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Marco Buticchi: Profezia

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  • Название:
    Profezia
  • Автор:
  • Издательство:
    Longanesi
  • Жанр:
  • Год:
    2000
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    978-88-304-1651-2
  • Рейтинг книги:
    4 / 5
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«Vuoi dire… il papa… quello vero?» chiese incredula la donna.

«Certo, quanti ne conosci? Fammi sapere quando arriverete, in modo che possa organizzarmi per venirvi a prendere. Ho già provveduto io a Lionel Goose e Arthur Di Bono, ma puoi avvertire tu Derrick, Annie e Pat?»

«Certo, ne parlerò con Grant, che come sai è un magnifico organizzatore. Penserà lui a tutto.»

Seduto nell’anticamera dello studio dello specialista che lo aveva in cura, Lionel Goose non riusciva a dissimulare la sua profonda ansia. Altrettanto ansiosa era la stretta alla mano con cui di quando in quando Lisa cercava di confortarlo.

Quando finalmente venne il suo turno, Lionel si alzò e si avviò con un passo che voleva essere spavaldo, ma in realtà era rigido come quello di un condannato a morte.

Del tutto diverso era invece quello con cui, diversi minuti più tardi, uscì dallo studio. La fronte era imperlata di sudore per l’emozione, ma lo sguardo bastava a esprimere tutta la sua gioia.

«Non è niente», disse, lasciandosi cadere sulla poltroncina accanto alla moglie. «Cioè… il male è sempre lì, ma sotto controllo come prima. Il resto è soltanto una forte infiammazione ai polmoni, probabilmente provocata dagli sbalzi di temperatura e umidità sulla nave, più tutta quell’aria condizionata.»

E Lionel si lasciò sfuggire un sonoro sospiro di sollievo, mentre Lisa gli gettava le braccia al collo.

«C’è una novità», gli disse poi, quando furono entrambi riusciti a padroneggiare l’emozione, mostrandogli il cellulare su cui da casa loro le era appena stata trasferita la chiamata di Gerardo di Valnure dall’Italia.

David Cohen indossò la tuta termica e programmò il GPS in modo da individuare con precisione il punto dove i suoi sismografi avevano registrato la leggera attività tellurica nella calotta polare antartica.

Quindi uscì attraverso la porta, che era dotata di un meccanismo di pressurizzazione simile a quello dei mezzi sottomarini, per evitare che la gelida aria esterna riuscisse a filtrare nella stazione di ricerca. Il suo viso era coperto da una maschera, e nessun lembo di pelle era esposto all’aria.

Il giovane sismologo salì sulla motoslitta e partì nella direzione che si era prefissato: lungo il 60° meridiano, in direzione del Polo dell’Inaccessibilità, a circa quindici miglia dal rifugio. Il sole si manteneva poco sopra l’orizzonte.

La motoslitta superò grandi distese bianche, s’inerpicò su picchi che sembravano sculture, aggirò montagne di ghiaccio ma, dopo circa un’ora, David fu costretto ad abbandonarla per proseguire a piedi: un costone di ghiaccio gli sbarrava la strada e gli precludeva la vista.

L’aria gelata, sebbene filtrata dalla maschera, gli faceva mancare il respiro. Arrancò lungo le pareti del costone, su un ghiaccio duro e compatto che i chiodi degli scarponi riuscivano ad aggredire soltanto a costo di grandi sforzi.

Ma finalmente arrivò ad adagiarsi sulla cresta ed estrasse il binocolo: ciò che vide gli tagliò il fiato molto più dell’aria gelata.

Una trivella per prospezioni petrolifere o carotaggi nel ghiaccio era piazzata al centro di una radura bianca, in una zona dove il ghiaccio raggiungeva uno spessore di circa tremila metri.

Nei pressi della grossa trivella operavano alcuni mezzi pesanti, e a poca distanza dalla perforazione in corso c’erano almeno altri quattro grossi fori, disposti a semicerchio. Tutta la zona era presidiata da sentinelle armate, e tre uomini erano alle prese con un rivelatore radar, probabilmente bloccato dal ghiaccio.

Era certamente questo il motivo per cui lo strumento non aveva rilevato l’avvicinamento del giovane sismologo. Tutti gli uomini erano in divisa militare, ma nessun segno identificativo ne indicava la nazione. Uno dei gatti delle nevi si avvicinò al foro, e ne smontarono due uomini, che aprirono il portello posteriore. La cassa che prelevarono era costellata di scritte in cirillico, tra le quali si vedeva perfettamente il simbolo giallo e nero del pericolo di contaminazione radioattiva.

David si lasciò scivolare con la massima cautela sul costone di ghiaccio. Poteva soltanto sperare che la riparazione del radar durasse quanto bastava perché lui potesse portarsi al sicuro.

Ma era partito da pochi minuti quando si accorse di essere seguito. Due motoslitte e un mezzo cingolato avevano fatto capolino sulla sommità che aveva appena lasciato.

In quello stesso momento prese a soffiare un fortissimo vento che David conosceva molto bene: era il gelido blizzard , che spazza la calotta ghiacciata e spesso assume l’intensità dei più violenti uragani.

Se non avesse trovato un buon riparo, David sapeva di avere poche probabilità di cavarsela. Ma era altrettanto vero che quell’improvvisa minaccia gli dava l’unica possibilità di sfuggire agli inseguitori, e un anno di ghiacci polari gli aveva dato un’esperienza senza dubbio maggiore di quella dei misteriosi uomini armati.

Si rannicchiò dietro il parabrezza della motoslitta e la spinse alla massima velocità possibile, compatibilmente con la visibilità che si andava progressivamente riducendo con il montare della tormenta. Per orientarsi poteva contare soltanto sulla bussola.

Per fortuna la tempesta non era delle più violente, altrimenti, nonostante l’esperienza, non ne sarebbe uscito vivo. Riuscì a trovare la pista battuta dell’andata: poco più che un sentiero nel ghiaccio, tracciato dai mezzi del centro nelle loro sortite, ma poteva appena vedere pochi centimetri oltre il muso della motoslitta. Quanto bastava, però, a indicargli la strada.

David stava pensando a quale motivo potesse aver spinto quegli uomini a depositare materiale radioattivo nei fori aperti dalla trivella. Èrano quasi certamente contrabbandieri di scorie radioattive, che avevano trovato il posto ideale per nascondere il pericoloso prodotto, ricavandone enormi profitti illeciti. Sì, doveva proprio essere così.

Queste poche riflessioni bastarono a fargli perdere la concentrazione. La slitta urtò contro uno sperone di ghiaccio, poi si mise di traverso e cappottò più volte. David atterrò su una montagnola di neve soffice, senza riportare alcun danno. Si alzò e tornò di corsa verso la slitta cappottata. Vide la benzina uscire dal serbatoio, mentre il motore, rimasto accelerato, era imballato a un altissimo numero di giri. Le fiamme divamparono improvvise, spargendosi tutto intorno per un raggio di diversi metri.

David si lasciò sfuggire un’imprecazione smorzata. Mancavano soltanto poche miglia alla salvezza.

Gli inseguitori raggiunsero la slitta rovesciata pochi minuti più tardi. Il rogo aveva assunto dimensioni ancor più vaste.

Due uomini scesero dal gatto delle nevi, cercando di distinguere un corpo umano tra le fiamme.

«Qui non si riesce a vedere niente» gridò uno di essi, tentando di superare il fragore del vento.

«Non credo che se la sia cavata. E, se per caso fosse ancora vivo, sarà quasi certamente ferito. Ci penserà la tempesta. Tanto più che non sappiamo che cosa sia riuscito a vedere. Magari era soltanto uno dei ricercatori che passano spesso nelle vicinanze della nostra base.»

«Hai ragione. Andiamo.»

David era appiattato nello strato di neve, a poca distanza, e sentiva tutto. Mosse le dita dei piedi. Il principio di assideramento gliele stava facendo formicolare. Doveva mettersi in movimento, prima che il gelo gli attaccasse gli organi vitali.

Dopo due ore andò quasi a sbattere contro uno degli edifici della base. Aveva camminato alla cieca nella tormenta, e spesso aveva temuto di non farcela.

Trovò ad aspettarlo alcuni dei colleghi. «Dove ti eri cacciato?» gli chiesero. «Stavamo per uscire a cercarti, anche se con questa tempesta…»

«Sono uscito a fare qualche prelievo, e mi ha sorpreso il blizzard. La mia motoslitta è andata distrutta in un incidente», mentì. Per il momento preferiva non rivelare a nessuno la sua scoperta.

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