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Marco Buticchi: La nave d'oro

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  • Название:
    La nave d'oro
  • Автор:
  • Издательство:
    Longanesi
  • Жанр:
  • Год:
    2003
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    978-88-304-1850-9
  • Рейтинг книги:
    3 / 5
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La nave d'oro: краткое содержание, описание и аннотация

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Nel XIV secolo, in uno scenario che vede lo scontro fra Occidente cristiano e Oriente musulmano, Hito Humarawa, un ex samurai macchiato dal disonore e troppo amante della vita per darsi la morte, si ritrova al fianco di un mercante veneziano e gli viene affidato il compito di combattere un giovane eroe con un passato da nobile cristiano. Oggi l’anziano ammiraglio Grandi ha rinvenuto nel corso di un’immersione alcuni reperti che l’hanno indotto a pensare che proprio in quel punto fosse naufragata la nave d’oro di un imperatore romano. Forse quella scoperta è l’unica scintilla che può ridare un senso alla vita di Henry Vittard, un celebre navigatore transoceanico che da poco ha perduto la moglie.

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Parlo di Nerone Claudio Druso Germanico Cesare, così si era chiamato quando era imperatore di Roma. Oggi risponde invece al nome di Plauzio e coloro che lo conoscono, a Gerusalemme, sono convinti si tratti di un ufficiale delle legioni di Roma, ritiratosi nella città della Palestina a coltivare la sua passione per l’arte dopo aver servito l’impero al fronte.

Ormai sono trascorsi ventiquattro anni da quei tumultuosi fatti. Il maggiore dei tre figli che Lucio Domizio Nerone ha avuto con Rebecca, una dolce e fedele ebrea che il mio signore ha sposato, ha ormai diciannove anni. Io invece sono prossimo ai settanta e, se mai dovessi rinascere, desidererei rivivere una vita identica a quella che ho vissuto, compresi questi ultimi decenni trascorsi nella più assoluta tranquillità a godere di una serenità che nei frenetici tempi dell’impero era preclusa a me e, soprattutto, a Nerone.

Il potere e l’oro… L’oro e il potere… Spesso gli uomini uccidono e muoiono per conquistarli. Nerone ha ucciso per non soccombere, ha ucciso travolto e accecato dalla sete di potere. Quanto è lontano il lampo sinistro che gli attraversava lo sguardo! Oggi i suoi occhi trasmettono pace, quando riunisce i membri della sua famiglia e declama versi o intona una canzone che ha appena composto.

Quanto sono lontani l’oro… La brama della ricchezza, del lusso più sfrenato, la necessità di stupire gli uomini. Oggi l’oro non abbaglia più il mio signore. L’unica importanza che la ricchezza riveste è quella di assicurare a lui stesso e ai suoi cari un esistenza tranquilla. E per questo ringrazio l’antica regina di Tiro e il suo tesoro.

Credo che questa sarà l’ultima volta che mi reco qui ad attingere al forziere segreto appartenente all’uomo al quale ho dedicato la mia vita. Per questo motivo ho deciso di scrivere queste poche righe. Nerone amava definire i miei diari ‘memorie che nessuno mai leggerà’, ma io sento che, un giorno, qualcuno stringerà tra le mani questo papiro.

Da quando ho caricato a bordo della nave d’oro le due anfore sigillate contenenti, l’una le mie memorie e l’altra gli oggetti più cari dell’imperatore, non ho mai più raccolto in forma scritta gli episodi della mia vita. Forse anche per la paura di lasciare pericolose tracce di un passato che era meglio venisse dimenticato.

La fortuna ha voluto che il mio signore ascoltasse il mio suggerimento, decidendo di continuare la navigazione a bordo dell’imbarcazione con cui eravamo fuggiti da Ostia.

Le due liburne comandate da Simon Mago hanno infatti raggiunto la nave d’oro, mentre questa si accingeva a doppiare la punta nordoccidentale della Sicilia.

Dopo un breve inseguimento, le d,ue navi romane sono riuscite a chiudere in trappola il più lento veliero imperiale all’interno di una baia. I miei occhi, da bordo del peschereccio, hanno visto le liburne piombare come fiere addosso alla nave da me progettata, usando i rostri al posto delle zanne e degli artigli per smembrare i fianchi della vittima.

Ho visto con i miei occhi l’imbarcazione più bella di ogni tempo scendere verso gli abissi tra il ribollire della schiuma. Ho visto i marinai superstiti bersagliati dalle frecce, mentre cercavano di mettersi in salvo a nuoto.

Il peschereccio sul quale eravamo imbarcati si era unito ad altre imbarcazioni da pesca nei pressi del canale tra la Sicilia e l’isola di Egusa. Una delle liburne, immediatamente dopo che il suo equipaggio aveva terminato di compiere lo scempio, ha diretto verso la flottiglia di barche da pesca. A quel punto mi sono sentito perduto. Dalla stiva nella quale Nerone e io eravamo nascosti, ho invece potuto distinguere Simon Mago che, sulla prora della liburna, ammoniva gli equipaggi dei pescherecci, testimoni della carneficina.

«Nessuno di voi ha visto nulla», aveva detto Simon Mago non appena giunto a portata di voce. «È un segreto di Roma e chiunque di voi parlerà andrà incontro alla pena di morte.»

Quindi, convinto di aver eliminato per sempre Nerone e ogni persona del suo seguito e di aver tacitato eventuali testimoni, Simon Mago ha ordinato all’equipaggio di invertire nuovamente la rotta, tornando verso il continente.

Così il mio signore e io abbiamo raggiunto il paese che ancora oggi ci ospita in pace e ci garantisce di portare a conclusione serenamente la nostra vita.

«Nulla terra exilium est, sed plerumque altera patria.»

«Nessuna terra è esilio, ma quasi sempre un’altra patria.» Sara Terracini pronunciò quelle ultime parole con un tremito che le alterava la voce. Il rumore del rotore dell’elicottero riempì la piccola radura alle pendici del Gavilán. Pochi minuti più tardi il velivolo della polizia spagnola si posava a qualche metro da loro.

«Quasi sempre un’altra patria…» ripeté Henry, cingendola con un braccio, mentre dirigevano verso l’elicottero. «Così è finita la bellissima storia di Lisicrate e del suo mondo…» le sussurrò in un orecchio.

«Già», rispose semplicemente Sara, ma uno strano presentimento la avvertiva che, ancora una volta, non poteva essere scritta la parola fine alla loro incredibile avventura.

‹CI SONO OTTIME POSSIBILITÀ CHE LO SCHEMA DELL’IMPIANTO IDRICO CORRISPONDA A QUELLO DELL’ISOLA DI QUEMOY. LA CONOSCE, MAGGIORE?› digitò il capitano Bernstein non appena in linea con Oswald Breil.

‹SI RIFERISCE ALL’ISOLA A POCHE MIGLIA DALLE COSTE CINESI APPARTENENTE PERÒ ALLA REPUBBLICA DI TAIWAN?›

‹ESATTAMENTE QUELLA, MAGGIORE BREIL: UNA ROCCAFORTE MILITARE IMPENETRABILE. NELLO SCHEMA ORIGINALE SI NOTA UNA DIRAMAZIONE DELLE TUBAZIONI, A POCA DISTANZA DALL’ACQUEDOTTO PRINCIPALE. SEMBRA CHE QUELLA ZONA SIA IN CORRISPONDENZA D’UNA BASE MISSILISTICA SOTTERRANEA. I NOSTRI RILEVAMENTI SATELLITARI LO CONFERMANO. A GIUDICARE DAL DIAMETRO E DAL NUMERO DI BOCCHE DI USCITA DELLE RAMPE SOTTERRANEE CHE SI VEDONO NELLE FOTO DAL SATELLITE, LA BATTERIA DOVREBBE ESSERE COMPOSTA DA TRE MISSILI BALISTICI INTERCONTINENTALI: DEGLI ORDIGNI, CIOÈ, CAPACI DI COLPIRE CON PRECISIONE IN OGNI ANGOLO DEL TERRITORIO CINESE.›

‹GIÀ… MA DOVE?› rispose Breil. Quindi sembrò illuminarsi. «Ragioniamo a ritroso e proviamo a vedere dove Zhu Ling, il compagno potente di Maru, non si troverà nelle prossime ore… Il segretario del presidente cinese ha parlato di assemblea plenaria del Congresso…»

‹PUÒ VERIFICARE, CAPITANO, SE IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE MILITARE CINESE È MEMBRO DELL’ASSEMBLEA PLENARIA DEL CONGRESSO NAZIONALE DEL POPOLO?› domandò Oswald.

‹SOLO UN ISTANTE.› Poco più tardi, le parole ricominciarono a scorrere sullo schermo del computer di Breil. ‹I QUASI TREMILA DEPUTATI DELL’ASSEMBLEA DEL CONGRESSO ELEGGONO, OLTRE AL PRESIDENTE, AL VICEPRESIDENTE, AL PREMIER E A VARIE ALTRE CARICHE ISTITUZIONALI, ANCHE IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE MILITARE, GENERALE ZHU LING NELLA FATTISPECIE. QUESTI MEMBRI SIEDONO DI DIRITTO NELL’ASSEMBLEA.›

‹RIMANGA IN LINEA, CAPITANO, MI DIA SOLO IL TEMPO DI UN’ULTIMA VERIFICA.›

L’ufficiale che comandava la postazione missilistica A24 nell’isola di Quemoy chiuse dietro di sé la porta della toilette e abbassò la cerniera dei pantaloni. Quando ebbe finito, pigiò sul pulsante dello sciacquone. Il gas, fuoriuscito dalla tubatura al posto dell’acqua, saturò dapprima il serbatoio in plastica posto sopra il WC, quindi si diffuse nell’ambiente e, poco dopo, nella attigua sala di controllo.

Quella che i termini medici definiscono acetilcolesterasi uccise l’ufficiale in pochi secondi, quindi il Sarin, il più letale tra i gas nervini, liberato negli spazi angusti della guarnigione, seminò la morte in tutta la postazione missilistica.

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