Marco Buticchi - Profezia
Здесь есть возможность читать онлайн «Marco Buticchi - Profezia» весь текст электронной книги совершенно бесплатно (целиком полную версию без сокращений). В некоторых случаях можно слушать аудио, скачать через торрент в формате fb2 и присутствует краткое содержание. Город: Milano, Год выпуска: 2000, ISBN: 2000, Издательство: Longanesi, Жанр: Триллер, на итальянском языке. Описание произведения, (предисловие) а так же отзывы посетителей доступны на портале библиотеки ЛибКат.
- Название:Profezia
- Автор:
- Издательство:Longanesi
- Жанр:
- Год:2000
- Город:Milano
- ISBN:978-88-304-1651-2
- Рейтинг книги:4 / 5. Голосов: 1
-
Избранное:Добавить в избранное
- Отзывы:
-
Ваша оценка:
- 80
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
Profezia: краткое содержание, описание и аннотация
Предлагаем к чтению аннотацию, описание, краткое содержание или предисловие (зависит от того, что написал сам автор книги «Profezia»). Если вы не нашли необходимую информацию о книге — напишите в комментариях, мы постараемся отыскать её.
Profezia — читать онлайн бесплатно полную книгу (весь текст) целиком
Ниже представлен текст книги, разбитый по страницам. Система сохранения места последней прочитанной страницы, позволяет с удобством читать онлайн бесплатно книгу «Profezia», без необходимости каждый раз заново искать на чём Вы остановились. Поставьте закладку, и сможете в любой момент перейти на страницу, на которой закончили чтение.
Интервал:
Закладка:
Si avvicinava a vista d’occhio, era impossibile sfuggirle. Aniello ordinò di prepararsi allo scontro. Le armi apparvero come d’incanto, prese dai nascondigli, e ogni uomo occupò la sua postazione. Non era il primo arrembaggio da cui si difendevano. I mori avrebbero trovato un filo molto duro da torcere.
Quando furono a poca distanza, Luigi notò un febbrile movimento intorno alla catapulta a prora della nave nemica. Alcuni mori in caftano bianco e turbante erano alle prese con i verricelli che armavano il lungo palo con l’estremità a forma di cucchiaio. Sin da quella distanza si sentiva il gemito delle grosse funi su cui ruotava l’asse del palo, tese al massimo. Due uomini deposero un proiettile nel cucchiaio.
Ne aveva sentito parlare tante volte: erano i naffatin , i pirotecnici. Avevano appena preparato per il lancio una giara d’argilla colma del liquido detto «fuoco greco», una micidiale soluzione in grado di far divampare a bordo in pochi istanti un incendio indomabile. Prima di aggiustare l’alzo di tiro, ponendo tra l’asse verticale dell’arco e il palo una serie di spessori di stoffa imbottita, i due pirotecnici diedero fuoco ad alcuni stracci inseriti nella giara, e dalla prora della nave dei mori si levò una densa nube di fumo nero.
Il «fuoco greco» si basava su una formula attribuita a un alchimista siriano del IX secolo, di nome Callinicos. La terribile miscela si otteneva mescolando zolfo, pece, lardo, salnitro e calce viva con un petrolio particolarmente leggero, detto «nafta».
«Al riparo, presto, copriti con una di quelle pelli umide», gridò Aniello a Luigi.
Lo schianto del palo che sbatteva con violenza contro l’asse orizzontale dell’arco della catapulta fece calare un silenzio assoluto sulla nave amalfitana. Subito dopo si sentì il sibilo del proiettile incendiario, che piombò in mare a poca distanza dalla fiancata.
«Maledetti. Sono straordinariamente precisi. Non vogliono darci la soddisfazione di morire con le armi in pugno», ringhiò Aniello.
Pochi attimi più tardi, infatti, si scatenò l’inferno: la nave amalfitana, colpita da una serie di proiettili incendiari, prese fuoco come legna secca in un camino.
«Abbandonate la nave», ordinò Aniello, avvolto da una nuvola fiammeggiante di fumo.
La nave s’inclinò di lato, facendo rotolare fuori bordo uno dei barili della carne salata, principale nutrimento dell’equipaggio.
Visto che galleggiava, Luigi capì che era almeno parzialmente vuoto. Si tuffò e lo raggiunse con poche bracciate. Chiamate a raccolta le forze, vi si issò e, sollevato il coperchio, si lasciò cadere all’interno con una capriola.
Il comandante della nave da guerra saracena ordinò di raggiungere la zona dove era appena affondata quella cristiana. Il vento, rinforzatosi, aveva spinto lontano i relitti che offrivano una maggiore superficie alle raffiche. Ma l’acqua era comunque cosparsa di pezzi di fasciame, pelli, balle di tessuto, barili, tra cui nuotavano almeno cento naufraghi, molti dei quali feriti.
Il moro fece versare in mare grandi quantità di «fuoco greco», che si stese come una pellicola in tutta la zona. Quindi ordinò al timoniere di portare la nave a distanza di sicurezza. Dal mare, Aniello e i suoi valorosi marinai videro i naffatin caricare l’ultimo proiettile, letale.
Ormai lontano dalla macchia scura e oleosa, Luigi sollevò il coperchio della botte spinta dal vento, e l’orrore lo lasciò senza fiato. Il proiettile tracciò un arco di fuoco nelle ombre seguite al tramonto. Non appena toccò il mare, le fiamme si levarono, diffondendosi lente ma inesorabili sulla superficie increspata.
«Presto, presto», ordinò il comandante moro ai suoi marinai. «Abbiamo ancora un po’ di luce. Raggiungiamo la flottiglia. La fusta in ritardo dovrà cavarsela da sola. Non possiamo più cercarla. Ma ormai siamo in acque abbastanza tranquille. Maledizione, quando ho visto le vele di questi infedeli ero proprio convinto che fossero quelle dell’emiro. Ci hanno fatto soltanto perdere tempo.»
Roma. Una villa sull’Appia Antica. 5 luglio 1999
«È incredibile», esclamò Hans Holoff, seduto davanti al Gran Maestro. «O questo maledetto Gerardo di Valnure è un genio dei computer, o siamo noi a sbagliare qualcosa.
«Teniamo sotto stretto controllo da mesi ogni sua comunicazione, comprese quelle fatte con i telefoni cellulari. Ma non captiamo altro che conversazioni di lavoro. Abbiamo bobine e bobine di registrazioni, ma prive del minimo interesse. È ormai evidente che quello che ci interessa può essere soltanto nascosto nei suoi scambi telematici con questa Sara Terracini. Ma comunicano in un linguaggio criptato che sembra impossibile scardinare.»
«Mi pare assurdo che nessuno dei nostri tecnici abbia scoperto la chiave. Che cosa fanno? Dormono?»
«Macché dormire. Sono i migliori. Ma dicono che il sistema di crittografia assomiglierebbe addirittura a quello del Mossad, che nessuno ha mai violato.»
«Abbiamo provato a intercettare anche le comunicazioni di questa Terracini?»
«Tutte le linee del suo laboratorio sono protette: qualsiasi tentativo di manomissione o intrusione verrebbe immediatamente scoperto. E comunque, se usa un linguaggio indecifrabile con Gerardo di Valnure, lo farà con tutti.»
«Abbiamo provato con le intercettazioni ambientali interne e a distanza?» chiese ancora il Gran Maestro, esibendo una singolare conoscenza delle tecniche spionistiche.
«È impossibile infiltrarsi nel laboratorio, quindi non ci si può piazzare nessuna ‘cimice’. E i vetri schermati sono a prova di microfoni laser esterni.»
«Quindi non si può fare altro che ricorrere ai vecchi metodi del pedinamento e dell’osservazione costante, nella speranza di un loro passo falso.»
Holoff annuì, mentre il Gran Maestro concludeva: «Organizza un controllo assiduo di Sara Terracini, attimo per attimo, e occupati personalmente di Gerardo di Valnure. Non possiamo rischiare che tutto vada in fumo per questi due rompiscatole».
Roma. 6 luglio 1999
Oswald Breil non voleva far correre rischi a Sara. Conosceva personalmente da quando dirigeva il Mossad i due agenti messi a sua disposizione dall’ambasciata per la visita romana, ma che dire dell’auto di scorta con i quattro poliziotti italiani?
«Al prossimo semaforo rosso fa’ in modo di frapporre qualche auto tra la nostra e quella della scorta», disse all’agente che guidava l’anonima berlina scura dell’ambasciata.
L’uomo eseguì abilmente l’ordine, e non appena l’auto fu ferma, Oswald sgattaiolò fuori dalla portiera di destra tenendosi piegato in due, dopo aver detto ai suoi sbigottiti angeli custodi: «Fate un bel giro turistico per la città portando a spasso i poliziotti. Con questi vetri schermati non possono capire che non ci sono. Ci vediamo qui tra un’ora e mezzo precisa».
Pochi minuti più tardi era su un taxi diretto all’Eur.
L’Intercity arrivò alla stazione Termini in perfetto orario, e Gerardo si mise in coda sotto la pensilina dei taxi, leggendo un giornale. Se anche avesse avuto qualche sospetto, non avrebbe mai potuto notare l’uomo che, a distanza di sicurezza, non lo perdeva d’occhio.
Sara lo aveva appena abbracciato con il solito calore, quando nel suo ufficio entrò un omino. Macché omino, trasalì Gerardo. Un nano. Gli arrivava poco sopra la cintura. Chi diavolo…
«Ti presento il mio amico Oswald Breil, vice ministro della Difesa di Israele», gli disse Sara Terracini, lasciandolo di stucco.
«Ah, sì, certo», borbottò. «Ho letto un articolo sulla sua nomina.» Ma si riprese immediatamente. «Sono davvero onorato di conoscerla, signor vice ministro.»
«Ho chiesto d’incontrarla», venne subito al dunque Oswald, «perché sono convinto che le sue ricerche abbiano scoperchiato un nido di vespe sempre pronte a colpire. Insomma: ho validi motivi di ritenere che la setta medievale che faceva riferimento al nodo marinaro esista tuttora e sia straordinariamente organizzata, ramificata e potente.»
Читать дальшеИнтервал:
Закладка:
Похожие книги на «Profezia»
Представляем Вашему вниманию похожие книги на «Profezia» списком для выбора. Мы отобрали схожую по названию и смыслу литературу в надежде предоставить читателям больше вариантов отыскать новые, интересные, ещё непрочитанные произведения.
Обсуждение, отзывы о книге «Profezia» и просто собственные мнения читателей. Оставьте ваши комментарии, напишите, что Вы думаете о произведении, его смысле или главных героях. Укажите что конкретно понравилось, а что нет, и почему Вы так считаете.