Marco Buticchi - Profezia
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- Название:Profezia
- Автор:
- Издательство:Longanesi
- Жанр:
- Год:2000
- Город:Milano
- ISBN:978-88-304-1651-2
- Рейтинг книги:4 / 5. Голосов: 1
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«Con ogni probabilità si tratta di virus Eboia o Marburg. A giudicare dai sintomi, sembrerebbe proprio un filovirus ad alto tasso di mortalità.»
«Allora non c’è tempo da perdere. Mi dica soltanto dove posso mettermi a lavorare e mi mostri le attrezzature di cui dispone.»
Alle due di notte Iosif Bykov si mise in azione nel suo appartamento. Estrasse dal bagaglio la zattera autogonfiabile, un parallelepipedo di poco più di trenta centimetri per lato, e prese dall’armadio il giubbotto salvagente. Quindi, verificato il funzionamento del trasmettitore satellitare, indossò sotto gli abiti normali una muta galleggiante. Si sarebbe calato a poppavia, dal ponte più vicino al mare, quello dove venivano manovrati i cavi d’ormeggio.
Nel corridoio fuori dell’appartamento di Bykov, intanto, Holoff stava spingendo un carrello del servizio alle cabine. Giunto davanti alla porta, si accertò che il corridoio fosse deserto, poi posò sul pavimento la bomboletta e aprì la valvola, così che il gas soporifero entrasse nella stanza attraverso un tubicino infilato nella fessura sotto la porta.
Iosif aveva sentito il rumore del carrello, e non appena capì che si era fermato davanti alla sua porta, spense la luce. Aveva già sistemato i cuscini sotto le lenzuola, in modo che sembrassero un corpo addormentato. Il sibilo del gas che penetrava nella stanza lo costrinse ad anticipare i tempi. Si precipitò sul balcone e, legata con una sagola di una ventina di metri l’attrezzatura che aveva preparato, si lanciò in mare cercando di saltare il più lontano possibile dai vortici creati dalle eliche.
Quando la bombola ebbe finito di emettere il gas, Hans Holoff indossò una mascherina e impugnò una strana pistola. Quindi inserì una chiave magnetica nella serratura dell’appartamento. La pistola ad aria compressa che impugnava poteva sparare ad alcuni metri di distanza sottili proiettili di ghiaccio collocati in un apposito caricatore all’azoto liquido. Era un’arma utilizzata spesso dagli agenti segreti per eliminare pericolosi avversari senza lasciare traccia. L’ago di ghiaccio penetrava infatti nel corpo lasciando soltanto un minuscolo forellino e poi si scioglieva completamente. Se poi l’organo colpito fosse stato il cuore, anche il più esperto medico legale avrebbe diagnosticato un infarto.
Senza accendere la luce, Holoff scaricò un proiettile contro quello che credeva fosse il corpo di Iosif Bykov.
«Mi scusi se la disturbo a quest’ora della notte, Breil», disse Erma al telefono, «ma il comandante della Queen of Atlantis si è appena messo in contatto con le nostre autorità sanitarie per denunciare il pericolo di un’epidemia virale a bordo. La nave sta incrociando al traverso di Cipro, diretta a Haifa. Si sospetta che un membro dell’equipaggio sia morto per infezione da virus Eboia, e si sono già verificati altri tre casi.»
«Ci mancava anche questa. Bisogna cambiare tutto. Quali misure dovrà adottare la nostra autorità sanitaria?»
«I protocolli internazionali non prevedono l’obbligatorietà di messa in quarantena del mezzo dov’è scoppiata l’epidemia. La consigliano solamente.»
«Allora provvederò affinché le nostre autorità sanitarie adottino la procedura consigliata e non facciano sbarcare nessuno. La nave verrà fatta fermare in una zona del porto di Haifa evacuata e messa sotto stretta sorveglianza. I cordoni sanitari impediranno che l’infezione virale si diffonda.»
«Benissimo. Così potremo interrogare con calma chi ci interessa.»
«Ha finalmente ricevuto il manifesto di carico della nave?»
«Sì, ma l’esame sarà lungo. Lei non ha idea di quanta roba venga imbarcata a ogni scalo su una nave come quella.»
«Quando la Queen of Atlantis arriverà a Haifa, avremo modo di verificare direttamente che cosa contengono le stive.»
«D’accordo. Intanto la informo che siamo riusciti a far accettare all’ente di gestione della Cappella di Rosslyn che una scienziata italiana compia alcune ricerche in totale libertà.»
«Bene, riferirò a Sara che può partire, e aspettiamo la nave», concluse Oswald facendo un rapido calcolo. «Dovrebbe metterci poco più di dieci ore ad arrivare a Haifa.»
Fatta sistemare nella seconda camera operatoria l’attrezzatura da analisi disponibile, Annie chiese di esaminare il cadavere di Sebastian Chalag.
La pelle era costellata di ecchimosi, indice delle violente emorragie interne che lo avevano ucciso. L’attenzione della virologa si concentrò in particolare su una, all’altezza della coscia destra, di dimensione almeno tripla rispetto alle altre.
Al centro si vedeva un forellino rosso, ma Annie non gli diede particolare peso. Doveva ancora visitare i tre ammalati per valutare con attenzione i sintomi e poi prelevare campioni di tessuto e sangue dal cadavere, anche se sapeva benissimo di non aver alcuna possibilità di eseguire la maggior parte degli esami di laboratorio necessari per attribuire con assoluta certezza le cause del decesso a un filovirus.
Nel suo ufficio, intanto, Arthur Di Bono stava ricevendo una chiamata dalla terraferma.
«Sono Farek, il responsabile dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nell’area mediorientale», si sentì dire. «La chiamo su segnalazione del ministero della Sanità di Israele. Le comunico che una task-force elitrasportata sta per raggiungere la sua nave. Le raccomando di fornirle la massima assistenza. Sono circa venti persone, tra medici e personale paramedico, e dispongono di tutta l’attrezzatura necessaria per scongiurare il diffondersi di epidemie.»
Preparandosi per andare a letto, Gerardo di Valnure tolse dalla tasca dello smoking il libriccino per appunti e rimase un attimo interdetto. Proprio al centro della copertina della Muleskin c’era un forellino, che poi attraversava tutte le pagine fin quasi all’ultima. Attorno a ogni foro si vedeva un alone bruno.
«Hanno cercato di bucarmi con un ago», esclamò. Quando poteva essere successo? In un lampo gli tornò in mente l’urto con Hans Holoff.
Non poteva parlarne con Paola: se i suoi sospetti erano fondati, lei e quell’uomo si conoscevano.
Uscì precipitosamente, e vicino al bar centrale incontrò Maggie Erriot, che gli chiese in tono preoccupato: «Che cosa ne pensa del pericolo di epidemia, signor conte?»
«Su questa nave ne succedono di tutti i colori», sbottò. E si tolse di tasca l’agenda, indicando il liquido bruno ormai seccato sulle pagine. «Sembra che qualcuno abbia tentato d’inocularmi qualcosa con un ago, che però, per fortuna, è stato fermato da questo ostacolo.»
Proprio in quel momento una cameriera stava entrando nell’appartamento contiguo al suo, dopo aver bussato due volte. Sperava che quel russo sempre con il muso fosse finalmente uscito, consentendole di mettere in ordine. La mandava sempre via.
Quando vide la sagoma sotto il lenzuolo, spense subito la luce e scappò precipitosamente, sperando di non aver svegliato quello scorbutico signore. Avrebbe potuto ricevere un rimprovero.
Naturalmente non vide la macchiolina circolare bruna sul lenzuolo. L’unica traccia lasciata da Hans Holoff.
Bykov sapeva che il Blue Sapphire stava tallonando la Queen of Atlantis da una distanza di sicurezza, secondo i suoi ordini.
L’impatto con l’acqua scura, circa trenta metri sotto di lui, era stato violento. Era sprofondato diversi metri sotto, e i vortici provocati dalle eliche si erano impadroniti del suo corpo, impedendogli a lungo di tornare in superficie. La mancanza d’aria stava facendogli scoppiare i polmoni, sottoponendolo a un autentico supplizio, quando finalmente la sua testa riemerse. L’aria gli gonfiò i polmoni con un sibilo.
Recuperò immediatamente la cima che si era legato alla caviglia e si issò faticosamente sulla zattera gonfiabile, seguendo con lo sguardo la Queen of Atlantis , ormai lontana. Sembrava un grattacielo illuminato in un deserto ondulato e buio.
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