressi d’una collinetta artificiale.

I quattro entrarono nella postazione sotterranea dopo aver indossato le maschere antigas.

«La prego di scusarmi ancora, signor He Chung», disse Breil, una seconda volta in linea, nel giro di pochi minuti, con il gabinetto del presidente cinese, «ma se lei fosse così cortese da darmi i recapiti personali del generale Zhu Ling, potrei contattarlo di persona. Conosco il presidente della Commissione militare da molto tempo…»

«Il presidente Ling è all’estero per impegni della Commissione, quindi al momento è irreperibile», rispose il segretario He Chung con un tono sempre più seccato.

«Mi scusi ancora, signor He Chung. Lei mi ha parlato di un’assemblea plenaria del Congresso. Il generale Zhu Ling non vi parteciperà?»

«Non ho idea, signor Breil, di quali siano i prossimi impegni e le priorità del compagno generale Ling e, quanto ai suoi recapiti personali, non sono autorizzato a rivelarli. Comunque, e questa non è una informazione riservata, il presidente della Commissione militare non parteciperà all’assemblea plenaria che sta iniziando proprio in questo momento.»

«Adesso», pensò Breil, non appena ebbe interrotto la comunicazione telefonica, «credo di conoscere il modo in cui colpiranno e l’obiettivo: una volta eliminato l’intero parlamento, sarà Zhu Ling, l’unico superstite di rilievo al terribile attentato, a prendere la guida della Cina.»

Qualsiasi nazione si fosse opposta alla legittima rappresaglia cinese nei confronti della Repubblica di Taiwan, colpevole di un atto vile e omicida, lo avrebbe fatto con la consapevolezza che il risultato dell’opposizione armata sarebbe sfociato in un inevitabile terzo conflitto mondiale.

Ora che il disegno era chiaro, Oswald sentiva il peso della propria impotenza. Come sarebbe riuscita la sua voce a smuovere i potenti e scongiurare un massacro che avrebbe avuto conseguenze terribili? Come poteva un ex politico giudicato corrotto mettere in salvo il parlamento del paese più popolato al mondo? Un lieve sorriso si aprì sulla bocca del piccolo uomo: in fondo Ulisse era riuscito, con l’astuzia, a sfuggire al gigante Polifemo.

‹È ANCORA IN LINEA, CAPITANO?› digitò Oswald sulla tastiera del computer.

‹SONO QUI, DOTTOR BREIL›, rispose Bernstein.

‹A QUESTO PUNTO CREDIAMO DI SAPERE COME E DOVE COLPIRANNO. QUELLO CHE ANCORA NON SAPPIAMO È QUANDO LO FARANNO. NELL’INCERTEZZA, SENTA CHE COSA VORREI FARE…›

Pochi minuti più tardi, Bernstein impartiva al proprio computer le istruzioni per comporre un numero telefonico di Pechino. Quel numero, per la precisione l’8610-6309-7914, corrispondeva al sistema computerizzato per la ricezione e l’invio di fax all’interno della Grande Aula del Popolo, situata in piazza Tienanmen a Pechino e sede del Congresso Nazionale della Cina.

Un suono informò l’ufficiale del Mossad che il suo modem stava dialogando con quello del sistema informatico cinese.

«Per adesso siamo soltanto entrati, diamoci da fare», si disse Bernstein, chinandosi per l’ennesima volta sulla tastiera del computer.

Il segretario del Congresso osservò l’enorme pannello elettronico posto alle spalle del tavolo della presidenza.

«2560 presenti su 2619 membri. La seduta è valida», proclamò con aria solenne il segretario del Congresso del Popolo. «La parola al presidente.»

Il presidente della Repubblica Popolare Cinese si alzò in piedi, aggiustò il microfono davanti alla bocca e prese a parlare. La sedia alla sua destra, quella solitamente occupata dal generale Zhu Ling, presidente della Commissione militare, era vuota.

«La difficile situazione creatasi a causa dei terroristi che hanno tentato di insanguinare il nostro paese ha imposto la convocazione del plenum del Congresso. I loro mandanti…» Le parole del presidente vennero interrotte da un brusio che si andava levando, sempre più insistente, dall’assemblea dei deputati.

Quando il presidente della Repubblica cinese si voltò e osservò l’enorme pannello elettronico, capì il motivo dell’irrequietezza della platea.

Il messaggio lampeggiava incessante: ‹ATTENZIONE›, stava scritto sul pannello. ‹È STATA SEGNALATA LA PRESENZA DI ORDIGNI ALL’INTERNO DEL PARLAMENTO. SI INVITANO I COMPAGNI DEPUTATI A USCIRE DALLA SALA IN BUON ORDINE E SENZA PANICO. IL PERSONALE È TENUTO A FARE OSSERVARE I PIANI DI EVACUAZIONE RAPIDA IMMEDIATA.›

A migliaia di chilometri di distanza, il capitano Bernstein sollevò le dita dalla tastiera e sorrise con aria compiaciuta.

«Dovrei tenere in esercizio la mia conoscenza delle lingue orientali. Ho avuto qualche perplessità nel comporre il messaggio in cinese», si disse Bernstein, facendo scrocchiare le nocche delle dita.

I tre missili LGM-30 Minuteman sbucarono dalle profondità di Quemoy come divinità infernali che abbandonano le viscere della terra, lasciandosi dietro una scia di fuoco.

Due dei vettori viaggiavano quasi appaiati, mentre il terzo li seguiva ad alcune frazioni di secondo che, a quelle velocità, significavano centinaia, se non migliaia, di metri di distacco.

«La lepre e i due runner sono in rotta», disse uno dei falsi tecnici, prima di abbandonare assieme agli altri la postazione di lancio A24.

I radar della potente stazione nella base cinese di Fozhou lanciarono l’allarme quando i missili erano decollati dai pochi secondi.

«Due oggetti non identificati sono stati lanciati da Quemoy. Il presunto bersaglio sembra essere la città di Pechino. La velocità dei due ordigni è al momento di dodicimilatrecento chilometri orari. Altezza dal suolo diciottomila metri. Traiettoria in ascesa. Impatto previsto fra tre minuti.»

L’ufficiale addetto al radar commise un solo errore nel comunicare l’allarme ai suoi superiori e alle batterie che costituivano lo scudo di missili difensivi. La vicinanza tra due dei tre Minuteman aveva fatto erroneamente apparire i due vettori come una traccia unica. E di sicuro quell’errore originario avrebbe condizionato ogni tentativo di neutralizzare la minaccia.

Il bunker a cui si accedeva direttamente dai sotterranei del parlamento era simile a una città cresciuta nel sottosuolo, totalmente autosufficiente e capace di ospitare una popolazione di cinquemila persone per un anno. L’immenso rifugio antiatomico era dotato di un ospedale e di apparecchiature in grado di comunicare con l’esterno e di dirigere le operazioni in caso di attacco.

I parlamentari avevano preso posto all’interno della struttura con ordine: circa trenta minuti dopo l’allarme, l’intero parlamento, compreso il personale, era completamente evacuato e tutti erano stati condotti al sicuro nel rifugio.

Gli addetti alla sicurezza stavano interrogandosi su chi aveva lanciato l’allarme, quando il finimondo scoppiò sopra le loro teste.

I dieci missili intercettori difensivi salirono al cielo lasciandosi dietro una scia di fumo del tutto simile alle due tracce bianche che si potevano osservare, molto più in alto, anche a occhio nudo. I vettori lanciati da Quemoy erano circa a metà strada quando vennero raggiunti dagli intercettori a corto raggio Dong Feng, funzionanti in maniera analoga ai più famosi Patriot americani.

Un bagliore in cielo testimoniò alle forze di terra che il bersaglio era stato abbattuto. La traccia dell’LGM-30 superstite si perse nelle scie dei resti dell’esplosione.

Di lì ad alcuni secondi, l’ufficiale addetto ai radar comunicò ai suoi superiori che uno dei missili era riuscito a oltrepassare lo sbarramento e che ormai era troppo tardi per tentare di fermarlo.

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